Recensione tamara, figlia della steppa regia di Jacques Tourneur USA 1944
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Recensione tamara, figlia della steppa (1944)

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locandina del film TAMARA, FIGLIA DELLA STEPPA

Immagine tratta dal film TAMARA, FIGLIA DELLA STEPPA

Immagine tratta dal film TAMARA, FIGLIA DELLA STEPPA
 

Questo importante film hollywoodiano del francese Jacques Tourneur è uscito nel 1944, quando l'evoluzione degli schieramenti militari nella seconda guerra mondiale vedeva sorprendentemente insieme contro il nazismo nazioni capitaliste come gli Stati Uniti e comuniste come l'Unione Sovietica, paesi che, messe da parte le divisioni ideologiche, lottavano per un unico principio etico, quello della libertà dei popoli dall'invasione degli eserciti con ideologie razziste e totalitarie, che tanti scempi stavano compiendo in Europa e nel mondo in quel momento.

"Tamara la figlia della steppa ("Days of Glory") è un film di guerra che esalta anche valori più specifici e nobili, come quelli propri dei partigiani, legati alla difesa della propria nazione contro dittature interne ed esterne; il suo autore è famoso per film come "Il bacio della pantera" (1942) e "Le catene della colpa" (1947) due ottimi film, il primo situabile tra l'horror e il thriller, quindi con un alto contenuto fantastico tale da rasentare la fantascienza, il secondo un noir vecchio stile, indimenticabile, di alta drammaticità, restaurato dalla Rai, del quale esiste una versione anche a colori.

"Tamara la figlia della steppa si discosta da tutta quella tradizione hollywoodiana che presentava nei film di guerra soldati americani nelle vesti di eroi; questa volta vengono esaltati valori umani e politici che nascono in seno a una nazione comunista, situata istituzionalmente agli antipodi del sistema economico americano.
I valori di nazione libera e indipendente sono interiorizzati dai partigiani sovietici accanto a quelli di giustizia sociale nel comunismo, aspetti che esaltano l'originalità di questo film hollywoodiano i cui produttori per tradizione sono stati sempre molto distanti dalla pubblicizzazione di idee comuniste.
In questo film i combattenti sovietici appartenenti a un sistema sociale basato sull'egualitarismo lottano contro il nemico invasore tedesco la cui nazione è a struttura capitalista.

Ci voleva la guerra perché Hollywood mettesse da parte per un attimo l'ossessione industriale per il facile guadagno di mercato e cogliesse il momento ideale della grande convergenza di interessi nel mondo contro la barbarie nazista, facendo un film sulla gloria del bene indipendentista.
Questo film sarà di buon auspicio per una vittoria finale della libertà del mondo occidentale contro le nefandezze compiute dai deliri tedeschi e italiani.

Costato più di un milione di dollari, il film non riuscirà a far recuperare al produttore Casey Robinson nemmeno i soldi investiti. L'insuccesso si spiega probabilmente con l'eccessivo realismo del film che, anziché problematizzare aspetti della guerra in una forma più spettacolare, romanzesca, come ad esempio fa Sam Wood nel 1943 con il famoso film "Per chi suona la campana" che ha ottenuto un gran favore di pubblico, la ripropone in termini di diretto realismo mostrandone, accanto ai profili essenziali degli eroi, tutte le brutalità e turpitudini; il film quindi diventa molto prevedibile, del tutto scontato, soprattutto a partite dalla seconda parte quando la narrazione si avvia verso il finale.

Il film vede gli esordi di due attori che diventeranno in breve tempo famosi come Gregory Peck ("Il buio oltre la siepe") e Tamara Toumanova ("Il sipario strappato" di Hitchcock), che però in questa pellicola pagano lo scotto dell'esordio.
I due attori nei loro ruoli appaiono ancora troppo legati, la modulazione degli sguardi richiesta dalle diverse situazioni sceniche è troppo semplificata, e rispetto alla impersonalità che esige da sempre la recitazione le immagini più appariscenti delle loro soggettività non sembrano annullarsi del tutto: la credibilità visiva dei personaggi che incarnano ne risente.

