Il terzo episodio di "Shokuzai" è sostanzialmente strutturato in un lungo un flashback dove Akiko racconta l'accaduto ad Asako. Akiko è rinchiusa in una struttura detentiva simile a quella che può essere definita un ospedale psichiatrico giudiziario. Ha chiesto di vedere Asako e appena entrata Akiko le annuncia di aver adempiuto alla sua promessa.
Fin da bambina la ragazza ha avuto un indole non particolarmente facile, caratterizzata da una certa difficoltà di rapporti con le altre compagne ai limiti dell'asocialità. Ciò è dovuto principalmente da un ambiente familiare particolarmente gretto e castrante, dove la figura materna emerge per la sua sottile possessività nei confronti della figlia e di un padre sostanzialmente assente nei confronti della figlia. Una bambina impacciata e sgraziata, dove il ruolo della famiglia gioca un ruolo decisivo nella sua crescita o, a seconda dei punti di vista, della sua non crescita. Invece di essere uno stimolo per aprirsi nei confronti delle altre persone, rappresenta l'elemento che blocca ogni tentativo di inserimento sociale. Un orso, appunto. La madre la descrive infatti come un orso, inadeguato quindi a vivere in un contesto umano, per sempre condannato a vivere nella propria tana lontano il più possibile dai propri simili. Unica figura positiva è il fratello Koji, l'unico che sembra prendersi cura della sorella, ma allo stesso tempo conscio della negatività di tale contesto, lascia la famiglia per trovare lavoro e trasferirsi a Tokio.
Beninteso che Kurosawa dipinge l'ambiente non con particolare enfasi. Le caratteristiche negative della famiglia di Akiko emergono più dalle sfumature e dai sottintesi, da piccole frasi simili a stilettate che non contribuiscono certo a liberare Akiko dalle sue difficoltà a relazionarsi.
L'ambiente scolastico, tuttavia, porta generalmente a socializzare con i propri coetanei, la stessa Akiko riesce a fare amicizia con altre quattro compagne: Sae, Maki, Yuka ed Emiri. Potrebbe essere l'inizio di un'evoluzione positiva per Akiko, ma la morte di Emiri la trascina nuovamente in quell'incubo regressivo che la condizionerà negli anni seguenti.
L'orso Akiko rimane rinchiuso nella sua tana a giocare con vecchi videogames da sale giochi, a non vedere nessuno, rimanendo ben salda nell'alveo familiare. Un personaggio tragico, come le altre ragazze, perseguitato non solo dalla propria famiglia, ma anche da un Destino che è riuscito a giocare un ruolo fondamentale proprio in quei momenti dove Akiko aveva le condizioni più favorevoli di smettere i panni di orso per indossare quelli di essere umano. Un'identica occasione che per una bizzarra coincidenza si è ripetuta a distanza di quindici anni l'una dall'altra: il regalo di un vestito nuovo.
Proprio nel giorno della tragedia di Emiri, Akiko riceveva in regalo un vestito nuovo comprato a Tokio da una zia che era venuta a trovarla. La madre non approva che metta quel vestito, visto che è troppo bello per una bambina come lei. Nonostante questo lo indossa ugualmente e si reca a scuola dove proprio Emiri, prima di tutte, mostra di apprezzarlo, complimentandosi per quella scelta.
Akiko subito dopo l'omicidio è la bambina che corre da Asako per avvertirla dell'incidente occorso all'amica. Presa dal panico Asako urta la bambina che finisce a terra con il naso rotto imbrattando il suo vestito di sangue. Una giornata speciale che si era aperta sotto i migliori auspici, si trasforma in una tragedia anche sul piano personale con la morte di un'amica e un vestito nuovo macchiato dal rosso del proprio sangue. Una condanna a rimanere orso per tutta la vita, a vivere come un orso. Una condanna ancora più pesante delle parole di biasimo di Asako, che Kurosawa ripropone come una tappa obbligata per tutti gli episodi, ma che in questo caso contrariamente a Sae e Maki assumono un valore più sfumato, perchè se Sae e Maki sono stati condizionate solo dall'evento tragico di Emiri con la conseguente condanna di Asako che non ha concesso il perdono, in Akiko era già presente un forte pregresso che le parole di Asako hanno condizionato pur sempre in maniera rilevante, ma in misura minore rispetto alle altre due ragazze.
