Recensione rapina a mano armata regia di Stanley Kubrick USA 1956
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Recensione rapina a mano armata (1956)

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locandina del film RAPINA A MANO ARMATA

Immagine tratta dal film RAPINA A MANO ARMATA

Immagine tratta dal film RAPINA A MANO ARMATA

Immagine tratta dal film RAPINA A MANO ARMATA

Immagine tratta dal film RAPINA A MANO ARMATA
 

Terzo lungometraggio per Kubrick.
Nel 1956, quando realizzò Rapina a mano armata, Stanley Kubrick compiva 28 anni. La sua storia di cineasta era già densa di riferimenti professionali e biografici importanti. A sedici anni aveva iniziato una collaborazione con la rivista "Look" con servizi fotografici di alto livello; a diciotto era andato a vivere a Greenwich Village con la prima moglie Toba Metz: aveva già girato diversi cortometraggi e Fear and Desire.
Rapina a mano armata (The Killing) fu il primo dei tre film prodotti dalla coppia Harris-Kubrick (gli altri sono Lolita e Orizzonti di gloria). Il duo nonostante avesse svolto un notevole lavoro, ricco di risultati promettenti e ampiamente riconosciuti dai critici, si scioglierà nel '62.
The Killing è tratto dal libro Clean Break di Lionel Withe. La sceneggiatura è stata redatta dallo stesso Kubrick coadiuvato dallo scrittore Jim Thompson. La brillante e nitida fotografia del film è di Lucien Ballard: sempre monitorata dall'attento Kubrick.

Uno degli aspetti più interessanti di questo film riguarda un'invenzione narrativa di rilievo: il flashback sincronico, che è una delle diverse tecniche narrative presente nel libro: Clean Break. Essa è stata estrapolata e faticosamente rielaborata da Kubrick in una direzione più cinematografica; il regista la rende idonea a sostenere i valori visivi classici che doveva assumere nel linguaggio di immagini in movimento. Inoltre questa tecnica si discosta, in parte, da come viene presentata nel romanzo, non poteva essere trasposta nel film fedelmente a causa di una difficoltà intrinseca nella capacità semiologica del cinema a sostituire pensieri scritti con immagini. E' infatti molto arduo tradurre tecniche, composte per sequenze letterarie, in meccanismi strutturati da immagini perché occorre trovare scene che scorrano allo stesso modo dello scritto (C. Metz, Semiologia del cinema).
Kubrick traspone ciò che, delle stecche narrative presenti nel libro, gli sembra trasformabile in scene rispettose del gusto visivo vigente. A proposito intravede, con sicurezza e lungo una riflessione dell'importanza del gioco delle condensazioni, uno dei meccanismi principali che caratterizza lo stile del libro di Withe: la tecnica dell'interruzione della linea narrativa; qualcosa che dà un sapore estetico nuovo mettendo in campo dei noti flash-back ma con caratteristiche un po' particolari; essi infatti illustrano, da angolazioni diverse ma nella stessa unità di tempo, alcune scene chiavi del film. Queste tecniche vengono denominate flash-back sincronici perché ripropongono l'attenzione visiva sull'oggetto dell'ultima scena in gioco, osservandolo sempre nello stesso intervallo di tempo ma in relazione con ciò che gli accade in un luogo diverso, iniziando le riprese da puzzle prima della partenza della scena chiave già vista. Se ne ricava un importante effetto estetico che sembra portare a una maggiore partecipazione al film, come se le diverse angolazioni visive con cui si osserva la stessa scena e il venire a contatto con quanto è accaduto prima del suo inizio portasse lo spettatore a una maggiore presenza nel film.
Ad esempio: consideriamo l'intervallo di tempo che racchiude la scena della lite tra il russo Maurice e i poliziotti nel bar dell'ippodromo. La lite è provocata ad arte dalla banda di Clay per distrarre dal loro lavoro principale i poliziotti addetti alla protezione degli incassi. Kubrick - girata questa scena con maestria, coadiuvato in ciò da una prestazione superba di Kola Kwariani nella parte del lottatore Maurice - ci porta nel tempo di una scena contigua alla scena della lite, una scena situata in un altro luogo, dove si svolge dunque qualcosa di temporalmente simultaneo ma diverso nei contenuti: quindi lo spettatore osserva due scene distinte, rappresentate in luoghi diversi nella stessa unità di tempo. Lo spettatore segue lo scorrere delle scene da angolazioni diverse allargando il suo orizzonte visivo del film: quindi il suo significato.

