Recensione cover boy - l'ultima rivoluzione regia di Carmine Amoroso Italia 2005
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Recensione cover boy - l'ultima rivoluzione (2005)

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locandina del film COVER BOY - L'ULTIMA RIVOLUZIONE

Immagine tratta dal film COVER BOY - L'ULTIMA RIVOLUZIONE

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Sul finire del 1989 la Romania visse le sue giornate più tragiche che culminarono nella caduta del regime di Nicolae Ceausescu (evento cui fa riferimento il sottotitolo "L'ultima rivoluzione"), il conducator che non era riuscito a sviluppare il paese e aveva offuscato tutto sotto il culto della personalità.
Anche se non si saprà mai con certezza cosa sia stata veramente la rivoluzione rumena - se un colpo di Stato, una rivolta di Palazzo o una vera rivoluzione popolare - l'abbattimento e la fine del tiranno stalinista Nicolae Ceausescu e della sua polizia politica (la tristemente nota Securitate) hanno e continueranno ad avere moltissimi lati oscuri. L'evento è diventato l'emblema drammatico tra l'utopia ideologica e la sua concreta attuazione: i sogni dell'egualitarismo rivoluzionario si sono infranti nella realtà della storia e l'ideale comunista si è arreso al consumismo occidentale consegnando molti alla flessibilità,alla precarietà e all'insicurezza esistenziale.

Nella Bucarest di quei giorni visse la sua maturazione personale Ioan, un bambino di 11 anni, che di quella notte di cruciali avvenimenti porta ancora negli occhi la dolorosa immagine del padre, ucciso mentre tentava di soccorrere per strada una donna ferita, e nell'animo i segni di una rivoluzione tradita che si coniuga ancora con il sogno costante di un futuro diverso. Per realizzare il suo sogno Ioan, diventato adulto, accetta la proposta di un amico di lasciare insieme a lui il paese e partire alla volta dell'Italia in cerca della proverbiale "vita migliore" soltanto che, durante un controllo alla frontiera, l'amico viene trovato senza documenti e bloccato dalla polizia di confine. Ioan si ritrova, così, da solo in una Roma sconosciuta e ostile, senza permesso di soggiorno e nella necessità di sfuggire ai controlli della polizia.
Spaesato, senza un euro in tasca, con scarsissima conoscenza della lingua italiana si trova costretto ad aggirarsi intorno e dentro la stazione Termini, a dormire sui pavimenti sotto le pensiline fino all'incontro con Michele, un ragazzo abruzzese poco più grande di lui, emarginato e sconfitto (quanto, se non più di lui) che si barcamena tra un lavoro con contratto a termine (che regolarmente non verrà rinnovato) e una padrona di casa che lo tiranneggia e alla quale non sa come pagare l'affitto. Due mondi che si incontrano, destinati a incidere l'uno nella vita dell'altro, un incontro che cambierà per sempre le loro vite: diversi eppure eguali, assimilati come sono dall'emarginazione e dalla precarietà del loro futuro.
Superati i primi momenti di diffidenza, soprattutto da parte dell'italiano aggrappato ai pregiudizi sugli immigrati delinquenti e ladri di posti di lavoro, Michele offre al ragazzo ospitalità nel suo squallido monolocale in cambio di pochi euro, che lo aiuteranno a pagare la pigione all'esosa proprietaria dell'alloggio (un'attrice fallita), e di un po' di calore umano che ben presto si trasforma in un sentimento molto più profondo, che cova inespresso, fragile e irrisolto. Una tentazione omoerotica difficile da sostenere in un contesto di disagio sociale, che limita l'espressione dei propri sentimenti e impedisce di vivere serenamente la propria sessualità.

Entrambi ai margini della società, vivono la precarietà delle loro giornate con un senso di ineluttabile fatalità che sa di resa incondizionata ma che li tiene aggrappati all'essenza della vita. Cominciano a girare per le strade di Roma a bordo della vecchia e malmessa Vespa di Michele e si concedono una gita al mare di Ostia. Memorabile e sintomatica la scena del bagno in mare quando, entrambi nudi, Michele cerca di insegnare a Ioan a nuotare oppure la scena della doccia o anche quella in cui vediamo Michele osservare Ioan dormire. Queste scene fanno capire che i sentimenti di Michele verso il ragazzo non sono più soltanto di amicizia.
Sognano una immigrazione alla rovescia, dall'Italia alla Romania, dove fantasticano di aprire un ristorante italiano, "Da Ioan e Michele", sul delta del Danubio. "Il posto più bello del mondo", almeno a detta di Ioan.

Succede poi che a Michele non viene rinnovato il contratto presso l'impresa di pulizie per cui lavora e Ioan, in seguito ad un controllo dell'Ufficio del Lavoro, deve scappare dall'officina dove era stato assunto in nero come meccanico.
Trovano lavoro come lava-macchine in una stazione di servizio dove Michele, che per farsi assumere si è fatto passare per rumeno, sperimenta sulla propria pelle la condizione dell'immigrato ed è costretto a subire le angherie xenofobe di un cliente insoddisfatto del suo lavoro, al quale rovescia addosso il secchio dell'acqua con lo shampoo usato per lavare l'auto. Perso entrambi il lavoro a causa di quell'azione, Ioan incontra casualmente il suo amico rumeno, che intanto è riuscito ad entrare in Italia e a raggiungere Roma, il quale gli propone di entrare nel giro dei gigolò per soli uomini, come già fa lui, prospettandogli la possibilità di lucrosi guadagni. La sua integrità morale e la sua pulizia interiore gli impediscono di accettare questi bassi compromessi.
Il sodalizio con Michele rischia di interrompersi del tutto quando, un giorno, la sua faccia pulita e il suo sguardo dolce e spaesato vengono notati da una fotografa di moda, Laura, che gli scatta alcune foto. Laura lo invita a seguirla a Milano, per portarselo a letto e inserirlo come fotomodello nel dorato mondo della moda, facendolo diventare un apprezzato "Cover boy", un ragazzo copertina. Molto bella la scena dell'addio a Michele, che non sa trattenere la commozione per quella separazione che lo precipita nuovamente nel deserto dei suoi sentimenti.

