Recensione mar nero regia di Federico Bondi Francia, Italia, Romania 2008
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Recensione mar nero (2008)

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locandina del film MAR NERO

Immagine tratta dal film MAR NERO

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Immagine tratta dal film MAR NERO
 

Il giovane regista fiorentino esordiente Federico Bondi dirige un film d'atmosfere e di sentimenti, ispirato per grandi linee alla propria storia personale e familiare, in cui le emozioni corrono veloci e i moti dell'animo si fanno sottile malessere di indefinibile insoddisfazioni, da cui è facile lasciarsi trasportare per colmare il vuoto delle nostre delusioni e dei nostri rimpianti.
Il tema centrale di questo film è il rapporto tra un'anziana donna e la sua badante straniera, ma anche quello delle difficoltà che vivono oggi gli stranieri per integrarsi nel nostro Paese.
È questo un fenomeno sempre più vasto che, se da un lato documenta l'evoluzione di un popolo che ormai rifiuta di compiere lavori considerati umili, dall'altro dimostra la labilità dei nostri ricordi, di quando i nostri antenati, in terre straniere, subivano il medesimo trattamento e le stesse umiliazioni.

Gemma è una donna di una certa età, che vive alla periferia di Firenze, nel quartiere di Gavinana, tra le vecchie case popolari e il nuovo centro commerciale, ed è rimasta vedova da poco tempo. È di salute malferma e soffre di una dolorosa malattia delle ossa e, come tutte le persone anziane, è insofferente a tutto ciò che disturba il suo vivere quotidiano. In più, oltre al dolore fisico che la tormenta, è rancorosa per la lontananza del figlio, Enrico, che vive e lavora a Trieste, da cui si sente abbandonata e trascurata.
Indurita dalle sofferenze fisiche e psicologiche, Gemma risulta una donna insopportabile e difficile da gestire, piena di pregiudizi e incattivita dalla vita che ormai sente inutile e gravosa.
Preoccupato per l'anziana madre, Pietro si mette alla ricerca di una persona che possa starle accanto e si prenda cura di lei; la trova in Angela, una giovane ragazza rumena giunta da poco in Italia con l'intenzione di trovare un lavoro che le permetta di guadagnare qualcosa e mettere da parte un po' di soldi per potere, un giorno, tornare in Romania e dare, finalmente, un figlio a suo marito, Adrian, rimasto nel proprio Paese.

Inizia così la convivenza tra Gemma e Angela. Una convivenza difficile e anche umiliante per la giovane rumena, a causa del pessimo carattere dell'anziana donna, che fa fatica ad accettare un'estranea che le gira per casa, e che, per di più, "non sa neppure parlare in italiano".
Inoltre, poiché la sua presenza le ricorda costantemente il "tradimento" del figlio, Gemma, con sottile perfidia, riversa sulla ragazza il sordo rancore che prova per lui.
Ma l'atteggiamento dolce e affettuoso della ragazza a poco a poco comincia a far breccia nel cuore inaridito della vecchia signora, che, nelle vicissitudini della sua badante, prende a rivivere la sua storia da giovane, di quando aveva la stessa età della ragazza, e a ricordare la sua vita fatta tutta in salita, gli stenti e i sacrifici affrontati per poter fare studiare suo figlio, quando, nel secondo dopoguerra, l'Italia di allora era, drammaticamente, la Romania di oggi.
E allora comincia ad immedesimarsi nella "sua" Angela e a trovare indispensabile la sua compagnia e rassicurante il suo sorriso, che la riconcialiano con la vita e le fanno sentire meno il peso degli anni e gli acciacchi della vecchiaia.

