Recensione come out and play regia di Makinov Messico 2012
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Recensione come out and play (2012)

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locandina del film COME OUT AND PLAY

Immagine tratta dal film COME OUT AND PLAY

Immagine tratta dal film COME OUT AND PLAY

Immagine tratta dal film COME OUT AND PLAY

Immagine tratta dal film COME OUT AND PLAY

Immagine tratta dal film COME OUT AND PLAY
 

Beth (Vinessa Shaw, "Eyes wide shut" e "Quel treno per Yuma") e Francis (Ebon Moss-Bachrach, "I Tenenbaum" e "Stealth-Arma suprema") sono una giovane coppia desiderosa di visitare una sperduta isoletta prima di diventare genitori. Arrivati sul posto si accorgono che non ci sono adulti, ma solo ragazzini. Increduli e meravigliati provano a parlare con alcuni dei bambini per cercare di capire cosa sia successo, ma i marmocchi risultano non solo riluttanti a qualsivoglia tipo di dialogo, ma anche piuttosto... violenti, e renderanno decisamente poco gradevole la giornata di vacanza dei futuri genitori.

Sinossi volutamente breve per lasciare il giusto spazio alle considerazioni su un film che è meritevole di una gustosa visione in compagnia. Molti, leggendo le righe qui sopra, penseranno ad una sorta di "Il signore delle mosche" o "Grano rosso sangue", che non risulterà una considerazione tanto distante dal vero, tranne poi rendersi conto, nell'esplosione di violenza finale, che qui si va ben oltre. Meno raffinato, meno pulito, anche meno nobile, se vogliamo, dei due sopracitati più conosciuti. E la prima, macroscopica, differenza, sta proprio nei terribili protagonisti e nelle loro fattezze: simpatici non lo erano particolarmente nemmeno nelle due grandiose produzioni americane, ma in questo prodotto messicano risultano estremamente brutti, sporchi e cattivi (come direbbe Ettore Scola).

E' d'uopo specificare, intanto, che si tratta di un remake del film del 1976 "¿Quién puede matar a un niño?" di Narciso Ibáñez Serrador, in cui la tensione era addirittura superiore al suo successore, eppure tale Makinov non sbaglia un fotogramma, godendo di una ovvia libertà che negli anni Settanta non era certo concessa.
Scenografia essenziale, tutto girato di giorno per renderlo estremamente chiaro, la visione non deve essere disturbata da nulla. Niente virtuosismi tecnici, niente voli pindarici con la telecamera, niente luci rassicuranti. L' isola di Makinov è volutamente arida, spoglia, non ci sono rumori, non ci sono locali, in un' ora e quaranta l' attenzione deve essere tutta per la situazione assolutamente ingestibile da parte di chiunque.
E sta qui il genio.
O la follia, per chi ha lo stomaco debole e la morale sempre accesa.

Nel proseguo della recensione ci sono elementi di spoiler.

Falliti i primi tentativi di contatto con i piccoli abitanti dell' isola, Francis assiste ad una scena inquietante: un anziano viene preso, tirato, sbattuto in terra, bastonato, e infine ucciso a colpi di pugnale. E' l'inizio del terrore. Le prossime vittime, le ultime rimaste sull'isola, sono proprio lui e sua moglie, che prima cercheranno rifugio in un carcere, poi tenteranno la fuga in macchina sperando di tornare all' imbarcazione con cui erano arrivati, e infine... lo scontro. Ma per quello c'è tempo.

Cosa ha innescato tutto questo processo? Perché i bambini sono cattivi? Chi li guida? Tutte domande la cui risposta sarebbe nel migliore dei casi noiosa, probabilmente la troveremmo banale, sicuramente non accontenterebbe tutti. E allora tanto vale dare ragione alla scelta di Makinov che in pratica non sceglie, ossia di tutte queste domande non gliene importa nulla (e a noi nemmeno, a conti fatti). L' unica scena che in parte prova a razionalizzare uno dei quesiti è quando una bambina, a occhio nudo la più grande, viene "adornata" con una meravigliosa collana fatta di orecchie, nasi e altri ricordini vari. Serve altro? No.

E invece sì, perché la trovata più bella e che giustamente darà ragione di essere alla violenza finale, è quella del "tocco magico" della bambina. E qui occorre un salto indietro. Beth, poco dopo il suo arrivo sull' isola, aveva proprio incontrato la "leader" del gruppo, che le aveva guardato con amore alla pancia poggiandoci sopra l' orecchio e accarezzandola con la mano. Gesti naturali a prima vista. Se non che, durante la fuga in prigione della coppia, quel tocco si rivela letale. Ai primi sintomi di travaglio il neonato inizia ad incattivirsi e uccide la madre (e se stesso, ovviamente) dall' interno.
Da qui il fantastico finale, a cui serve però un piccolo incipit.

Quante volte ci siamo trovati a cena e vicino a noi un ragazzino con le mani unte ci ha toccato la camicia appena stirata? Chi non è mai stato svegliato dopo una settimana di lavoro dalle urla di pargoli cantanti e saltellanti? Cosa infastidisce di più di un bambino che vuole raccontare a orecchie già stanche le sue irreali, scontate e balbettate avventure a scuola? E poi le urla al ristorante o in treno di qualche marmocchio maltenuto a bada da genitori incauti, le lamentele a voce alta in posti già di loro fastidiosi come autobus o metro, e così via dicendo...

Ecco, questo è il film che libera la vera natura umana. La vendetta su questi soprusi centenari. Francis si ritrova senza moglie e senza figlio, e pur di andarsene da quel posto, accetta lo scontro fisico sul molo. Pugni, calci, mazzate, ragazzini lanciati ovunque, uno addirittura preso a colpi di remo sulla faccia pur di toglierselo di dosso. Violenza pura contro quei piccoli mostri dalle facce decisamente fastidiose. Proprio quando sembra fatta, ecco che il destino si diverte: arriva una sorta di guardia costiera che, davanti quella scena, altro non può fare che sparare all' unica vittima del film. Scende a terra, poggia l' arma, e quella è la sua ultima stupidaggine. Uno dei bambini la raccoglie e, ovviamente, gli spara!

(Così impara a sottovalutare l'unica regola presente nell' isola, che così recita: "L'unico bambino buono, è un bambino morto!")

Applausi.

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Recensione a cura di marcoscafu - aggiornata al 18/07/2013 16.15.00

Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it

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