Recensione le ali della liberta' regia di Frank Darabont USA 1994
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Recensione le ali della liberta' (1994)

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locandina del film LE ALI DELLA LIBERTA'

Immagine tratta dal film LE ALI DELLA LIBERTA'

Immagine tratta dal film LE ALI DELLA LIBERTA'

Immagine tratta dal film LE ALI DELLA LIBERTA'

Immagine tratta dal film LE ALI DELLA LIBERTA'
 

"Alcuni uccelli non sono fatti per la gabbia...sono nati liberi e liberi devono essere; e quando volano via ti si riempie il cuore di gioia perché sai che nessuno avrebbe dovuto rinchiuderli, anche se il posto in cui vivi diventa all'improvviso grigio e vuoto senza di loro!"

Con queste parole Red (un immenso Morgan Freeman) commenta l'evasione capolavoro dell'amico Andy Dufresne (Tim Robbins) dal carcere di massima sicurezza di Shawshank in cui era recluso da più di vent'anni.
Andy, bancario di mezza età, ingiustamente condannato all'ergastolo per l'omicidio della moglie, vede la sua vita finire di colpo e rinascere lentamente fino ad una vera e propria redenzione (da qui il titolo del romanzo originale di Stephen King "The Shawshank Redemption").
In carcere subisce ogni tipo d'angheria, riuscendo sempre a sopravvivere alle sevizie delle "nonne"; ma pian piano lo spirito remissivo e l'apatia che nei primi anni di carcere imprigionavano l'anima di Andy spariscono e la sete di libertà prende il sopravento.
Andy stringe una forte amicizia con un carcerato di colore, da tutti chiamato Red e guadagna il rispetto degli altri carcerati e dei secondini, alcuni dei quali sono dei veri aguzzini al servizio dello spietato direttore Samuel Norton (impersonato da Bob Gunton).

In tutti gli anni passati in carcere Andy non ha fatto altro che progettare pazientemente la sua fuga, mostrando intanto uno spirito intraprendente e assolutamente risoluto che oltre a dargli una ragione per vivere ha realmente migliorato i suoi amici carcerati con tante piccole e grandi trovate che spesso gli hanno causato non pochi problemi.
L' imprevedibile epilogo dell'opera è assolutamente meraviglioso, un tripudio d'immagini e musiche che libera lo spettatore dalla sensazione claustrofobica maturata in tutto il corso del film, regalandogli emozioni fortissime.
Tema centrale dell'opera è sicuramente la speranza, sentimento che guida la maggior parte degli uomini e ancora di più coloro che si trovano costretti tra le quattro mura di una cella per decenni, vedendo la propria esistenza perdere senso giorno dopo giorno; la speranza, che spesso si manifesta proprio nei posti più tristi, più infelici, salva prima Andy e poi lo stesso Red, che prima di conoscerlo non avrebbe mai creduto di poter uscire dal carcere e vivere gli ultimi anni della sua vita da uomo libero.

La struttura narrativa dell'opera basata sulle visioni soggettive dei due co-protagonisti, Andy e Red, è sicuramente azzeccata: dare voce ai pensieri, alle sensazioni agli sguardi in un posto che ti toglie la voglia di parlare aumenta ancora di più la confidenza con lo spettatore.
Quello che sorprende in quest'opera, non è soltanto la profondità del tema trattato (le vicende di un uomo innocente in carcere sono state spesso trattate dal cinema americano e non), quanto la varietà di vie proposte che possono portare l'uomo inaridito dalle brutture della vita a riaprire gli occhi e guardare oltre... oltre una finestra di un carcere, oltre una siepe "che da tanta parte de l'ultimo orizzonte il guardo esclude".
"Le ali della libertà" diventa un emblema del riscatto morale prima e sociale poi (come esprime chiaramente nel titolo originale del romanzo con la parola redenzione), un'esaltazione della seconda possibilità che è offerta a colui che sbaglia. E' anche un avvertimento: mai fidarsi dell'apparenza!
Inizialmente Andy sembra essere un uxoricida e invece, solo nel finale si scopre che è assolutamente innocente.

Pensiamo poi al carcere stesso che non è altro che un'allegoria delle apparenze; il regista lo fa capire subito con la bellissima inquadratura iniziale: la macchina da presa partendo dal basso sembra mostrarci un comune palazzo di fine 800, ma salendo in veduta aerea si rivelano gradualmente dietro la facciata gli elementi dell'istituzione carceraria (detenuti, secondini, celle).
In molti altri momenti il regista Darabont gioca sull'apparenza: durante il pranzo Andy trova un verme nel suo piatto e il bibliotecario Brooks glielo chiede; tutto fa pensare che voglia mangiarselo e invece si scopre sarà il pranzo dell'uccellino che nasconde nel taschino della sua giacca oppure quando Red, in liberta vigilata fissando la vetrina di un negozio di pistole ci fa credere di volersi suicidare e invece intende semplicemente acquistare una bussola per raggiungere il suo amico fuggitivo.
L'ambientazione carceraria non è altro che una riuscita metafora della vita e dell'Uomo, il carcere visto come prigione interiore che inaridisce l'anima umana fino alla dissoluzione.
Solo la luce della speranza può illuminare il cammino che porta alla redenzione dalle proprie colpe e infine alla libertà!

Ciò che rende davvero preziosa questa pellicola, non è semplicemente l'esaltazione della speranza in quanto tale, ma soprattutto l'esaltazione delle meraviglie che rendono la vita degna di essere vissuta, come l'amicizia sincera e al tempo stesso virile tra due uomini diversi accomunati dalla medesima fortuna avversa.
E' anche un gesto d'amore verso le arti nobili, la letteratura, la musica, il cinema e la cultura in ogni suo aspetto. Pensiamo a quando Andy dall'ufficio del direttore Norton diffonde le note de "Le Nozze di Figaro" di Mozart regalando a tutti i carcerati alcuni momenti d'estasi: nessuno di loro sapeva cosa stesse ascoltando, ma ciascuno immaginava in quella voce soave le parole più belle che potevano esistere.
Va considerato inoltre l'impegno profuso in tutti gli anni di detenzione da Andy per espandere e completare la biblioteca del suicida Brooks e far diplomare Tommy, il giovane scapestrato di cui si è preso cura fin dall'inizio.
Dulcis in fundo il poster di Rita Hayworth, che in sé "nasconde" il segreto del film, non è altro che un omaggio sentito al grande cinema autore.

Tutti questi ingredienti sono miscelati dalla sapiente regia di Darabont che trasporta lo spettatore dentro il carcere e lo costringe a provare le stesse sensazioni del protagonista fino al limite ultimo e quando sembra che non ci sia più speranza avviene la Redenzione che porta ad una nuova vita, in cui l'uomo perde ogni sembianza di ciò che era prima e inizia una seconda esistenza.
Tutte eccellenti le interpretazioni degli attori, dove spiccano per intensità Tim Robbins e Morgan Freeman che, sostenuti da una sceneggiatura impeccabile e studiatissima, offrono una delle loro migliori performance.
Insomma un'opera indimenticabile, toccante e a suo modo catartica, un emblema di come la speranza sia davvero l'unica cosa irrinunciabile dell'animo umano, ciò che rende la vita degna di essere vissuta fino in fondo.

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Recensione a cura di Antonio Cocco - aggiornata al 19/02/2007

Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it

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