Recensione l'ultimo terrestre regia di Gianni Pacinotti Italia 2011
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Recensione l'ultimo terrestre (2011)

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locandina del film L'ULTIMO TERRESTRE

Immagine tratta dal film L'ULTIMO TERRESTRE

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Immagine tratta dal film L'ULTIMO TERRESTRE

Immagine tratta dal film L'ULTIMO TERRESTRE
 

Quella italiana è al solito una situazione a se stante. Ogni qualvolta ci si ritrova davanti ad una pellicola meritevole - o tale anche solo in apparenza - risulta necessario procedere per sottrazione. Bisogna sottrarre, nello specifico, la percentuale di entusiasmo post-visione dovuta all'essersi trovati davanti una proposta insolita per il nostro cinema. Il classico "interessante, se si considera che è italiana".
È frustrante ma al tempo stesso inevitabile, perché strettamente correlato alle aspettative, che proprio in quanto tali sono ingovernabili. Si creano, settandosi su livelli molto bassi quando si tratta di un film di genere italiano, e se quest'ultimo è anche solo sufficiente vien fuori qualche complimento di troppo. È parere di chi scrive che l'esordio alla regia di Pacinotti rientri pienamente nel quadro appena descritto.

Quella raccontata è la storia di Luca Bertacci (Gabriele Spinelli).
Abbandonato dalla madre in tenera età è ancora alle prese con la gestione del trauma e delle sue conseguenze. Vive tra il suo lavoro al Bingo, qualche visita al padre e qualcun'altra alle prostitute. Innamorato della sua vicina e in attesa, come tutti, dello sbarco annunciato degli alieni sulla terra.
"L'ultimo terrestre" è Luca Bertacci.
Al netto del protagonista, infatti, si fa fatica a trovare aspetti capaci di sostenere la pellicola. Ce ne sono, ma fini a se stessi, quali alcune scelte tecniche singolarmente prese, o altre che comunque ruotano attorno al personaggio principale.
È in particolar modo la sceneggiatura a non mostrarsi interessante in termini di evoluzione: non mostra, né suggerisce, né avrà al termine un punto d'arrivo che dia una direzione. E se c'è è davvero molto debole. Sembra quasi che Pacinotti abbia investito tutto il suo impegno nel personaggio e nel risultato tecnico-estetico, non preoccupandosi di rendere interessante quanto raccontato.

Questo suo esordio funziona, ma non a caso solo nel suo aspetto più leggero; aspetto, ad onor del vero, particolarmente riuscito. Resta tuttavia il limite di cui si sta scrivendo. A funzionare infatti è sempre e solo il protagonista. A ruotargli attorno sono personaggi che verrebbero facilmente confusi con della tappezzeria di terz'ordine, se l'apprezzabile fotografia non risaltasse le ambientazioni quel tanto che basta per sventare la mimetizzazione.
I colleghi di Luca non sono semplicemente anonimi, sono a tratti irritanti, perché spesso forzati e costruiti; L'americano, addirittura, mostra a più riprese il gesto di sistemarsi la cravatta accompagnato da un suono di autocompiacimento, quasi fossimo in un programma televisivo in cui il comico deve rendersi riconoscibile con una sorta di slogan. La vicina, invece, è solo una figura utile alla storia e non restituisce assolutamente nulla. Stesso discorso per l'amico trans.
L'unico personaggio capace di suscitare un minimo di interesse è la prostituta che però, purtroppo, è l'unica del tutto inutile ai fini evolutivi della storia.

Resta per l'appunto Luca. Gabriele Spinelli lo interpreta in maniera assai notevole e Pacinotti lo dirige anche meglio. Avendo in tutta probabilità, in fase di sceneggiatura, curato in maniera particolare gli scambi, oltreché i tempi degli stessi, che lo vedono protagonista, riesce a renderlo divertente al punto di poter caricare sulle sue spalle il peso dell'intera pellicola. O quasi.
A sostenere parte di quel peso, infatti, sono un'atmosfera surreale ed una regia calma e sostenuta che non ci si aspetta da una commedia d'esordio, come del resto non ci si aspetta una colonna sonora, nello specifico una traccia più volte riproposta, così accattivante e capace di risvegliare di tanto in tanto la parte più emotiva di chi è dell'altra parte dello schermo.
L'intera pellicola, in realtà, appare ben misurata e calibrata, nella fotografia come nel ritmo; quasi riflessiva se non fosse che non c'è molto su cui riflettere. Non che Pacinotti non ci provi a dare uno spessore maggiore, è che più che altro non gli riesce.
Nel corso della pellicola, infatti, il regista prova più volte a cambiare registro, cercando di sfumare la commedia nel dramma e la leggerezza in una maggiore profondità. Sistematicamente, però, lo stridìo si avverte in maniera netta; in una sequenza in particolare è quasi improponibile, perché risultato di una scelta sceneggiaturistica estremamente forzata e fuori luogo. Affiancato, quest'aspetto, all'assenza di un percorso e di una direzione riconoscibile, disorienta, e non in senso positivo, lo spettatore.
Si rafforza così la sensazione che il film non sappia bene dove andare a parare e che non riesca a smarcarsi da una banalità, sempre e solo in termini di racconto, ormai fin troppo evidente.

La parentesi degli alieni - che parentesi non è - viene poi sfruttata anch'essa in maniera assai banale e non aggiunge nulla ad una commedia che altrimenti sarebbe stata identica. Necessaria sì, in termini di atmosfera, a quell'aspetto surreale che contribuisce alla riuscita parziale della pellicola, ma davvero poco originale e ininfluente in termini di evoluzione della storia.
Una commedia, l'esordio di Pacinotti, che se presa come tale diverte e intrattiene, se non altro fino al momento in cui non cerca di mostrarsi diversamente. Originale, tuttavia, in alcune scelte e capace di suggerire potenzialità che potrebbero risolversi in eventuali pellicole future decisamente più valide ed interessanti.

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Recensione a cura di K.S.T.D.E.D. - aggiornata al 05/12/2011 16.20.00

Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it

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