Questa nuova realtà avvicina le due donne, che si sostengono a vicenda e mettono in comune le loro solitudini e le loro emozioni, in un sodalizio che fortifica entrambe e le incoraggia ad andare avanti, fino a quando nelle loro quotidanità non irrompe un improvviso e amaro imprevisto: durante le festività di Natale il marito di Angela, inaspettatamente, smette di rispondere alle sue telefonate e fa perdere le sue tracce.
Saputo che il suo uomo forse ha perso il posto di lavoro, Angela decide allora di partire alla volta della Romania, per cercare di scoprire cosa è realmente successo.
Ma Gemma, con il tipico egoismo di tutte le vecchiaie e conquistata dalla personalità della "sua" Angela, incapace ormai di fare a meno di lei e terrorizzata all'idea di ripiombare nella sua solitudine, comincia a fare le bizze e si prodiga in tutti i modi per non farla partire, cercando di trattenerla in Italia. Solo che, dopo un iniziale momento di rifiuto, Gemma prende una drastica decisione: incurante dei malanni che l'affligono, sarà lei a partire e ad accompagnare Angela nel suo viaggio in Romania, per aiutarla a trovare risposte alle sue incertezze e cercare di recuperare il suo rapporto con il marito.

Costruito a scacchiera su situazioni e sentimenti, "Mar Nero" si rivela un film che racconta una storia minimalista di solidarietà tra due donne ferite e sole, una ricca di umanità accumulata dalle vicissidutini della vita, l'altra ricca di sentimenti che gli acciacchi e la vecchiaia hanno per lungo tempo soffocato.
È un film che analizza i tratti di affinità tra persone di nazionalità e di estrazione diversa (in un momento in cui in molti, invece, cercano di evidenziarne le differenze), permettendo di stabilire un patto di solidarietà, che poi è lo stesso che permette a uomini e donne di diventare "comunità"; un film che rimescola nei nostri moralismi e nei nostri pregiudizi, facendone il percorso di una storia che non lascia spazio ai falsi conformismi e alla facile demagogia; forse perché il tutto è stato vissuto in prima persona da Federico Bondi, il regista, qui anche sceneggiatore insieme a Ugo Chiti (Gemma è sua nonna e Angela la badante rumena che l'ha accudita per diversi anni), che si rivela un autore che usa la macchina da presa per fare un cinema che guarda al presente, con occhio attento alle mutazioni della nostra società, che diventa sempre più multietnica (e multiculturale).

Questa forma di realismo ha una forte base politica, e legge il mondo con oggettivismo quasi magico, che si ricollega a quella vena di solidarietà che è poi l'immigrazione vista con gli occhi e il decoro della ragione.
E così "Mar Nero" diventa l'Arno di quella Firenze appena intravista, ma anche il luogo effimero dove tutto si compie ed esplicita le paure ancestrali verso "ciò che non siamo".

Ilaria Occhini, straordinaria attrice teatrale e televisiva del passato, purtroppo poco utilizzata sul grande schermo, offre un eccezionale saggio di arte cinematografica, conferendo al suo personaggio una sincerità e una credibilità assoluta, in un ruolo che le ha permesso di conquistare, meritatamente, il Pardo d'oro per la migliore interpretazione femminile al 61° Festival di Locarno 2008.
Anche Dorothea Petre, attrice rumena per la prima volta in un film italiano e in lingua italiana, è assolutamente all'altezza del proprio ruolo, veramente significativo e non facile.

Resta il dubbio se quello di Gemma sia un vero e proprio atto di solidarietà o piuttosto un ultimo, egoistico, atto di egocentrismo, nei confronti di colei che, in fondo, rimane "un'estranea e una straniera".

Quello che possiamo fare è provarci, perché è doveroso uscire fuori dal proprio "guscio" e cercare di capire il presente, perchè è doveroso cercare di condividere "il nostro confine" e cercare di ricordare il passato, accettandone con umiltà la lezione, ma non per scrollarci di dosso i sensi di colpa, ma con la consapevolezza che alla base di tutto c'è la solidarietà e la comprensione.

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Recensione a cura di Mimmot - aggiornata al 22/04/2009

Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it

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