Recensione mysterious skin regia di Gregg Araki USA 2004
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Recensione mysterious skin (2004)

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locandina del film MYSTERIOUS SKIN

Immagine tratta dal film MYSTERIOUS SKIN

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Immagine tratta dal film MYSTERIOUS SKIN

Immagine tratta dal film MYSTERIOUS SKIN
 

Scrivere circa questo film è problematico, sia per la crudezza (e la crudeltà) di molte scene, sia per la scabrosità del tema trattato che richiede, nell'analisi, sensibilità e competenza, indispensabili per sviluppare un tema come la pedofilia e la conseguente devastazione morale e psichica che induce sulle giovani vittime.

Sensibilità e coraggio che non sono mancati a Greg Araki, quando ha deciso di trasporre sul grande schermo le pagine del romanzo omonimo di Scott Heim e affrontare, senza falsi moralismi e senza falsi conformismi, ma stando ben attento ad evitare il morboso (e quindi lo scandalo), i drammi paralleli di due infanzie negate dalle violenze dei grandi, e le totalmente diverse conseguenze comportamentali che quelle offese hanno provocato.
Due modi opposti di reagire all'abuso, due modi opposti di riempire il buco nero che si è aperto nelle pieghe della memoria dei due protagonisti, due modi diversi di elaborare il trauma sessuale che hanno vissuto, due modi diversi di interiorizzare per sempre sotto la scorza di una "pelle misteriosa" l'inferno dello shock infantile subito.

Due storie apparentemente diverse ma in realtà accomunate da una genesi di violenza quelle di Neil e Brian, contemporaneamente vittime, all'età di otto anni, delle voglie pedofile del loro allenatore di baseball.

È l'estate del 1981 quando Neil e Brian vivono l'esperienza estrema della violenza pedofila: Brian rimuove subito dalla memoria quanto accaduto e da quel giorno comincia ad avere incubi frequenti. Bagna il letto la notte e spesso perde sangue dal naso. Col passare degli anni si chiude sempre più in se stesso e rimuove completamente la realtà, maturando la convinzione di essere stato rapito dagli alieni e spiegando così il vuoto di memoria che i meccanismi di difesa del cervello mettono a volte in atto per eliminare il ricordo di un evento traumatico.
Neil invece, più precoce e consumato, ricorda nei dettagli la sua maliziosa e consenziente iniziazione al sesso, idealizzando il trauma sessuale infantile patito, vivendolo come un sublime atto d'amore del coach nei suoi confronti, del quale cercherà di ritrovare le gesta negli uomini a cui vende il suo corpo.

E' una piccola cittadina del Kansans quella dove Brian e Neil trascorrono la loro estate maledetta: Brian è un ragazzino timido e introverso, suo padre lo obbliga a giocare a baseball nella locale squadra della scuola.
Neil è più sfrontato, disinibito e precoce, è attratto dagli uomini e non esita a spiare il giovane amante di sua madre mentre fa sesso con lei.
Entrambi sono figli del fallimento del modello famigliare corrente, e perciò vittime del fallimento della società contemporanea (il padre di Brian disprezza la fragilità del figlio e non si occupa di lui; la madre di Neil pensa più ad amoreggiare che a seguire la crescita del figlio).

A unire i due ragazzi due storie destinate ad incontrarsi due volte in un percorso di crescita disordinato e contorto: all'inizio quando entrambi sono vittime delle insane voglie del loro allenatore, e alla fine quando si ritrovano, dieci anni dopo, nel salotto del "mostro", a confrontarsi con la realtà per riappropriarsi della loro infanzia negata e riempire il buco nero che hanno al posto del cuore.

L'omonimo romanzo di Scott Heim serve ad Araki per fare un film poetico, struggente e, al tempo stesso, capace di suscitare forti emozioni emotive. Il suo sguardo si rivolge principalmente ai due giovanissimi protagonisti, visti più come individui che come vittime.
Ci rende partecipi così del vuoto esistenziale che pervade la vita di Brian dal giorno della violenza e di Neil ci racconta di come fosse, invece, sessualmente attratto dal suo allenatore e, di conseguenza, solo in parte condizionato dal trauma sessuale.
Da qui la diversa reazione allo shock subito, il diverso modo con cui lo interiorizzano, lo elaborano e lo rimuovono, in un processo che porta l'uno a vivere nel disordine dei propri sentimenti e dei propri desideri e l'altro a ripiegarsi su se stesso in un mondo fantastico e misterioso che minerà il suo sviluppo psichico e la sua maturazione sessuale.

