Molte sono state le critiche nei confronti della trama del film. A detta di molti, ad un impianto tecnico di alto livello corrisponde una narrazione piuttosto piatta e banale.
La storia d'amore tra Jake e Neytiri, separati a casua della loro differente specie, ricorda, per restare all'interno della filmografia di Cameron, quella tra Jack e Rose in "Titanic", divisi dall'appartenenza a due classi sociali differenti. Tutte le altre tematiche affrontate rimandano a grandi classici del cinema hollywoodiano. Jake è un mercenario spaziale ("Starship Troopers", "Screamers", "Doom") introdotto in un ecosistema alieno ("King Kong", "Jurassic Park", "Pitch Black"). Le sue certezze cadranno una volta immerso nella cultura "indigena", arrivando persino a combattere contro i suoi ex alleati ("Balla coi lupi", "L'ultimo Samurai"). L'amore è il sentimento che spinge questa identificazione con il diverso ("Pocahontas", "Matrix", "The New World"). Anche l'"animismo planetario", oltre a ricondurre alle filosofie orientali, è un tema coraggiosamente affrontato da recenti produzioni ("Le cronache di Narnia", "Final Fantasy: The Spirit Within", "Il Signore degli Anelli", "La principessa Mononoke"). Infine, il personaggio di Quaritch ricalca poco ermeticamente il Killgore di "Apocalypse Now".
Inoltre è interessante notare come la progressione della storia principale corrisponda alle tappe del viaggio dell'eroe teorizzato da Vogler e Campbell. Per confermare quanto detto, è utile procedere ad un'analisi frammentata, scorporando il racconto dell'opera e comparandolo alla teoria degli studiosi americani.
L'eroe è introdotto nel suo mondo ordinario. Dal momento in cui abbandona l'astronave, Jake ottiene una serie di informazioni su Pandora, sia visive (le frecce sulle ruote del bulldozer) che uditive (il discorso di benvenuto di Quaritch).
La chiamata all'avventura. Il fascino del pianeta nonché la possibilità di incarnare un essere fisicamente più abile giustificano il desiderio di intraprendere subito l'avventura di Jake. Il patto stipulato con il colonnello attribuisce uno scopo a questa esperienza.
L'eroe è riluttante all'inizio. Questa fase del cammino non è riscontrabile nella struttura narrativa del film. Pandora e gli avatar sono elementi talmente fantasmagorici che il protagonista non pensa di eluderli.
Incontro con il mentore. La dottoressa Augustine lo introduce nell'universo del film attraverso il proprio avatar.
Varco della prima soglia. Il soldato sopravvive alla freccia di Neytiri (grazie ai semi di Eywa) e alla prima notte nella giungla di Pandora. Segue l'introduzione nella tribù degli Omaticaya e l'attribuzione di un mentore (una contrariata Neytiri).
Prove, alleati, nemici. Durante il training Jake dovrà superare numerose prove di adattamento. Si delineeranno le figure degli alleati (Neytiri, Grace) e dei nemici (Tsu'Tey).
Avvicinamento alla caverna più recondita. Per raggiungere il luogo dell'ultima prova bisogna pecorrere un periglioso cammino attraverso i monti Halleluja.
Prova centrale. È la prova finale dell'addestramento di un cacciatore: la conquista del proprio Banshee (volatile).
Ricompensa. Jake viene accettato dalla tribù degli Omaticaya e può ottenere l'amore di Neytiri.
La via del ritorno. La parte drammatica del film. Jake viene accusato di tradimento sia dai Na'vi che dall'esercito per cui lavora. Le forze (umane) a cui ha sottratto i propri ideali si rivoltano contro di lui.
Resurrezione. Una tappa reiterata nella struttura filmica. La prima resurrezione corrisponde alla ricomparsa con Toruk Makto al popolo, la seconda avviene durante l'epica battaglia finale, quando il flusso di Eywa salva i Na'vi da una disfatta certa.
Ritorno con l'elisir. Alla fine dell'avventura, Jake otterrà un nuovo corpo e il definitivo amore di Neytiri.
Risulta oltremodo evidente come James Cameron si sia affidato ad una struttura narrativa ben congeniata per il suo kolossal. Le uniche due varianti al viaggio dell'eroe sono nella terza tappa e nell'ultima, in cui la ricompensa di un corpo nuovo e potenziato risulta piuttosto originale (anche se ricorda il "Pinocchio" di Collodi). Gli studiosi stessi avvertono che "As with any formula, there are pitfalls to be avoided. Following the guidelines of myth too rigidly can lead to a stiff, unnatural structure, and there is the danger of being too obvious".
Le accuse di eccessivo classicismo non possono di certo essere ritenute gratuite. Ma non per questo le soluzioni narrative appaiono ingiustificabili. Al di là della necessità di richiamare il grande pubblico con una storia coinvolgente e poco intricata, la questione potrebbe essere risolta a monte attraverso delle considerazione sulla poetica del postmodernismo.
All'interno di un contesto storico/artistico in cui il peso del passato genera una situazione di creatività angosciata e impedita, bisogna chiedersi se ha ancora senso giudicare un'opera in base alla sua parte narrativa. L'originalità non può essere depauperata del proprio valore, ma forse diventa lecito chiedersi se il prezzo da pagare non richieda forzati sperimentalismi, che ovviamente un blockbuster non può permettersi. Il citazionismo diventa quindi la logica conseguenza di un'epoca che vive la sensazione di aver già raccontato tutto.
Come nota Fortunati, "La scrittura della narrativa postmoderna è intessuta di citazioni multiple, di acrobatici giochi etimologici, una scrittura onnivora, che si nutre di un patrimonio attinto da più tradizioni e più culture". L'intertestualità di "Avatar" non denuncia solamento un atteggiamento di enorme devozione alla storia del cinema, ma contribuisce al potenziamento del senso. All'interno della filmografia citata è evidente come siano comuni i temi del colonialismo, dell'antimilitarismo e gli scontri fra culture e ideologie.
In qualità di opera postmoderna, "Avatar" va però oltre l'intertestualità, traendo ispirazione da artefatti culturali provenienti dagli ambienti più disparati. Siamo in piena ipertestualità.
Torna suSpeciale a cura di Gabriele Nasisi - aggiornato al 06/05/2010