Recensione onora il padre e la madre regia di Sidney Lumet USA 2007
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Recensione onora il padre e la madre (2007)

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locandina del film ONORA IL PADRE E LA MADRE

Immagine tratta dal film ONORA IL PADRE E LA MADRE

Immagine tratta dal film ONORA IL PADRE E LA MADRE

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Immagine tratta dal film ONORA IL PADRE E LA MADRE
 

"May you have warm words on a cold evening,
A full moon on a dark night,
And the road downhill all the way to your door.

May you have food and raiment,
A soft pillow for your head,
May you be forty years in heaven
Before the devil knows you're dead!
"

"Onora il padre e la madre" è il mediocre e retorico titolo italiano di questa nuova opera dell'ottuagenario regista americano Sidney Lumet. Questo titolo rievoca il quarto comandamento che recita esattamente "Onora tuo padre e tua madre perché si prolunghino i tuoi giorni nel paese che ti dà il Signore, tuo Dio" (*1) (Es. 20, 12) e dà al film un'impronta ed un'impostazione fuorvianti, specie aprendosi con la didascalia che afferma "non tutti i peccati sono uguali".
Questa scelta non è confacente alla storia narrata da Lumet per due ordini di ragioni. In primo luogo, infatti, essa va a focalizzare l'attenzione sull'infrangere detto comandamento e quindi sembrerebbe voler biasimare e condannare il figlio che si macchia del peccato di non amare i propri genitori. Impostazione evidentemente assai riduttiva, dato che "Before the Devil Knows You're Dead" è un dramma familiare a trecentosessanta gradi, dove tutti sono vittime e tutti sono carnefici. In secondo luogo il quarto comandamento ha una valenza teleologica salvifica e benefica (caso unico nelle Tavole della Legge) ossia potrebbe anche essere riscritto: "Ama tuo padre e tua madre così vivrai nella pace e nella prosperità". In altre parole contiene una promessa intrinseca di benessere, attraverso l'osservanza di una norma di convivenza. Questa accezione non potrebbe discostarsi maggiormente dai contenuti e dai messaggi del film in esame. E questo lo spiegheremo più avanti nel corso di questa analisi, di cui, come sempre, si sconsiglia la lettura a chi non avesse ancora visionato il film.

"Before the Devil Knows You're Dead" comincia con un fatto eclatante, apparentemente e palesemente extra-ordinario, per raccontare invece una tragedia umana profondamente intimista, intrisa di pessimismo e priva di speranza.
Il fatto in questione è una rapina, organizzata dai due figli di un'anziana coppia piccolo borghese, nella gioielleria dei genitori.
Il film si suddivide in blocchi temporali in cui il giorno della rapina assurge a spartiacque cronologico.
La rapina è un perfetto esempio della peripeteia aristotelica, un accadimento cardine, che spezza gli equilibri ed intorno al quale ruotano le vite e le vicende di tutti i personaggi. Dopo di essa nulla sarà più come prima.
È evidente che Lumet abbia deciso di avviare la narrazione proprio con la sua peripeteia, poiché essa diviene così un escamotage narrativo finalizzato all'approfondimento psicologico dei singoli personaggi ed alla scoperta delle loro microstorie.
Si badi bene: abbiamo detto che la rapina costituisce l'inizio della narrazione, ma non l'inizio della storia. Il film si apre infatti con una scena (l'unica) decontestualizzata, che ci mostra un rapporto sessuale fra Andy (Philip Seymour Hoffman) e sua moglie Gina (Marisa Tomei), attraverso un sapiente e freddo gioco d'immagini riflesse negli specchi della camera da letto. Questa scelta già indica l'intento del regista di raccontarci i suoi personaggi, cui accorda un ruolo di predominanza nei confronti della vicenda, che viene così circoscritta ad uno sfondo quasi teatrale dell'azione.
E l'inizio, il vero principio della storia, non ci sarà mai mostrato.
E per spiegare questo occorre un'ulteriore digressione.
"Before the Devil Knows You're Dead", come il titolo stesso lascia intendere, è costruito tutto su una stretta applicazione del principio aristotelico del rapporto di causa ed effetto. La storia non è quella di una rapina compiuta da figli degeneri ai danni dei poveri genitori, bensì quella di una famiglia e delle sue dinamiche interne. Lo spettatore si troverà di fronte all'analisi di un complesso edipico irrisolto fra Andy e suo padre Charles (Albert Finney); ad invidie, gelosie e rivalità fraterne; a dinamiche della vita di coppia nefaste, crudeli e sempre infelici; a frustrazioni e paure represse; alla mediocrità che cerca di riscattarsi attraverso la coperta del facile denaro; alla solitudine dell'uomo davanti all'indifferenza istituzionale; alla rabbia che sfocia in una violenza distruttiva e gratuita.
È facile comprendere quanto sia complesso e ben articolato il gioco dei disequilibri narrati da Sidney Lumet. È per questa ragione che risalire all'effettivo inizio della storia è impossibile poiché quello che sono i personaggi al momento dello svolgimento dell'azione è il prodotto di tantissimi micro e macro eventi della loro vita, a volte commessi, altre volte semplicemente subiti, nel corso della loro intera esistenza.
La scomposizione del film in un puzzle narrativo e psicologico non è minimamente affaticante né complicatoria. Anzi, essa si dimostra un espediente assai funzionale per descrivere abbastanza sinteticamente i personaggi e renderli compatibili con le loro azioni.