Ma il fotomontaggio di una sua foto, scattatagli da Laura nell'intimità della loro camera, sovrapposta ad una scena di quella tragica rivoluzione – della quale ancora porta negli occhi le cruenti immagini di quella fatale notte - usato cinicamente per un manifesto pubblicitario affisso nel salone dove si sta svolgendo la festa per l’inaugurazione della campagna pubblicitaria, gli fa capire l'errore commesso quando ha scambiato per amore il sentimento utilitaristico della donna, che usa il suo corpo facendone oggetto di mercificazione.
Deluso e profondamente offeso nella dignità trova la forza di rivolgersi a Laura lanciandole uno sdegnato "vergognati" e poi, risalito sulla sua vagheggiata Mercedes - comprata d'occasione con i soldi guadagnati con la sfilata - si dirige alla volta di Roma per tornare a casa dal suo amico Michele.
Ora il sogno si intreccia con la realtà: vediamo Ioan e Michele arrivati sul delta del Danubio, quasi a significare la realizzazione del loro sogno; poi vediamo Ioan da solo e allora capiamo cosa è successo veramente nella camera di Michele (che intanto aveva perso nuovamente il lavoro) quella sera che Ioan aveva telefonato alla padrona di casa affinché lo avvertisse che stava tornando.

Assolutamente realistico, tra il cinema proletario alla Ken Loach e le degradate periferie pasoliniane dove si consumano i sogni e la realtà si colora dei drammi della vita, il film affronta quel genere di malessere sociale che accomuna le generazioni attuali e che nasce dalla deprivazione affettiva, dalla precarietà del lavoro, dall'aridità dei sentimenti, da un futuro che non si può ipotecare e sentimenti che non si possono esternare.
Il film è la storia di un'amicizia tra due esseri resi inermi dalle difficoltà materiali e dalle reticenze esistenziali ma è anche la denuncia del dramma dell'immigrazione clandestina, che costringe ai margini della società tanti disperati alla disperata ricerca di condizioni di vita migliori.
Scritta e diretta da Carmine Amoroso, con stile asciutto e senza retorica, quest'opera seconda ha il pregio di coniugare il privato con il sociale, fondendoli in una lucida analisi della realtà attuale in cui flessibilità e precarietà, ma anche immigrazione e clandestinità, fanno del sottoproletariato una realtà investita in pieno dalla crisi del lavoro, che si ripercuote sulla loro sfera affettiva e relazionale. Una generazione quanto mai confusa e spaesata, che non ha più certezze e nessuna aspettativa per il futuro.
Questo aspetto narrativo si fonde e si integra con il problema dell'immigrazione, mettendo in luce le difficoltà, le discriminazioni, lo sfruttamento, l'isolamento (e ora anche la cattiveria), nei confronti di coloro che definiamo "stranieri extracomunitari". Atteggiamenti che si ripercuotono in tutta una serie di atti comportamentali che portano alla criminalizzazione collettiva e generalizzata dell'intera collettività di umiliati e offesi dalla vita e dalla storia, per cui tutti gli immigrati rubano, stuprano, sporcano, rubano lavoro (che nessuno vuole fare).
Il tutto intriso in quell'alone misterioso, taciuto e vibrante, rappresentato dall'intensa storia di amicizia virile che risveglia in Michele una sottaciuta, timida e forse non del tutto accettata tentazione omosessuale, repressa da quel disagio esistenziale e materiale che impedisce di vivere pienamente la sessualità, quando i sogni devono lasciare il posto alle esigenze materiali.

Tutta questa struttura narrativa è resa da Carmine Amoroso con toni soffusi e impalpabile stile drammaturgico - che fotografa uno scorcio di società che si preferisce rimuovere dalla coscienza - resi ancora più vibranti grazie alla convincente recitazione dei due attori protagonisti: Eduard Gabia e Luca Lionello. Il primo, Eduard Gabia, un danzatore rumeno alla sua prima esperienza come attore, che ha imparato l'italiano appositamente per interpretare il film, conferisce spontaneità misurata e stranita innocenza al personaggio di Ioan, tratteggiando una figura ingenua e malinconica, ma forte e determinata nell'affermare i suoi principi e la sua pulizia morale.
Il secondo, un sorprendente Luca Lionello, offre una performance straordinaria nell'interpretare la figura del disadattato italiano (lui si definisce "straniero in patria"), precario e sconfitto dalla vita e nei sentimenti, sentimenti che prova a nascondere nelle pieghe della sua individualità e del suo temperamento.
Accanto a loro due figure femminile molto ben caratterizzate: la padrona di casa (un' autoironica Luciana Littizzetto), attrice frustrata e fallita, che rimane simpatica anche quando fa la perfida e la fotografa di moda, Chiara Caselli, non nuova nel cercare di separare coppie maschili (Belli e dannati), forse l'unico personaggio un po' troppo stereotipato, ma necessario allo svolgimento della storia.

Alla fine "Cover boy" rimane un'opera che ci grida in faccia una misconosciuta verità e che dimostra come sensibilità e talento possono ampliare il panorama asfittico del cinema italiano contemporaneo.

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Recensione a cura di Mimmot - aggiornata al 06/03/2009

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