Quindici anni dopo, sempre il regalo di un vestito nuovo ripropone ad Akiko la stessa situazione del giorno della tragedia di Emiri. Nel frattempo il fratello Koji è ritornato in città. Non è solo, si è sposato con una donna che ha già una figlia e vive con loro presso un magazzino in affitto che ha adattato a luogo personale di lavoro (commercia in Internet) e appartamento con la propria nuova famiglia. Visti i continui impegni di lavoro dei due, Akiko si occupa spesso di Wakaba, la figliastra di Koji con la quale instaura presto una bella amicizia. Wakaba ha la stessa età di Emiri.
Dopo l'ennesimo viaggio a Tokio la moglie di Koji regala ad Akiko un vestito nuovo, sempre con la puntuale disapprovazione della madre che non ha mutato minimamente atteggiamento nei confronti della figlia in tutti questi anni. Akiko spalleggiata dalla moglie di Koji si lascia convincere e lo indossa, andando con Wakaba a fare un giro in città per shopping.
A questo punto c'è una nuova svolta. Akiko mentre gira per negozi, nota il fratello Koji andare a spasso con una bambina delle elementari a cui da una banconota di denaro, la saluta e la congeda.
Da questo momento in poi, Kurosawa accentua sensibilmente l'ambivalenza dei comportamenti dei personaggi che entrano sotto la lente di ingrandimento dello sguardo di Akiko che diventa contemporaneamente lo sguardo dello spettatore. Una sovrapposizione spiazzante che determina un confine sottilissimo di interpretazioni sulle azioni che si stanno svolgendo e soprattutto mette sotto una luce sinistra l'unica figura di rifermento di Akiko: suo fratello Koji.
Un fratello che è rimasto molti anni lontano dal suo luogo d'origine, che la stessa Akiko ammette di trovare cambiato senza però determinarne la misura di tale cambiamento, sempre che ci sia stato perché bisogna sempre tenere conto della situazione esistenziale della stessa Akiko. La moglie non è di molto aiuto, perché il suo personaggio si nota molto per la sua assenza. Sempre in viaggio a Tokio per lavoro, anche se si può supporre dai pochi indizi che Kurosawa mette sul tavolo, che abbia un carattere piuttosto svampito con qualche dipendenza più o meno grave con l'alcool.
Chi potrebbe costituire un aiuto per uscire da questa empasse assoluta è Wakuba, ma i comportamenti nei confronti del patrigno sono soggetti a forti alti e bassi: molto affettuosi in un momento e quasi in preda al terrore in un altro, con il risultato di alimentare ulteriormente i dubbi invece di diradarli.
Avendo soltanto l'ottica di riferimento di Akiko, Kurosawa alimenta sia la tensione che l'inquietudine di questo episodio. I volti, gli sguardi e gli stessi ambienti ne sono fortemente influenzati, tanto da far supporre ad una tragedia imminente. L'atteggiamento del fratello viaggia, come si è detto, su una linea sottilissima dove da una parte la spiegazione rientra nei normalissimi parametri di relazione affettive tra padre e figlia e dall'altra al contrario può rivelare purtroppo le manie ossessive di un pedofilo.
Gioca un ruolo decisivo quindi il trascorso di Akiko, quel trauma che apparentemente era stato rimosso e mai menzionato dalla stessa ragazza in quindici anni. Mai un riferimento, mai una menzione, la quale però scaturisce quasi come un automatismo che la scaglia contro il fratello fino ad ucciderlo per strangolamento. La tragedia di Emiri per mano di un pedofilo rimasta in uno stato di incubazione per tutti questi anni è risorta dall'inconscio di Akiko. Uccide il fratello, volge lo sguardo verso Wakuba che le sorride. A Wakuba si sovrappone la figura di Emiri.
L'ambivalenza è costante fino alla fine. Asako non crede all'espiazione di Akiko e non le concede il perdono. Per lei l'atto della ragazza è puro egoismo dettato dal rancore verso la sua stessa famiglia, in particolare la madre, che l'ha tenuta chiusa in un guscio per tanti anni e punire allo stesso tempo il fratello perché colpevole di averla lasciata sola al suo destino tragico. Dove sia la verità non è dato sapere, rimane in uno stato indefinito rimanendo indecifrabile fino all'ultimo anche quando, mentre Asako sta lasciando l'ospedale dopo aver lasciato Akiko in preda ad una crisi, incrocia sia la moglie di Koji accompagnata da Wakuba. Perché vanno a trovare Akiko? Per esprimere il loro rancore della perdita di Koji? O forse perché Koji era un pedofilo?
Sia pure nello stile ambivalente di questo episodio comincia a far ingresso in maniera più palese il tema della vendetta.
Torna suSpeciale a cura di The Gaunt - aggiornato al 26/02/2013