Proviamo dunque ad analizzare, seppur a volo radente, gli elementi principali di questa pellicola.

Andy ed Hank (Ethan Hawke), per differenti ragioni hanno bisogno di denaro. Così Andy propone ad Hank di svaligiare la gioielleria dei propri genitori. Un colpo facile e di sicuro profitto.
Dietro la loro azione c'è davvero solo l'esigenza di reperire denaro?
Non si direbbe.
Andy vuole rapinare il negozio paterno come atto di rivalsa nei confronti di Charles.
Andy è il primogenito. È cresciuto temendo di trasformarsi in suo padre, da lui sempre reputato un mediocre, un uomo prigioniero del proprio lavoro ed incapace di donare al figlio l'amore dovuto. Si è sempre sentito come il brutto anatroccolo: il meno bello e il meno amato dei figli di Charles e di Nanette (Rosemary Harris).

"Sei sicuro che io sia tuo figlio?", griderà in faccia al padre mentre quest'ultimo sta cercando di lavarsi la coscienza nei suoi confronti dicendo semplicemente: "Mi dispiace, non sono stato un buon padre".

Andy dunque ha sì bisogno di denaro, ma avrebbe potuto procurarselo in molti altri modi (si veda appunto l'aggressione al proprio pusher). Ma egli non ha preso in considerazione altre ipotesi. Andy vuole rapinare la gioielleria dei genitori come atto di rivalsa e di punizione nei confronti del padre. E non vuole farlo in prima persona, bensì avvalendosi del proprio fratellino. Questa è l'apoteosi della vendetta di Andy contro Charles: scatenare contro di lui il figlio prediletto, far sì che il cane azzanni la mano che lo ha nutrito, accarezzato, viziato e coccolato.
Andy non ha mai trovato la propria dimensione. Egli non è mai stato se stesso, ma ha soltanto cercato di essere l'antitesi di suo padre.
Andy si occupa di contabilità ed ama i calcoli e le addizioni poiché "cambiando un fattore i calcoli si possono sempre far tornare". Ma come dice egli stesso, Andy non è una semplice addizione di fattori determinati... Magari fosse così facile!

