Recensione would you rather regia di David Guy Levy Usa 2012
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Recensione would you rather (2012)

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locandina del film WOULD YOU RATHER

Immagine tratta dal film WOULD YOU RATHER

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Immagine tratta dal film WOULD YOU RATHER

Immagine tratta dal film WOULD YOU RATHER
 

La giovane Iris, rimasta orfana, deve badare al fratello malato terminale Raleigh, che ha bisogno di cure mediche per sopravvivere, almeno per un po', con la sua condizione. Eppure Iris è maledettamente povera, non ha soldi, non ha un lavoro e non può aiutare in nessun modo il fratello, perciò il miliardario Shepard Lambrick la invita a partecipare ad un gioco, di sera, promettendole, nel caso vincesse, un'altissima somma in denaro.

Sono le 8 di sera. Iris giunge entusiasta nella casa dove Shepard le aveva dato appuntamento e qui incontra gli altri "concorrenti". Dopo qualche presentazione, tutti si siedono a tavola e la cena viene fornita. Lambrick, detto anche Bevans, è seduto a capotavola e mostra da subito un atteggiamento prepotente e minaccioso nei confronti degli ospiti. Qualcuno si ribella, rifiutandosi di obbedire ai suoi ordini e così... PFF... (qualche urla di indignazione)... lo sparo di una pistola ed un cuore che smette di battere.

Appare chiaro che non si tratta di una semplice gara fra poveri, ma di un gioco con la vita e la morte. Bevans dà il via al divertimento e uno ad uno i concorrenti vengono sottoposti a torture di vario tipo. Se rifiutano di seguire gli ordini oppure tentano di fuggire, vengono colpiti. E così non hanno altra scelta, devono fare ciò che vien detto loro. Anche le cose più crude. E il tutto per accaparrarsi il primo posto, vincere, ed uscire vivi da quell'incubo.

Lucas fa presto amicizia con Iris e sedutole accanto cerca sempre di aiutarla e di risparmiarle le sofferenze più grandi, inoltre fra alcuni concorrenti iniziano a sorgere litigi in particolare fra Linda, la tenera e buona anziana sulla sedia a rotelle e la più giovane Amy, spocchiosa ed acida. Il gruppo pian piano si frammenta, molti non resistono alle torture e muoiono dissanguati, alcuni non sono più in grado di partecipare perché sono fisicamente feriti o moribondi e non possono neanche reggersi sulla sedia. Il gioco si fa sempre più duro e la vita di ognuno è legata ad un filo. Tutto dipende dalla scelta, dal coraggio. In questa guerra fra poveri, il denaro è l'unico traguardo.

"Would you rather" è il titolo del film ed è anche l'esordio della domanda del torturatore psicopatico di turno. Significa "preferiresti" e pone la scelta fra due alternative, una peggio dell'altra. Il concorrente si trova costretto a dover scegliere fra le alternative in un lasso di tempo di 15 secondi e spesso e volentieri prende le decisioni sbagliate, mettendo a repentaglio la propria vita o la vita degli altri.

Inutile dire che film del genere son stati proposti in tutte le salse. Ci pensò James Wan, nel 2004, a ideare il primo torture reality, "Saw", passato alla storia cinematografica soprattutto per la grande saga a cui ha dato origine. Pensiamo oppure a "Hostel" o a "Are you scared", altri torture dell' ultimo decennio, che, chi più chi meno, hanno scosso l'attenzione del pubblico, non solo americano ma anche europeo.

Comunque in questo "Would you rather" salta subito all'occhio il low budget. Ora, senza entrare troppo approfonditamente nel merito della questione, il regista ha deciso di focalizzarsi su un unico set, la sala da pranzo, dove i concorrenti sono sottoposti alle torture. Scelta condivisibile o meno, ma che mostra la scarsa attenzione per l'elemento scenografico in generale e una maggiore focalizzazione sulla descrizione psicologica e sociale dei personaggi e su alcuni aspetti di denuncia (di cui parleremo più tardi).

Esatto, sembra quasi che David Guy Levy abbia voluto riprodurre una realtà disagiata, quella dei poveri americani senza uno spicciolo in tasca, mostrando la loro psicologia attraverso il loro modo di agire in situazioni difficili, come questa della cena. I personaggi, messi davanti a decisioni dure da prendere, mostrano la loro vera indole e inevitabilmente prevale in loro l'istinto di sopravvivenza. E' una società individualista, relativistica che agisce in relazione al proprio bene e raramente si preoccupa del bene collettivo. C'è poca solidarietà, in questa guerra fra poveri. Ed è forse per questo che le cose non vanno come dovrebbero. Ad ogni modo è certo che la nostra natura venga fuori proprio nei momenti di difficoltà.

E' questa la denuncia sociale che propugna il regista. Una denuncia sottile, quasi invisibile, ma pur sempre condivisibile. Le torture invece sono ripetitive, sterili. Chi è abituato ai bagni di sangue in "Hostel" o "Saw", si metterà a ridere davanti all'inconsistenza e alla piattezza delle scene gore.
La prima tortura è quella del folgoramento, realizzato praticamente in assenza di effetti speciali; ciò da una parte ne accresce il senso di realismo, ma dall'altra mostra le carenze tecniche della sceneggiatura. La fotografia non è neanche sporca come dovrebbe e l'ambientazione non suscita la giusta sensazione di paura.

Ci sono idee carine come la tortura dell'acqua o della lametta sull'occhio, ma sono tutte sfruttate malino e la fantasia latita in molti momenti. Non annoiano, catturano lo spettatore, lo coinvolgono, ma mostrano anche l'inefficacia e la mancanza di idee.

C'è il giusto livello di sadismo, espresso bene dal villain di turno, che ride e si compiace quando vede i suoi ospiti piangere disperati. E' quel gusto perverso del veder soffrire gli altri, stando in una posizione di arbitro miliardario che, comunque andranno le cose, sarà l'unico vincitore morale della situazione. E' quel sadismo che non si ferma davanti all'immagine tenera della Linda paralizzata, che non è esente dalle torture ed è la più fragile perché ha un'età molto avanzata. E' quel sadismo che vuole colpire le persone con un passato difficile o duro (come l'ubriacone), oppure la stessa Amy, che deve affrontare la prova del barile d'acqua. L'acqua in cui fu soffocata nella vasca da bagno la figlioletta dal marito.

E' difficile valutare nel complesso questo filmetto del nuovo secolo, eppure si propende più per il dare la sufficienza visto che lo scopo primario (quello d'intrattenere) è pienamente raggiunto. Si può dolcemente chiudere un occhio (come ha fatto Lucas), senza ferirsi, sui buchi di sceneggiatura e sull'esilità della trama stessa.

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Recensione a cura di dubitas - aggiornata al 29/04/2013 18.19.00

Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it

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