Recensione il giardino delle delizie regia di Silvano Agosti Italia 1967
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Recensione il giardino delle delizie (1967)

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locandina del film IL GIARDINO DELLE DELIZIE

Immagine tratta dal film IL GIARDINO DELLE DELIZIE

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"Ho fatto questo film per consigliare a uomini e donne di non convivere nella stessa casa, soprattutto se si amano."
(Silvano Agosti)

"Il giardino delle delizie" è il film d'esordio di Silvano Agosti e risale al 1967. Il giovane Agosti ne cura soggetto, sceneggiatura e montaggio. Le musiche sono invece del maestro Ennio Morricone. "Il giardino delle delizie" di Hieronymus Bosch, un trittico a olio su tela della fine del Quattrocento che dà il titolo al film, diviene qui l'inferno del matrimonio.
L'opera finita aveva una lunghezza di circa 90 minuti; dopo essere passata per le forbici della censura, la lunghezza si è ridotta a circa 70 minuti. I tagli pare siano stati voluti dal Vaticano e la motivazione è palese: oltre a scagliarsi contro l'istituzione del matrimonio, Agosti si scaglia qui anche direttamente contro la Chiesa cattolica, l'istituzione religiosa per eccellenza. La censura risulta alquanto inutile per fermare l'accusatoria di Agosti, il film non sarebbe dovuto proprio uscire; i propositi del regista infatti, si manifestano in ogni singola scena. Tra Fellini e Pasolini ma con uno stile molto personale, come sarà tutto il cinema di Agosti, il film descrive l'alienazione in cui vivono gli esseri umani.

I protagonisti sono due novelli sposi in viaggio di nozze, Carlo e Carla (che i due nomi uguali stiano a sottolineare ulteriormente una spersonalizzazione?). Il loro è un matrimonio 'obbligato', lei è incinta e sono entrambi dei giovani di estrazione borghese, un matrimonio convenzionale, per non dare scandalo, per non turbare la morale comune. Carlo, a differenza di sua moglie, è inquieto. Alla domanda di lui sul perché legarsi a doppio filo per tutta la vita, la ragazza risponde candidamente: "Non lo so, ma se si è sempre fatto vuol dire che un senso c'è".
Durante la notte Carlo è preda di sogni e ricordi della sua infanzia. Ecco che l'accusatoria di Agosti si fa fortissima. Vengono via via, attraverso i ricordi di Carlo, smascherate l'ipocrisia e la violenza che si nascondono dietro le più diffuse istituzioni: Chiesa, scuola e famiglia. Inoltre viene evidenziata la paradossale e violenta morbosità sessuale degli esponenti di queste istituzioni: il padre che costringe la madre ad un rapporto sessuale forzato, il prete che dà a Carlo una carezza molto ambigua subito prima di schiaffeggiarlo e infine la traumatica esperienza scolastica in cui Carlo è vittima delle avances sessuali di un suo maestro. Attraverso gli occhi del bambino, Agosti fa letteralmente a pezzi il falso e malato mondo degli adulti, i quali si arrogano il diritto-dovere di educare. Come cantava Gaber: "Non insegnate ai bambini / non divulgate illusioni sociali / non gli riempite il futuro / di vecchi ideali / l'unica cosa sicura è tenerli lontano / dalla nostra cultura."
Agosti mostra anche come, educati in maniera violenta, i bambini divengano a loro volta violenti con i più deboli. Carlo infatti ricorda i maltrattamenti che, durante l'infanzia, riservava alla sua sorellina.