Hank ha una ex moglie che lo dissangua e cerca di comprarsi l'amore di sua figlia con denaro che non possiede e che il suo lavoro non gli garantisce.
Hank è succube del fratello maggiore a causa dell'educazione impartita dai genitori. Hank era il figlio minore, è quello che "ha ancora bisogno di crescere", è quello più bello, è il prediletto. Il risultato di tante attenzioni è una grande fragilità caratteriale unita all'incapacità di risolvere da solo le situazioni. Il fratello maggiore diventa agli occhi di Hank un succedaneo della figura paterna, figura dietro la quale un uomo di quasi quarant'anni non può più nascondersi.
Accetta la rapina, ma non vorrebbe mai rapinare il negozio dei genitori poiché, contrariamente ad Andy, Hank non nutre nessun odio e nessun rancore nei confronti del padre. È per questo fatto che non se la sente di eseguire materialmente il colpo e si avvale della collaborazione dello sbandato Bobby Lasorda (Brian O'Byrne).
Questa sua debolezza trasformerà la rapina in una tragedia che trascinerà in una spirale desolante di violenza tutti i personaggi.

Fra Andy ed Hank abbiamo Gina. È sposata con Andy, ma lo tradisce con Hank. È bella, ma è priva di autostima. Sta con una marito che non la ama e che riesce a fare sesso con lei solo quando è in vacanza, solo quando la tratta alla stregua di una puttana. In tal senso è magnificamente esemplificativa la citata scena iniziale durante la quale Andy concentra l'attenzione sulla propria immagine riflessa negli specchi.
Gina vorrebbe essere compagna di Andy...

"Io avrei potuto aiutarti".

... Ma si sente esclusa dalla sua vita. Il marito non le racconta le proprie ansie, né le proprie angosce e frustrazioni. Non la rende partecipe della propria quotidianità. Andy preferisce andare a farsi una pera di eroina per dimenticare il proprio presente così come il proprio passato.
Gina allora lo tradisce con Hank. Una scelta casuale e fortuita? Niente affatto. Gina punisce il marito dandosi al fratello di cui questi è sempre stato geloso ed invidioso. Lei non vuole l'amore di Hank, anzi, questa è un'attenzione che la infastidisce. Gina non riscopre neppure se stessa attraverso la sessualità (ottima con Hank), ma soltanto attraverso il definitivo distacco da Andy di cui in realtà è innamorata e soffre tutta quella vasta gamma di frustrazioni che subiscono i non amati. Il rapporto di dipendenza nei confronti del marito si palesa anche nel semplice gesto di dover chiedere ad Andy i soldi per il taxi, nel momento in cui decide di lasciarlo.