Da notare che il flash-back diacronico è un'altra cosa da quello sincronico. Il flash back diacronico era già da tempo usato nel cinema.
Kubrick perfeziona con questo film il flash-back sincronico, che doveva essere usato in questo noir solo come sperimentazione. Ma il suo talento, con questo elemento tecnico, dà subito più arte e destrezza narrativa al racconto. Si definisce sincronico perché si svolge sempre in simultanea o in contiguità con la scena principale; i flashback diacronici invece mostrano scene situate in un tempo separato da quello della scena principale, rimanendo in relazione con essa solo in un modo causalistico spesso psicologico, per far cioè capire qualcosa di più del significato logico, storico, narrativo di una delle scene chiavi: ad esempio quando il flashback mostra eventi o episodi dell'infanzia di un personaggio per aiutare a capire meglio sia alcune azioni che egli svolge nel presente che aspetti della sua personalità storica, il tutto a vantaggio di una maggiore chiarezza del messaggio del film.

Kubrick con questo film dimostra di saperci fare con il noir, non tanto per la suspense e le tensioni che riesce a imprimere al film in modo spesso originale e sorprendentemente puntuale con il ritmo dato e richiesto dalla sceneggiatura (risultati questi comunque già visti in diversi precedenti noir hollywoodiani con altri registi famosi), quanto per l'essere riuscito a perfezionare e a dare nuove prospettive di sviluppo ai codici hollywoodiani del genere, traendone grazie all'aggiunta anche del proprio genio fotografico, combinazioni grammaticali inedite e di estrema fertilità per il cinema del futuro.
Kubrick era considerato un accentratore ma aveva un suo modo di essere umile: anche se ciò ad una prima e superficiale osservazione nel suo lavoro non era evidente. Questo geniale cineasta rispettava infatti con grande attenzione la tradizione linguistica hollywoodiana. Inoltre l'ha anche studiata in profondità, consapevole che per portare avanti delle ambizioni artistiche serie sul cinema degli anni '60 occorreva partire da lì.

Kubrick crede nello studio e nel lavoro più che in quelle logiche di relazioni amichevoli che portano facilmente a fare soldi ma con film spesso mediocri. Kubrick rifiuta la mediocrità di quelle pellicole agganciate alla scia dorata del botteghino, un mercato quest'ultimo spicciolo per qualità e tenuto sempre sotto controllo dai media. Egli al contrario si impegna allo spasimo per acquisire una grande padronanza del linguaggio di Hollywood, consapevole che intenderne la portata e i limiti sarebbe stato decisivo non solo per il suo futuro ma anche per quello del cinema degli anni '60. E' ciò che gli consentirà, grazie alle competenze che maturerà, di afferrare con una presa ferrea le maniglie delle porte del mercato di qualità del cinema, orientandosi vincente tra quelle domande di film incerte ed eterogenee ma che stavano in quel momento dominando negli Stati Uniti e in Europa: un mercato che rimaneva in gran parte insoddisfatto nelle sue particolarità culturali e afflitto da pesante stanchezza mediatica. Kubrick lo porterà con i suoi film a nuove svolte di qualità soddisfandone i suoi risvolti più nobili e raffinati. Kubrick è uno dei pochi registi che sia riuscito a prendere per le corna aspetti importanti del mercato cinematografico imponendogli strade diverse dalle tendenze ibride, euforiche e volgari insite nel suo seno. Questo non è poco per un cineasta emergente, ma il segreto del successo di Kubrick è banale: prendere si il cinema per quello che è, e riuscire ad andare oltre, studiando però con grande impegno ciò che scientificamente lo costituisce.
La sua scelta di impegno in questa direzione sarà anche etica, se per etica si può intendere una fedeltà assoluta al proprio lavoro.

