Recensione saw 3 regia di Darren Lynn Bousman USA 2006
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Recensione saw 3 (2006)

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locandina del film SAW 3

Immagine tratta dal film SAW 3

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Immagine tratta dal film SAW 3

Immagine tratta dal film SAW 3

Immagine tratta dal film SAW 3
 

E infine venne il terzo. Gigsaw è, com'è noto, un distinto malato terminale che per coerenza avrebbe dovuto passare a miglior vita nei pressi del primo episodio.
Ma visto l'inaspettato successo del primo Saw, i produttori gli hanno dato altri 2 film di vita.
Ecco, in questo piccolo serial killer con metodo Di Bella incorporato c'è tutta la pochezza della saga di Saw, una serie di film "vorrei ma non posso", che si autoalimenta non solo con la presunzione della trama da osteria numero 5, ma anche con l'assurda pretesa di fungere da cubo di Rubik, come degli schematici rompicapi la cui soluzione sia fonte di soddisfazione per lo spettatore che ipotizza i vari sviluppi.

Prima di avventurarci nella complessa e fitta trama, una notizia buona e una cattiva: la cattiva è che nemmeno era uscito il terzo capitolo che già si annunciava il quarto. La buona è che il livello di emoglobina raggiunge finalmente il livello di decenza, pur senza toccare i masterpiece del genere.
E finalmente; ci sono voluti tre episodi per traghettarci nel magico mondo di ciò che si cela sotto la pelle umana, ragion per cui non è assurda l'ipotesi di coloro che ritengono che il sesto capitolo possa essere addirittura un bel film, uno di quelli che si ostenta con orgoglio nella propria videoteca.

Giova forse informare che i responsabili di Saw 2 sono gli stessi di questo terzo episodio, indipercui Bousman alla regia (si fa per dire) e Whannel alla sceneggiatura, l'unico uomo in grado di sfidare la legge dei grandi numeri a viso aperto e penna scappucciata, senza tema di scrivere qualcosa che non provochi una complessa quanto apprezzata ilarità nell'incauto spettatore accorto e pignolo. Squadra che vince non si cambia, a quanto pare. E infatti non cambia nulla, nemmeno il film, che ci informa dell'ennesimo trucchetto escogitato dal gigsaw con la preziosa collaborazione della sua ormai nota assistente Amanda. Presunta vittima una dottoressa che dovrebbe tentare di tenere in vita l'arzillo vecchietto almeno per la durata della trappola.
Non si racconterà il finale, chiaramente, ma non per rispetto dell'ingenuo spettatore messo in pericolo di spoiler, quanto perché quello di Saw 3 è uno dei tipici finali di cui non frega niente a nessuno. Diavolo di un Whannel, non finirà mai di escogitare deprimenti trucchetti stile cintura di sicurezza disegnata sulla maglietta per fregare i vigili; nel primo Saw si assisteva ad un finale ridicolo quanto impossibile da realizzare, salvo completa idiozia dei due protagonisti. Nel secondo il gigsaw teneva in ostaggio un inconsapevole padre mentre la squadra di poliziotti, seduta a fianco, non si capiva bene cosa facesse. E poi finiva come finiva, modello SanRemo, del tipo che una volta passato nessuno se lo ricorda più. E nel terzo c'è la tecnica dello scaricabarile, ovvero ti faccio credere che una cosa stia accadendo per una data persona, salvo poi smentire e riferirsi al comprimario immediatamente più vicino; e così via, sino ad esaurimento attori.
E la regia? Probabilmente Bousman, onde evitare di arrivare scarico al quarto capitolo, si è risparmiato tutte le cartucce inserendo il regista automatico per questo (o forse se l'è sparate tutte col secondo). Andando all'azzardo, il regista automatico di Infascelli. E'mai possibile che ci siano ancora così tanti registi da non concepire nemmeno da lontano che sincretismo fra cinema e video significa tutto tranne che accelerare una serie di fotogrammi a caso? Ed è mai possibile che non si comprenda che video e videoclip non sono affatto la stessa cosa?
Bisognerebbe spiegarlo a molta gente, anche a quelli seduti negli ultimi banchi come Bousman. Che, almeno nella parte iniziale, dà sfoggio alla sua ansia da presunto regista mostrandoci con zelo delle sequenze di fotogrammi quasi subliminali, stridenti ed epilettiche come l'infelice prova di Toobe Hooper nel suo episodio della prima serie dei masters of horror. A parte l'oggettivo fastidio che tali sequenze danno all'occhio, è il senso dell'operazione che sfugge; viene il dubbio che Bousman, spaventato da se stesso e non sapendo bene che pesci prendere in fase di montaggio di alcune scene, abbia deciso di non operare una selezione del girato ma di mettere tutte le sequenze insieme compresse in formato rar. Se tale discutibile decisione (perlomeno sul versante estetico) avrebbe potuto essere giustificata assurgendo a stilema narrativo, e quindi presente ove necessario come lemma del vastissimo dizionario grammaticale di Bousman, notiamo che questo tipo di fulminee sequenze compaiono solo nella prima mezz'ora. Poi spariscono.

