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"Un vincitore è un sognatore che non si è arreso".
Nelson Mandela
Mickey "Irish" Ward è un discreto pugile che, con l'aiuto del fratellastro ed ex gloria Dicky Eklund, cerca di emergere per riscattare una vita costellata di delusioni e fallimenti. Legato da un profondo affetto verso la famiglia, specie nei confronti del fratello (per il quale nutre una sincera venerazione) ma anche verso la madre Alice, che gli fa da manager, Mickey si sente comunque insoddisfatto.
E' consapevole che proprio i suoi parenti costituiscono una zavorra ai suoi sogni di gloria e che lo mantengono ancorato a quella mediocrità che lo tormenta e lo divora. L'incontro con la bella barista Charlene cambierà la sua vita, facendogli scoprire di valere molto più di quanto avesse mai immaginato.
A metà strada tra "Rocky" e "Toro scatenato", "The Fighter" ha come regista David O. Russell, conosciuto al grande pubblico principalmente per "Three Kings" che annoverava tra il cast George Clooney e Mark Wahlberg, che qui ritroviamo nella doppia veste di protagonista e produttore. Questo biopic, ispirato alla vita del pugile irlandese Mickey Ward, ha seriamente rischiato di saltare per via di una gestazione piuttosto travagliata, segnata dall'abbandono di Darren Aronofsky alla regia e dai forfait di Matt Damon prima e Brad Pitt poi, entrambi chiamati in causa per il ruolo di Dicky Ecklund, poi andato fortunatamente a Christian Bale.
Insomma, sembrava quasi che il fato remasse contro la produzione presagendo uno stop, quando invece ecco un David O. Russell che non ti aspetti, capace di non far rimpiangere il ben più quotato collega e di "sporcarsi" le mani con una regia assolutamente naturale e spontanea che mai si compatisce, senza insistere troppo su facili sentimentalismi, sebbene le crude vicende dei protagonisti ne diano a più riprese l'occasione.
Si tratta di una regia mai banale, insomma, certamente aiutata da un cast capace di tirare fuori una prestazione di gruppo formidabile, con un Mark Wahlberg quanto mai credibile. E' autore di una prova intelligente, abile nel rendere tangibile e concreta la frustrazione, il tormento, la fragilità, il disagio e l'inadeguatezza del suo personaggio, il cui sguardo vediamo spesso vagare nel vuoto senza meta, ma anche la perseveranza, il cuore e il coraggio che piano piano si fanno strada per poi emergere con foga nel finale. Una prova la sua decisamente al di sopra dei suoi soliti standard.
Amy Adams è leggermente inferiore rispetto ai suoi colleghi, probabilmente perché il suo personaggio è il più "normale" del gruppo, ma questo non toglie il fatto che ancora una volta dimostri grandi doti di versatilità, vista la disinvoltura e la credibilità con la quale alterna prove frivole, come nel disneyano "Come d'incanto" o nel sequel di "Una notte al museo", ad altre decisamente più impegnate come ne "Il dubbio" o nello stesso "The Fighter". La sua interpretazione è stupefacente e al tempo stesso denota una maturità artistica che attualmente vanta pochi rivali in circolazione.
Capelli biondo platino e sigaretta alla mano, Melissa Leo si cala invece nei panni di Alice, madre e manager di Mickey, con un atteggiamento da boss e un carattere spigoloso, interessata più al denaro che al futuro dei propri figli, tanto che si arriva quasi ad odiarla per quanto è possessiva, egoista e dispotica. Un personaggio icona di un matriarcato provinciale e trash che non ammette concorrenza e che conosce solo un modo di agire, solo una strada, la sua. Se ne accorgerà Charlene, la "ragazza Mtv", l'unica in grado di tenergli testa e minacciare il suo predominio, fino a quel momento mai messo in discussione. Fortunatamente arriva il finale e con esso si assiste ad un riscatto parziale del personaggio, che finalmente si scioglie in uno slancio di tenerezza. Interessante come poi la loro "rivalità" si sia ripresentata durante la notte degli Oscar, con entrambe giustamente nominate come migliori attrici non protagoniste. Insomma, una sfida nella sfida la loro.