Entrambi si inventano una storia ed entrambi esplorano il dolore della consapevolezza, al quale approdano dopo percorsi individuali che divergono diametralmente per ricongiungersi alla fine del viaggio, quando la storia raccontata da Neil a Brian farà venire alla luce la verità taciuta, che ciascuno si era tenuto dentro per dolore o per sgomento.
E per esorcizzarla questa verità ciascuno si era raccontato una bugia che aveva impedito ad entrambi di diventare adulti.

Un tema molto complesso e di non facile trattazione quello raccontato da Araki con rara sensibilità, che dice cose non proprio gradite sulla sessualità e sulle pulsioni sessuali, a cominciare da quella dei bambini (che, come dice Freud, ogni individuo porta in sé dalla nascita e da cui, attraverso un percorso significativo, ricco di tappe, emergerà la sessualità, cosiddetta normale, dell'adulto), nella sua versione più aberrante, condizionata dall'assoggettamento e dalla coartazione.

Facendo ampio uso del flashback, Araki ci mostra subito l'accaduto: l'allenatore di baseball che abusa di Neil mentre lo rassicura dicendogli "non farti mai dire da nessuno che quello che stiamo facendo è sbagliato".
E Neil ci crede. Anzi sarà proprio lui che lo aiuterà a circuire altre vittime.
Approfittando del suo carisma e del fascino che esercita sul bambino - e probabilmente dalla carenza della figura paterna - il coach violenta Neil e quasi contemporaneamente anche Brian, e chissà quanti altri.

Entriamo poi nella vita di Brian e di Neil, entriamo nelle loro case e nelle loro famiglie: vediamo la mamma di Neil che senza pudore amoreggia col nuovo amante davanti al figlio; il padre di Brian che disprezza la fragilità del figlio mentre la madre non sa far nulla per aiutarlo.
Neil è attratto dal sesso ed è convinto di essere il prediletto dell'allenatore; vive esclusivamente per questo e sembra refrattario a qualunque sollecitazione che gli viene da una coetanea, Wendy (che conosce dall'infanzia ed è innamorata di lui) e dall'unico amico, Eric, un sognante ragazzino attratto dalla sua bellezza e dal suo fascino.
Brian, al contrario, è goffo, insicuro, disinteressato al sesso ed incapace di crescere.

Il film alterna alla vita di strada di Neil - vissuta senza rimorsi, con spavalderia e all'insegna della provocazione sessuale, coltivando un'immagine di giovane cinico e fascinoso alla ricerca costante, nei suoi tanti partner occasionali, delle attenzioni dell'allenatore che lo aveva sedotto - la patetica ricerca del complessato e sessuofobico Brian, che tenta di ricostruire cosa effettivamente gli sia successo quel giorno, annotando diligentemente gli incubi che lo perseguitano di notte.

Si stabilisce così un parallelismo fra queste due vite non molto diverse, accomunate come sono dalla stessa violenza e dalle stesse paure.
Attraverso l'uso costante di un'etica narrativa e di un severo impegno espressivo l'autore, con l'intento di facilitare la comprensione emotiva e psicologica dei protagonisti, sceglie di optare per una narrazione compromissoria degli avvenimenti, fra realismo e simbolismo, scongiurando così il rischio di una percezione morbosa degli avvenimenti da parte degli spettatori e, anche se non ci sono scene estreme e spinte all'eccesso e i momenti salienti di sesso e abuso (anche se non sono nascosti non sono mai troppo espliciti) non ci risparmia un diffuso senso di disagio come pochi altri film riescono a fare.

Straordinarie le interpretazioni dei due giovani attori protagonisti. Quella di Brad Corbet, che presta il suo volto e il suo corpo nervoso al personaggio di Brian e, soprattutto, quella dolente e straziante di Joseph Gordon-Levit, che non esita a a mettersi in discussione e si presta a dar vita al personaggio "dell'angelo caduto" Neil, che durante uno splendido monologo pronuncia le parole: "Speravo con tutto me stesso di poterci lasciare questo mondo alle spalle. Di levarci come due angeli nella notte, e sparire come per magia".

Significativa la scena in cui in un pub gay, Neil e il suo amico Eric vengono avvicinati da un avventore che con voce acuta gli offre da bere.
Neil lo apostrofa senza mezzi termini dicendo all'amico: "Li odio quando sembrano Tarzan e parlano come Jane".

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Recensione a cura di Mimmot - aggiornata al 01/12/2009

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