Legittimamente ci si potrebbe chiedere quindi cosa ci stiano a fare, ma il sospetto che Bousman abbia voluto fare il giovane da MTV diviene certezza quando il film abbandona questo tipo di impostazione. Ecco l'aspetto davvero inquietante di Saw; questi tipi ritengono davvero di aver compreso cosa il pubblico voglia e cercano di non deludere nessuno puntando ad un target medio giovane che può permettersi di essere superficiale ed ingenuo (nell'accezione positiva del termine). Fermo restando che divertirsi con tali pellicole è atto lecito e per certi versi dovuto, una riflessione a posteriori potrebbe accompagnare la divertita e spensierata visione di Saw. Come smentire che si tratti di una sorta di gigantesco spot da un'ora e mezza, la cui singola presenza rimanda pervicacemente al prossimo capitolo, sempre annunciato all'uscita dell'attuale? Come non rendersi conto del fatto che il "sistema Saw" resta in vita fintanto che vari sequel manterranno viva la memoria di una futura ed inevitabile visione da assolvere? La verità è che se Saw è un totale fallimento come film, potrebbe attenersi a soglie di decenza se fosse tramutato in serie televisiva, come Lost, C.S.I. e Alias. Perché sgombriamo il campo da ogni dubbio: Saw non è cinema, non è video. Non presenta trame coese e compatte, essendo le stesse gineprai di errori a livello sia di storia che di intreccio.
Come nel primo si assisteva allibiti (per chi se ne sia accorto) a flashback che vedevano poi, nel ricordo, lo stesso narratore scomparire (rendendo quindi "impossibile" il flashback stesso), nel terso capitolo si notano dei frammenti narrativi il cui dare scopo è cosa che logora anche il miglior solutore della settimana enigmistica. Non perché tali segmenti narrativi siano complicati; nulla è complicato in Saw. Piuttosto perché non hanno senso. Come definire altrimenti le varie vicissitudini che vediamo facenti parte al passato di Amanda? Come collocarle? Cosa ci dicono, nell'economia del discorso filmico, coerentemente a quello che vediamo e che si svolge nel magazzino con i soliti ed inevitabili riflessi blu - verdastri? E come risolve il fido (nel senso del cane) Bousman quando vuole comunicarci che Amanda è colta da sindrome sadomasochista? Semplice; la mostra, per due secondi, che si tagliuzza una gamba. Che soluzione registica, ragazzi; che soluzione. Un po' come Infascelli nel "siero delle vanità" che vuol farci carico della depressione della poliziotta facendola sedere nella panchina con accanto un barbone che si alcolizza. Se non sono geni...
Taceremmo anche sulla sciatteria con cui vengono trattate situazioni semplicemente ridicole, se solo non fossero così ciarlatane. Un misterioso personaggio con una maschera da (e di) porco si procaccia le vittime?
Va bene, ma è troppo pretendere che non appaia come un fantasma in luoghi apparentemente inaccessibili? La prima vittima è sola in casa e viene distratta da un rumore proveniente da un'altra stanza, quando si reca verso la porta vedendo nello specchio una strana figura riflessa (pare che l'originalità della soluzione abbia richiesto trapianti di neuroni). Apre la porta e come per magia viene colpita alle spalle. A questo punto uno potrebbe pensare che l'assassino sia il protagonista di "Ferro3", data la disinvoltura con cui aleggia nell'aere passando attraverso i muri. Poi però assistiamo a un altro rapimento, questa volta negli spogliatoi di un ospedale. Un essere inquietante con una testa di porco che va a zonzo per gli ospedali inosservato potrebbe far storcere il naso. A questo punto uno potrebbe pensare che l'assassino sia Jimmi Ghione, data l'estrema semplicità con cui si infila negli ospedali sbucando nei posti più impensabili. E così via: di momenti del genere Saw ne è pieno. Non si pretende certo che un film sia totalmente esente da difetti, che comunque ne minano la credibilità, ma laddove la pretenziosità aleggia un difetto diviene subito un brutto difetto che reca fastidio. In mancanza di ironia il fastidio avanza, e Saw è purtroppo per lei una serie che si prende terribilmente sul serio.

Salvando il salvabile, va ammesso che il gore è presente in massiccia quantità; finalmente le ragazzine sedute col loro pop corn avranno il loro buon motivo di fare le schifate. Oriente e straight to video escluso, era da un bel po' che non si assisteva ad un'operazione a cervello aperto così prodiga di particolari. Una bella scena finalmente matura per un film che fino ad adesso aveva preteso di essere splatter, dritta e cruda e in assenza di qualche personaggio che dica qualcosa: ecco, quando in Saw nessuno parla le cose tendono ad andare meglio. La scena riscatta in un sol colpo la presunzione di Eli Roth, che con hostel aveva cercato di convincerci che di splatter si trattava. Purtroppo per lui era solo un American Pie in cui a qualcuno sanguinava il naso ogni tanto e qualcun altro se ne andava in giro con un Big Mac spiaccicato in un occhio, e varie scene di Saw 3 son lì a testimoniarlo, dal momento che bastano alcuni secondi di quest'ultimo per annichilire totalmente la spocchia di Roth. Lodevole anche la scena in cui una vittima nera si "gira" su se stessa, dai risultati piuttosto simili a quelli che si possono vedere sul Presidente Scrocco in "Balle Spaziali". Probabilmente chi l'avrebbe dovuto salvare non ha trovato il "Loch Ness" (solo per cinofili DOC).

Data la sequela di critiche, si potrebbe legittimamente affermare che in fin dei conti Saw trionfa sempre, perlomeno al botteghino. Ma è anche vero che i cinepanettoni trionfano più di Lynch. Perché la vita, e per riflesso cioè che è la società , è meglio rappresentata dal fuilletton che dal romanzo d'appendice.
Ed è per questo che Saw 3 si trova anche nelle migliori tabaccherie mentre Inland Empire è stato distribuito con una ventina di copie nel territorio nazionale.
Ma poi: cosa diamine c'era scritto nella lettera che sconvolge tanto Amanda?

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Recensione a cura di cash - aggiornata al 27/03/2007

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