Circa Christian Bale, che dire? Già ne "L' uomo senza sonno" si era sottoposto ad una trasformazione fisica impressionante; ma non è solo questo, in questo film c'è dietro tutto un lavoro sul personaggio quasi maniacale, volto a sembrare il più fedele possibile a quello che è stato il vero Dicky Ecklund, scavato, emaciato, rovinato dalla dipendenza dal crack, parvenza di colui che arrivò a sfidare Sugar Ray Leonard. Sia Bale che Melissa Leo hanno visto le rispettive performance ripagate da un Oscar, a dimostrazione del fatto che le interpretazioni un po' sopra le righe, purché rese con intelligenza, fanno sempre breccia sui giudizi dell'Academy, proprio perché il rischio nel calarsi in certi ruoli è quello di enfatizzare troppo e cadere nel ridicolo.
Curiosità: il protagonista Mark Wahlberg si trova quasi "eclissato" da un Bale che gli ruba la scena specie nella prima parte, più o meno come avveniva ne "Il cavaliere oscuro", quando invece era il Batman proprio di Bale ad essere sovrastato dal Joker di Ledger, ribaltando i ruoli di protagonista. Se si aggiunge il fatto che la performance del compianto attore di Perth sia stata premiata con l'Oscar proprio come quella di Bale in "The Fighter", ecco che allora la rivincita assume dei connotati curiosi, quasi come se il destino avesse in qualche modo voluto premiare il sacrificio compiuto nella pellicola di Nolan. Al di là di tutto ciò, resta il fatto oggettivo che "The Fighter" vive innanzitutto attraverso il carisma dei suoi protagonisti, così umani nelle loro debolezze che il pubblico prova sincera empatia nei loro confronti.
David O. Russell realizza un film che altro non fa se non usare lo sport, in questo caso il pugilato, come un pretesto per raccontare qualcosa di più profondo e sottile quali sono le relazioni umane che si intrecciano tra i vari protagonisti in una giostra che è la vita. Sotto questo punto di vista si potrebbe fare un accostamento con il film di Scorsese "Toro scatenato". Entrambe le storie infatti hanno nel pugilato un appiglio sul quale proiettare una storia che analizza, come già detto, gli aspetti umani di una competizione che, tra tutti gli sport, è a tutti gli effetti quella che meglio si sposa con la settima arte, che più funziona a livello di storie, proprio perché ben si presta come metafora della vita umana, con le sue cadute e le sue rinascite, le delusioni e le gioie, le sconfitte e le vittorie, i sacrifici e le speranze e che spesso picchia duro tanto quanto un avversario sul ring, ma che è anche capace di offrire nuove opportunità che eclissino i fallimenti del passato. Era così per "Toro scatenato" certo, ma lo è stato anche per gli illustri "Rocky", "Cinderella Man" e "Million Dollar Baby". Rimanendo alle somiglianze tra l'opera di Scorsese e quella di Russell, si potrebbe far notare come in entrambi i casi abbiamo due fratelli (uno pugile e l'altro allenatore) con un forte senso della famiglia che entrano in conflitto pur volendosi bene e che, per via di caratteri differenti, vedono le loro strade dividersi. La differenza sta nel fatto che, mentre in "Toro Scatenato" la metà matura e coscienziosa è rappresentata dall'allenatore Joe Pesci, fratello dell'irrequieto Jake LaMotta, nella pellicola di Russell la metà responsabile e assennata è rappresentata dal pugile Mark Wahlberg che lascia l'altra metà allo sbandato e inaffidabile Christian Bale.
In sostanza "The Fighter" è una storia che parla di famiglia, di amore, dei rapporti e del superamento delle avversità. È una storia tanto potente quanto eccitante, ma soprattutto è una storia che ci ricorda quanto sia importante nella vita raggiungere i propri obiettivi, ma lo è ancor di più se si hanno accanto le persone che si amano.
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Recensione a cura di Luke07 - aggiornata al 11/03/2011 12.13.00
Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it
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