Recensione rosemary's baby - nastro rosso a new york regia di Roman Polanski USA 1968
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Recensione rosemary's baby - nastro rosso a new york (1968)

Voto Visitatori:   8,17 / 10 (260 voti)8,17Grafico
Migliore attrice non protagonista (Ruth Gordon)
VINCITORE DI 1 PREMIO OSCAR:
Migliore attrice non protagonista (Ruth Gordon)
Migliore regista straniero (Roman Polanski)Migliore attrice straniera (Mia Farrow)
VINCITORE DI 2 PREMI DAVID DI DONATELLO:
Migliore regista straniero (Roman Polanski), Migliore attrice straniera (Mia Farrow)
Miglior attrice non protagonista (Ruth Gordon)
VINCITORE DI 1 PREMIO GOLDEN GLOBE:
Miglior attrice non protagonista (Ruth Gordon)
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locandina del film ROSEMARY'S BABY - NASTRO ROSSO A NEW YORK

Immagine tratta dal film ROSEMARY'S BABY - NASTRO ROSSO A NEW YORK

Immagine tratta dal film ROSEMARY'S BABY - NASTRO ROSSO A NEW YORK

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Immagine tratta dal film ROSEMARY'S BABY - NASTRO ROSSO A NEW YORK

Immagine tratta dal film ROSEMARY'S BABY - NASTRO ROSSO A NEW YORK
 

Nel 1968 un giovane regista controcorrente colpì con un film impressionante, carico di paura psicologica e con un finale fuori da ogni schema. Roman Polanski era convinto in quegli anni che il mondo dovesse prepararsi per un evento - essere testimone dell'arrivo della bestia - ed il suo intento era quello di arrivare al pubblico in un modo semplice ma con un ritmo crescente e ricco di tensione.
Tratto dal romanzo di Ira Levin, "Rosemary's baby" è uno dei film che meglio riesce a sostenere il fragile equilibrio tra diversi generi, come quello del terrore gotico e della satira sociale: ha difatti lasciato il segno per la sua ottima sceneggiatura, la sua eccellente regia, bravissimi interpreti e ovviamente un tema, come quello dell'anticristo, raccontato nel più incisivo dei modi possibili.

Il film è un raffinato thriller psicologico con implicazioni sataniste che ha come elemento distintivo l'angoscia, descritta partendo dal racconto della vita di una coppia felice che si trasforma nel peggiore degli incubi. Polanski crea un'atmosfera cupa ed oppressiva, spingendo lo spettatore a desiderare ardentemente di vedere la protagonista - una splendida Mia Farrow - alleviata, ad anelare di sapere cosa accada realmente; lo spettatore è totalmente sommerso dall'a sua stessa angoscia e vive le sue stesse emozioni. E' questa tensione il terrore che ha colpito lo spettatore, senza quasi che questi se ne rendesse conto.

E' con grande abilità che Polanski raffigura un mondo cupo e demoniaco tra le pacifiche mura domestiche americane, livellato sui piani soggettivi della paranoica eroina Rosemary e dei suoi macabri vicini. Il regista ha l'incredibile capacità di creare una coscienza nello spettatore, suggerendo che tra le mura del vicino si nascondono altri mondi, altre abitudini, altre persone, sconosciuti che venerano Satana; un fenomeno che potrebbe trovarsi anche vicino a noi, in qualunque posto.

L'incipit sembra quello di una telenovela rosa, in cui una coppia di freschi sposi trasloca in una bella casa a New York e fa conoscenza con i vicini, i signori Castevets; una coppia di anziani squisiti e amabili. Tutto sembra procedere a meraviglia quando iniziano ad accadere cose strane e tragici avvenimenti che condizioneranno la vita della coppia: col passare del tempo la felicità si tramuterà in un incubo urbano, un surreale ed inquietante viaggio durante la gravidanza di Rosemary e la sua trasformazione fisica.
Rosemary fa un sogno angoscioso e mostruoso in cui viene posseduta da presenze demoniache, per poi apprendere di aspettare un bambino.
Con la gravidanza la donna diverrà carne senz'anima, portando avanti la gestazione con un aspetto insano, come se portasse in grembo un morto. Rosemary è convinta di trovarsi sull'orlo della follia ma nessuno sembra credere alle sue visioni. La nascita del bimbo rivelerà alla donna l'agghiacciante verità demoniaca, della quale è rimasta vittima.

Nella scena finale una Rosemary pallida ed impaurita entra nella casa dei propri vicini e vede assieme a loro e ad una moltitudine di sconosciuti suo marito intento ad osservare il bambino, che riposa in una culla nera sulla quale è appesa una croce al contrario. Si avvicina al bimbo ma si ritrae terrorizzata alla vista dei suoi occhi felini... Ma lei è madre e lui è suo figlio. Cerca a questo punto di calmare il suo pianto, e gli spettatori rimangono attoniti nel vederla cullare la culla nera sorridendo, con la sola eco della ninna nanna ad accompagnarla.

Polanski descrive questi scenari e questi personaggi giocando apertamente con i registri ambigui della realtà e della distorsione; è maneggiando con maestria il terrore psicologico che padroneggia a misura che rivela l'orrore al quale il titolo si riferisce: il filo conduttore della storia è il terrore, e la volontà del regista è quella di suggerirlo ma di non mostrarlo mai.

"Rosemary's baby" potrebbe essere considerato come una "punizione diabolica" nei confronti della società piccolo-borghese di cui la protagonista Rosemary sembra la perfetta incarnazione e sarà praticamente impossibile, per lo spettatore, non vivere l'atroce calvario alla quale la donna viene sottoposta.

A causa di un tragico gioco del destino Polanski conobbe, l'anno successivo, una punizione ancora peggiore: i membri di una setta satanica guidata dal noto Charles Manson uccidono orribilmente sua moglie, la bellissima Sharon Tate, anch'ella in attesa di un bambino, proprio durante un rito satanico. Altro particolare inquietante: "Rosemary's baby" è stato girato nella palazzina "Dakota" di New York; la stessa in cui fu assassinato John Lennon.

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Recensione a cura di Gabriela - aggiornata al 16/04/2007

Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it

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