Charles è un padre mediocre. Un uomo che è stato troppo preso dall'orgasmo di costruire il proprio nido e le proprie certezze, trascurando così i figli e la loro formazione. Sono proprio i due figli maschi a decretare il fallimento di Charles attraverso i loro personali fallimenti nella vita. Entrambi sono prigionieri di un lavoro che non solo non li gratifica, ma che non dà loro il denaro sufficiente al fabbisogno delle rispettive famiglie. Entrambi si sono sposati dando vita a due famiglie fallimentari. Entrambi per i motivi sopraccitati si rivoltano contro la mano che li ha nutriti e che li ha cresciuti.
Charles è un uomo solo, che ha perso la cosa cui teneva maggiormente: la moglie. Le istituzioni se ne fregano di lui. Esemplare e magnifica la sequenza in cui egli dà sfogo alla propria rabbia contro le istituzioni sfasciando un'auto della polizia.
Egli non ha più ragioni di vita se non la vendetta. Dare un volto a colui che ha causato la dipartita di Nanette. Non è chiaro né sufficientemente sviluppato questo punto, tuttavia si lascerebbe intuire che la disperazione di Charles non derivi tanto semplicemente dalla morte della moglie, quanto piuttosto dalle conseguenze che questa produce sulla sua vita. La moglie era la sicurezza di una vecchiaia in compagnia della donna con cui aveva condiviso la propria vita. Charles è un uomo che ha trascorso una vita costruendosi le proprie certezze e che poi se le vede spazzare via come fossero state un castello di carte. Essendo ormai senza scopo egli può suicidarsi o aggrapparsi alla sola ragione di vita rimastagli.
È semplicemente devastante il gesto estremo e premeditato con cui Charles assassinerà il proprio figlio maggiore.
Vendetta? Cancellazione delle proprie colpe? Disperazione? Rabbia? Cattiveria?
Che sia il pubblico a giudicare.
Indubbiamente Charles con quel gesto dimostra che le accuse che Andy gli muoveva erano tutte fondate. Egli non ha mai amato il figlio maggiore. La morte di Nanette a conti fatti è stata causata, anche se indirettamente, da Hank. Andy si era limitato a costruire una propria vendetta nei confronti del padre, che poi ha assunto connotazioni estreme e devastanti. Ma si pensi al piano originale. Nella gioielleria non avrebbe dovuto esserci la madre di Andy. Hank non avrebbe dovuto avere un complice né tanto meno una pistola vera. La morte di Nanette è il risultato di una serie di concause e di accadimenti imprevisti e neppure teorizzati da Andy. Il suo voleva solo essere un danno materiale contro il padre, una sorta di risarcimento del danno che il super io paterno aveva inferto all'ego di Andy.
L'azione di Charles invece è sì una reazione alla carneficina di cui si macchia Andy, ma non è né occasionale né involontaria. Si tratta di un assassinio premeditato e solo parzialmente giustificato.
Esso comunque è il prodotto del citato complesso edipico che non era mai stato risolto a tempo debito.

È un vero peccato che non sia stato approfondito maggiormente il personaggio di Gina e che siano stati completamente trascurati quello di Nanette (per esempio non si spiega più di tanto perché lei decida di sparare al rapinatore) e quello della sorella di Andy e di Hank.
Questa pellicola, con qualche minuto in più dedicato a questi personaggi avrebbe potuto essere un vero capolavoro.

La regia di Sidney Lumet è magistrale. Lunghi e lenti movimenti di camera che seguono i personaggi quasi come se fossero dei topi prigionieri di un labirinto che essi stessi si sono costruito intorno. Si pensi a quando Andy si reca la prima volta nell'appartamento del pusher.
Un occhio esperto, distaccato, elegante e raffinato, quello di Lumet, che non esprime neppure mai giudizi morali sui propri personaggi.
Fa eccezione la sequenza finale in cui vediamo scomparire Albert Finney in un corridoio d'ospedale avvolto da una luce bianca, cruda e quasi accecante. Essa suggerisce una sorta di assoluzione per Charles, nonostante si sia macchiato del peccato più grande e peggiore, commesso durante lo svolgimento di tutto il film.
Inoltre il suo rapportarsi ai personaggi (contrariamente a quanto alcuni hanno scritto) non è mai cinico. Non si manifesta nessun disprezzo, nessuna insensibilità nei confronti della tragedia umana che narra. Non si professa l'indifferenza verso i beni futili né il distacco dai bisogni che non siano primari. Tutto questo sarebbe terribilmente riduttivo nei confronti di un'opera che vuole sviscerare i meandri del male che alberga nell'essere umano.
Argomentando a contrario si può affermare che si cerca di riscoprire i valori perduti e si percepisce anche una solidale pietà nei confronti dei personaggi e della loro miseria interiore.
Il cinismo è presente, ma solo nel profilo dei personaggi.

Davvero notevole la sceneggiatura scritta dall'esordiente Kelly Masterson, apprezzabile soprattutto per la sapiente scomposizione in blocchi temporali dell'intera vicenda. Unica critica da avanzare, oltre alla sopraccitata superficialità con cui sono stati affrontati quei tre personaggi (ma in questa sede si ignora se detta superficialità derivi da una carenza di sceneggiatura o da tagli imposti dalla regia o dalla produzione, verosimilmente per ridurre la durata del film), consiste che nelle tre scene finali (la strage nell'appartamento del pusher, la strage a casa Lasorda, l'assassinio in ospedale) lo spettatore si trova di fronte ad una linea monotona di eventi che non presenta nessun cambiamento di valenza, con la conseguente perdita di pathos. Probabilmente sarebbe stato preferibile un differente svolgimento della scena in casa Lasorda in cui il faccia a faccia fra fratelli avrebbe potuto essere sviluppato meglio.
Tuttavia questa critica è marginale. La sceneggiatura, come già detto, è davvero molto buona.