Sul piano fotografico il film dimostra una certa maturità espressiva, le composizioni delle inquadrature sono molto curate, ricche di oggetti ricercati, ben disposti ed ad elevato gusto estetico di insieme, la luce ben dosata.
Buona la capacità di dire per immagini, soprattutto per la riuscita ricerca di tonalità fotografiche spesso originali che ben si sposano con lo scorrere dei vari ambiti scenici.

I trucchi filmici non sono molti ma ciò, più che un difetto, finisce per essere un pregio, un vantaggio stilistico perché la nudità da artifici, specialmente quelli nell'azione, rafforza il realismo del film; è un modo di raccontare questo di Tourneur che egli ha voluto a tutti i costi, pagando poi un forte debito al botteghino.

La trama è molto povera, essenziale, un gruppo di partigiani russi trova nella steppa una bella donna che si era persa, di nome Nina (Tamara Toumanova), fuggita dai tedeschi invasori, una prima ballerina del balletto moscovita del Bolsoj, la donna sarà accolta nelle file dei combattenti partigiani ma incontrerà dapprima incomprensioni e diffidenze, finché sotto la spinta del nascente amore con il comandante del gruppo (Gregory Peck) dimostrerà tutto il suo eroismo contro i tedeschi.
Nina alla fine, ben integrata nel gruppo, aderirà senza riserve al movimento combattente partigiano, giurando drammaticamente ad alta voce fedeltà ai principi della lotta partigiana, con accanto il suo comandante-amante, proprio di fronte all'avanzare lento e terribile di alcuni carri armati tedeschi contro il loro punto di combattimento.
La psicologia dei personaggi è molto schematizzata, tutti nel loro agire hanno delle chiare motivazioni imposte soprattutto dalla guerra, l'ideale etico individuale non esiste pena la disperazione, domina la necessità impellente di mantenere un'integrità psico-fisica in gruppo o sopravvivere in modo amorale, una scelta a cui anche il vile non può sfuggire: combattere il nemico o soccombere morendo all'invasore nell'inerzia più avvilente; delirare insieme agli altri della stessa fede, sogni di gloria partigiana, che possono portare anche alla morte, o finire per chiedere pietà ed elemosina ad un angolo della strada; l'eroina Nina riscatta la sua grandezza perduta di prima ballerina al teatro Bolsoj proprio aggredendo ripetutamente i tedeschi, rischiando per questo la morte e rafforzando con le sue eroiche gesta l'insperato amore verso il comandante.

La sensazione più profonda che si prova oggi, terminato il film, è di un forte contrasto con i contenuti della pellicola, si ha la certezza di vivere tempi completamente diversi da allora, lontani da quell'etica e da quei valori sociali forse irripetibili, che rendevano anche i film seriosi, incorniciati di ritualità e schematismi comportamentali a volte addirittura impregnati di ieraticità.

Il comunismo oggi è praticamente scomparso dalla faccia della terra e viene ricordato soprattutto per le sue nefandezze contro la libertà d'espressione e i valori democratici.
Manca però un interesse mediatico ad analisi più approfondite su quel significativo processo storico che era ricco anche di seri tentativi di giustizia sociale ed economica, e che era noto soprattutto per come, in seno ad esso, si cercasse una via risolutiva ai problemi più profondi dell'alienazione umana, individuata dagli intellettuali più ideologizzati di quel periodo nel potere simbolico della merce.

Jacques Tourneur continuerà a girare in seguito film di diverso genere, sempre con grande acume narrativo, come l'horror "La notte del demonio" (1957), gli avventurosi "La leggenda dell'arciere di fuoco" (1950) e "La regina dei pirati" (1951), e western di grande pregio come "I conquistatori" (1946), "L'alba del gran giorno" (1956) girato in Superscope.

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Recensione a cura di Giordano Biagio - aggiornata al 28/06/2010 11.55.00

Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it

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