Da un puntiglioso studio del linguaggio del cinema americano Kubrick riuscirà a fondare qualcosa di particolarmente creativo, non solo sul piano del linguaggio iconico ma anche su quello molto più difficile del dire intellettuale: cui il film non può sottrarsi. Quel dire che fino a quel momento stentava a crescere perché andava, tutte le volte che se ne cercava l'applicazione, troppo a discapito dello spettacolo. A proposito è utile ricordare che solo con 2001 Odissea nello Spazio la storia del cinema fa un grande salto di intellettualità visiva: il cinema diviene spettacolo visivo, musicale, ed espressione eccelsa di forme intellettuali; queste ultime cominciano a interrogare filosoficamente e scientificamente, in modo preciso e complesso, l'oggetto in gioco nel film presentandosi, nonostante il debito di idee contratto con lo scritto, dignitosamente autonomo come pensieri dal libro e dalla stampa in genere. Una intellettualità che non andava più a discapito dello spettacolo visivo, anzi per la prima volta si fondeva con esso in modo eccelso, unico.
Già con Rapina a mano armata Kubrick, con disinvoltura e collaudato talento, e probabilmente grazie anche a uno studio e a un lavoro sul soggetto molto dispendioso e spesso maniacale, si impone autorevolmente all'attenzione della critica cinematografica mondiale e a tutto il mondo del professionismo legato al cinema, imponendo delle modalità stilistiche originali che fanno intravedere nuove possibilità di sviluppo per il cinema: tra cui già quella intellettuale.

Questo noir osservato da un versante un po' più psicologico gioca sul piacere delle trasgressioni umane: quelle legate in particolare al mito del sogno americano degli anni '50. Esse sono messe visivamente in una formula narrativa che diviene via via più ricca e fascinosa grazie all'ingresso progressivo dei necessari ingredienti che fanno da supporto al film: soldi, bellezze femminili, matrimoni in crisi, debiti passionali, bella vita, carcere che non redime dal male, borghesia attraente e intrigante, povertà collegata alla vita con espedienti e sbocchi delinquenziali che ne fanno spesso una sorta di spettacolo letterario.

Kubrick mette in campo i seguenti personaggi: Peatty, il cassiere dell'ippodromo, geloso e frustrato dalla moglie Sherry che non lo ama; Clay, un ex galeotto, molto ambizioso e deciso a diventare ricco (un geniale per impassibilità Sterling Hayden), uscito di galera da poco dove aveva trascorso cinque anni duri, verrà poi soccorso dalla sua innamorata Fay che crede ciecamente in quello che lui fa tanto da apparire infatuata dal suo sguardo e comportamento: virile ma rigido, fragile come il vetro; Marvin, un vecchio allibratore di corse di cavalli che decide di partecipare alla rapina all'ippodromo, nonostante un'esistenza vissuta in modo onesto ed esemplare, finanzierà le spese iniziali indispensabili per il progetto di Clay; Randy Kennan, un poliziotto oberato da molti debiti e frustrato da lavoro che lo tiene nell'anonimato, desideroso più che mai di uscire da un'esistenza di routine; Tiny l'amante non ricco di Sherry che progetta con la propria donna di interferire nella rapina cui partecipa il marito di lei, il tutto a vantaggio del loro amore trasgressivo; Mike, l'anziano barista dell'ippodromo che ha la moglie gravemente malata e decide quindi di partecipare alla rapina sperando di acquisire più mezzi per curarla: inscenerà una lite con lo scacchista ed ex lottatore Maurice; infine Nikki il cecchino sfortunato, ucciso durante l'azione della parte assegnatagli, ingaggiato da Clay per eliminare il cavallo favorito affinché la gara venisse sospesa e gli incassi rimanessero nella stanza- cassaforte più a lungo: priva degli agenti che erano impegnati nella lite del bar voluta ad arte da Clay.
Rubare soldi all'ippodromo, un luogo sportivo frequentato soprattutto dalla media e alta borghesia, ha dato una giustificazione sociale al film, rendendo il crimine affine ad una lotta di classe, quest'ultima leggibile tra i sogni di ricchezza facile di cui erano affetti i poveri criminali e la lucidità vincente delle istituzioni borghesi che ripropongono la fatica del lavoro e la qualità professionale come vie di successo: lungo sogni a lunga scadenza.

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Recensione a cura di Giordano Biagio - aggiornata al 08/05/2006

Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it

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