"Before the Devil Knows You're Dead" ossia "prima che il Diavolo si accorga che tu sei morto" è un verso dell'augurio irlandese citato all'inizio e che recita esattamente:
"Che tu possa avere delle parole che ti scaldino in una notte gelida, la luna piena in una notte nera ed una strada tutta in discesa fino alla tua porta. Che tu possa avere cibo e vestiti, un soffice cuscino per la tua testa, che tu possa trascorrere quarant'anni in paradiso prima che il Diavolo si accorga che sei morto". (In realtà questi sono due auguri, che in questo caso è sembrato opportuno accorpare e che sono abitualmente pronunciati durante i brindisi).
In altre parole sappi che le tue colpe ti cercheranno e ti scoveranno, quindi cerca di godere il frutto dei tuoi misfatti prima che esse ti trovino.
Ed infatti tutti i personaggi della vicenda narrata subiscono le conseguenze delle proprie azioni. E primo fra tutti è proprio Charles che raccoglie i frutti di quanto ha seminato durante l'arco della propria vita.
A questo punto appare evidente l'inadeguatezza fuorviante del titolo italiano.

Sidney Lumet ha diretto ed orchestrato un cast eccezionale che ha saputo valorizzare enormemente la pellicola in esame.
Philip Seymour Hoffman si è riconfermato uno dei migliori attori della propria generazione. Misurato, mai sopra le righe, ci regala un'interpretazione di gran classe fatta di sapienti mutamenti di espressione di modalità della voce (superbo nella versione in lingua originale, ma, bisogna essere giusti, è superbo anche il lavoro dei nostri doppiatori). Egli ci offre un perdente in bilico fra la ricerca di se stesso e il proprio annichilimento. Un uomo incapace di vivere la vita perché ancora schiacciato da troppe cose irrisolte. Capace di sfogare la propria frustrazione in una furia omicida fredda e disperata.
Marisa Tomei è semplicemente magnifica. Molto bella oltre che molto brava, dà vita ad una donna non amata pronta a ridursi a mero oggetto sessuale pur di punire il marito. Anche lei, a suo modo, vive il proprio annichilimento.
Ottimo anche Ethan Hawke, che riesce a tener testa ad un mostro sacro del calibro di Finney e a reggere il confronto con Hoffman.
Sufficientemente misurato e mai eccessivo, riesce a trasmettere tutta la fragilità e tutta la piccolezza del proprio personaggio.
Semplicemente magistrale l'interpretazione di Albert Finney che regala al pubblico l'incarnazione di un vecchio diviso fra il senso di colpa e il delirio di vendetta, combattuto fra il desiderio di distruzione e quello di autodistruzione, ripiegato nel proprio dolore, ma carico di odio da sfogare.

"Before the Devil Knows You're Dead" è un'opera dura, pessimista e senza speranza. Un film di raffinato mestiere e di ottima qualità. Regia eccellente, interpreti ottimi e fotografia molto buona. Perfette le musiche composte dal bravissimo Carter Burwell.
Un film assolutamente da vedere, prima che il Diavolo si accorga che siete morti.

(*1) Anche se forse sarebbe preferibile la traduzione: "Onora tuo padre e tua madre e così avrai lunga vita sulla terra che Jahve, tuo Dio, ti concede". Ed. Marietti, 1961

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Recensione a cura di Carlo Baldacci Carli - aggiornata al 19/03/2008

Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it

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