In preda a questi ricordi, che si fanno sempre più vividi, Carlo lascia la stanza in cui c'è la moglie che dorme e commette adulterio con una donna che alloggia in una stanza vicina. Enigmatica la figura di questa silenziosa donna dai capelli neri, che si contrappone alla bellissima moglie bionda. Questa donna non è altro che un mezzo di liberazione, un mezzo per vivere una sessualità finalmente liberata da vincoli e quant'altro; Carlo e questa donna, l'uno sconosciuto all'altra, entrambi vogliosi solo di comunicare attraverso il sesso. Un tema che verrà ripreso anni dopo da Bertolucci nel celeberrimo "Ultimo tango a Parigi". Ma forse Agosti vuole mostrare come questi rapporti siano solamente una valvola di sfogo per le frustrazioni del quotidiano: Carlo infatti prima di copulare, schiaffeggia violentemente la sconosciuta.

Come sottolinea in una sua recensione al film Stéphane du Mesnildot: "Di fatto, l'albergo de "Il Giardino delle delizie" è identico a quello de "Il silenzio" di Bergman, un palazzo assediato dalla morte e dalla follia. La macchina da presa di Agosti si avvicina ai corpi e ai volti nell'oscurità fino ad alterare qualsiasi riconoscibile fisionomia umana."
Proprio Bergman, ammiratore di questo film, incoraggiò Agosti quando, scoraggiato dalla censura, meditava di non proseguire la carriera cinematografica.

Due parole, direttamente dalla bocca di Silvano Agosti, sull'attore protagonista, l'ottimo Maurice Ronet: "Mi è tornato alla mente il giorno in cui sono andato in autostop a Parigi, ho suonato al campanello di questa star della Nouvelle Vague Maurice Ronet, che avevo visto in "Fuoco Fatuo" di Luis Malle. "Sono venuto a dirti che sei il protagonista del mio primo film." Gli ho detto quando è apparso sorridente alla porta. "Ah, è importante che io lo sappia...". Mi ha sussurrato sempre sorridendo."

Nonostante la censura subita e la scarsa attenzione ricevuta in patria, questa pellicola fu scelta come uno dei dieci migliori film dell'anno all'esposizione universale di Montreal del 1967. In giuria, tra gli altri, c'erano Renoir, Lang, Rocha e Ford.
Fin dal suo esordio il cinema di Agosti sarà relegato alla "clandestinità", come lui ama definire la sua condizione. Una clandestinità che gli ha però permesso di girare tutti i suoi film in piena libertà e autonomia e di aprire un suo cinema a Roma ove proietta, oltre ai suoi lavori, tutti i grandi capolavori del cinema.

"Il matrimonio è un'invenzione del Principe, il quale si è accorto che gli schiavi morivano e ha detto: "Come faccio, devo ogni volta fare una guerra per procurarmi nuovi schiavi? Allora li chiamerò servi e gli darò il diritto di avere una donna, UNA, non più di una, che lui chiamerà moglie e con questa moglie lui dovrà riprodurre gli schiavi."
Questo ha detto da secoli il Principe e lo sta dicendo ancora. Naturalmente lui, il Principe, aveva un territorio d'amore, aveva anche la donna con la quale fare i figli, aveva anche la favorita, aveva l'amante,... Poi, a un certo punto, il servo si ribellò e allora disse:
"Va bene, ti chiamerò cittadino, avrai diritto anche ad andare, nella vergogna, con altre donne e dovrai pure pagarle. Puoi andare anche con le puttane!"
E lui pian piano, con la coscienza storica, ha detto:
"Beh però te...!"
"Va bene dai, ti chiamerò elettore! Anzi, pensa che sei tu che determini il mio destino! Puoi andare anche con altre donne, però UNA PER VOLTA! Abbandoni la prima moglie e ne sposi un'altra." Così nacque il divorzio. Questo è il percorso del matrimonio.
Il matrimonio è semplicemente un risparmio di carabinieri, nel senso che uno fa la guardia all'altro. Qual è il problema strutturale? Non è neanche proprio nell'elemento 'matrimonio', ma nella convivenza.[...] Si crea una giungla di dipendenze che pian piano fanno sì che lui, il marito, impara a mentire e lei, e la moglie impara a sopportare."

(Silvano Agosti)

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Recensione a cura di Compagneros - aggiornata al 04/04/2011 16.16.00

Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it

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