Recensione toy boy regia di David Mackenzie USA 2009
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Recensione toy boy (2009)

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locandina del film TOY BOY

Immagine tratta dal film TOY BOY

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Immagine tratta dal film TOY BOY

Immagine tratta dal film TOY BOY
 

Da qualche anno è esplosa la moda dei "toy boy"; a dare il via al nuovo trend sono state le star di Hollywood, seguite a ruota dalle soubrette di casa nostra e anche dalle bellone di paese.
Nata quasi come una pratica che legittimava il tradimento femminile si è trasformata ben presto anche in attuazione di coppie di fatto e di matrimoni.
Il ragazzo giovane che intrattiene rapporti e relazioni con donne più mature spesso sfrutta e viene a sua volta sfruttato: le donne possono divertirsi con muscoli potenti e visetti d'angelo, portarli in giro per fare invidia alle "amiche" e farsi fotografare per ritornare all'apice di un successo ormai sfuocato; i ragazzi-giocattolo guadagnano in notorietà, passano dall'essere un belloccio qualsiasi all'essere fermato, riconosciuto, fotografato e soprattutto mantenuto ad uno standard di vita molto alto. I toy boy vengono rivestiti da capo a piedi come veri bambolotti, a seconda delle varie occasioni mondane, vengono ingioiellati, profumati e spesso messi alla guida di costose auto. Siamo nell'era di Ken e della mamma di Barbie. Siamo nell'era della totale perdita dell'innocenza e della volontà di abbandonare l'idea di parità nella coppia, quella per cui si è combattuto, almeno a parole, per anni.

La commedia del 2009 firmata David Mackenzie ritrae questo aspetto piuttosto recente della società, in particolare nella ricca Beverly Hills. Faccia pulita, sorriso malizioso, modi gentili, sguardo innocente e furbo allo stesso tempo, fisico atletico e look originale: si presenta così Nikki, il protagonista di questo film. La sua andatura emana sicurezza, ma fin dalle prime scene e dalle prime battute scopriamo qualche crepa in questa esteriore corazza. Nikki non è il solito ragazzo viziato nato e cresciuto in una villa delle colline del West Hollywood o di Santa Monica; è un giovane che viene da un altro stato alla ricerca di un po' di fortuna e di ricchezza. Il giovane protagonista sembra sentirsi a proprio agio tra party esclusivi e persone appartenenti all'upper class e l'ambiente stesso sembra offrirgli una calorosa ospitalità.
Nikki sarà ben accolto da giovani ragazze smaniose di divertirsi senza inibizione, ma soprattutto, e queste sono le tipologie femminili da lui ricercate, dalle cosiddette "couguar women": signore di mezza età avvenenti che si accompagnano a uomini più giovani e affascinanti. Vivrà periodi più o meno lunghi soggiornando in splendide ville con piscina, idromassaggio, camerieri, guardaroba straripanti di abiti glamour e partecipando agli eventi più esclusivi della contea.
Il nostro avventuriero però capirà presto di non essere l'unico a giocare con i sentimenti e si ritroverà più spaesato che mai, cercando di dovere reinventare la propria realtà per continuare a soggiornare in uno dei luoghi più sognati da ogni essere umano al mondo. Nikki scoprirà i veri sentimenti e si sentirà a sua volta usato proprio nel momento in cui tenterà di mettersi in gioco, nonostante tutto riuscirà, con apparente calma, a rimettersi in piedi e ricercare quella felicità che in America è un diritto nazionale.
Nikki è un po' il ragazzo di confine tra il sognatore e il predatore, ed alla fine farà la propria scelta di vita.

Il regista di "Follia" si affida allo sceneggiatore Jason Hall  per raccontarci questa storia, che sicuramente avrebbe potuto essere più avvincente se non si fosse soffermata eccessivamente in scene ripetute di sesso e in dialoghi che rilevano fin troppo la vacuità dell'ambientazione. Bella e glamour la fotografia firmata Steven B. Poster, così come adeguate e scelte accuratamente le musiche della colonna sonora da parte di John Swihart.

La commedia richiama alla memoria alcune scene dei romanzi di Bret Easton Ellis come "Meno di zero", "Le regole dell'attrazione" o "Lunar Park"; peccato però che lo script di Hall non riesca mai a toccare quelle vette. La mancanza di originalità non è di per sé un difetto. I problemi sorgono quando le interpretazioni del cast risultano poco stimolanti, a partire dal protagonista, scelta non casuale, interpretato da Ashton Kutcher.

"Toy Boy" è una lunga sequenza di scene che accumulano elementi di interesse ma non curati. Delude in quanto ripetitivo, troppo artefatto nella messa in scena e perché privo di momenti di particolare esaltazione. Inoltre il titolo lascerebbe presupporre una più approfondita indagine su questo comportamento contemporaneo di uomini e donne.

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Recensione a cura di foxycleo - aggiornata al 02/07/2010 16.26.00

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