Il dolore di una madre per la perdita tragica e violenta dell'unica figlia, la rabbia di non riuscire a consegnare la giustizia il colpevole di un omicidio orribile, la rabbia verso quattro bambine che non riuscivano a ricordare il volto del colpevole.
Il quinto episodio conclusivo di Shokuzai opera un cambiamento fondamentale nei confronti di un personaggio molto importante, che agiva ai margini della storia di ognuna delle quattro ragazze. Era come l'apparizione di un fantasma che ricordava la loro colpa, venuto a riscuotere quel debito che le era dovuto. In quindici anni l'aspetto fisico di Asako non ha subito significativi cambiamenti, come se il peso di quella tragedia avesse fermato il tempo, come se la sua vita avesse perduto ogni significato. Nemmeno la nascita di un figlio ha potuto chiudere i conti con quel passato.
Asako è sempre alla ricerca di una risposta, di giustizia e di vendetta, mentre suo marito è riuscito a superare faticosamente la tragedia, buttandosi a capofitto sul lavoro e mantenendo un equilibrio che gli ha permesso di andare avanti senza farsi sopraffare dall'avvenimento.
Sae, Maki, Akiko e Yuka hanno dovuto rendere conto a quel fantasma tormentato che a sua volta ha tormentato e condizionato in maniera sensibile le loro vite.
Aoki, preside della Yuai Free School, un nome e un indirizzo che Yuka ha sentito alla radio durante un notiziario che riportava la notizia di un incendio doloso. Aoki ha la stessa voce dell'assassino di Emiri.
Kurosawa nell'epilogo di "Shokuzai" umanizza il personaggio di Asako, lo rende debole e fragile aprendo lo scrigno di segreti che si cela dietro quella figura. Anche il "fantasma" Asako ha i propri fantasmi.
Il nome e l'indirizzo non dicono nulla alla donna, non c'è apparente collegamento agli avvenimenti passati, ma la sicurezza di Yuka nell'affermare di aver riconosciuto quella voce la inducono a recarsi in quel posto. Ed è proprio in quel luogo che Asako incontra il suo passato nel volto di Aoki, la materializzazione del suo fantasma. Asako conosce fin troppo bene quell'uomo.
Aoki si rivela essere Nanjo, un suo vecchio compagno di università quando frequentava la facoltà di pedagogia. Si è sposato ed ha acquisito il nome della famiglia di sua moglie.
Dapprima sorpresa e poi visibilmente sconvolta Asako comincia a comprendere la complessità del meccanismo di una vicenda che si mostrava da principio molto più semplice. Semplice come ricercare la giustizia attraverso la vendetta, ma la visione dell'uomo che si pone di fronte a lei apre lentamente scenari di vicende ormai dimenticate che sono strettamente collegate alla morte di Emiri, che non è stato l'inizio di tutto, ma solo una tappa di un qualcosa che viene da più lontano, dal passato di Asako.
I brevi convenevoli che si scambiano non nasconde la tensione tra i due, che dietro la maschera di incontro "casuale", svela la presenza di tante cose non dette, di un conto riaperto che prima o poi dovrà essere chiuso. La conoscenza della moglie di Nanjo, Suzuka, mette ancora più a disagio Asako perchè rievoca una figura del passato ormai sepolta nella sua memoria.
Asako fugge dalla scuola ma viene inseguita da Nanjo che pronuncia per la prima volta il nome di Akie e accusa Asako ad averla indotta al suicidio, ma di non provare più rancore nei suoi confronti ("Ti ho perdonata, anche tu dovresti perdonare me"). Sembra l'inizio di una confessione che Kurosawa gestisce in maniera adeguata svelando gradualmente tutti i retroscena della vicenda, servendosi anche dell'espediente narrativo della riapertura delle indagini sull'omicidio di Emiri. Quindici anni dove l'acquisizione e il progresso tecnologico e metodologico di nuove tecniche di investigazione, possono consentire alla risoluzione di casi irrisolti dimenticati negli archivi.
Da questo momento lo speciale contiene elementi di spoiler; se ne sconsiglia pertanto la lettura a chi non abbia ancora visto il film.
E' il passato di Asako che viene rivelato nella sua lunga confessione davanti agli ufficiali di polizia. Asako ha avuto una storia d'amore non pienamente corrisposta con Aoki/Nanjo. Ai tempi dell'Università Nanjo, Asako e Akie formavano un terzetto legato da una strettissima amicizia, ma dopo qualche tempo Akie e Nanjo provarono reciprocamente un sentimento più profondo dell'amicizia suscitando l'invidia e la gelosia di Asako che non perdeva occasione, ipocritamente, di mettere in cattiva luce Akie nei confronti di Nanjo. Una cattiveria che spinse Akie al suicidio e lasciando una lettera d'addio a Nanjo in cui confessava il suo amore per lui. Asako trovò Akie in fin di vita, ma non fece nulla per salvarla e trafugò la lettera destinata a Nanjo.
Nanjo non è il solo fantasma del passato di Asako, ma senza rendersene conto anche Suzuka, la moglie di Nanjo è un altro fantasma che si materializza agli occhi di Asako. Infatti è forte la somiglianza con la defunta Akie ed è per questo che Asako prova disagio nei suoi confronti.
Non c'è soltanto un processo di umanizzazione di Asako, ma si opera un ulteriore rovesciamento della sua figura. Non abbiamo più di fronte una madre vittima di un reato abominevole, personaggio comunque dotato di una durezza estrema nei confronti di quattro bambine, non pienamente giustificabile, però comprensibile dato la natura del dolore provato, ma abbiamo di fronte una donna che è la causa stessa del suo male. Nanjo e Suzuka, che svolge la funzione di Akie, rappresentano non solo le colpe di Asako, ma è l'origine di tutta la vicenda, il peccato originale da cui si è innescato tutto.
La prova di questo peccato è la lettera di Akie che Suzuka consegna ad Asako su incarico di Nanjo. Una lettera che Asako aveva perso, ma inspiegabilmente finita nelle mani di Nanjo.
L'ultimo episodio di Shokuzai è estremamente complesso nella sua struttura, dovuto in maggior parte alla natura dell'intreccio, molto eterogeneo, e come ultimo episodio della miniserie cerca di chiudere la trama principale e le trame secondarie lasciando meno nodi irrisolti possibili, cosa che Kurosawa riesce ad effettuare con una certa maestria. Il suo stile di regia si mantiene freddo e piuttosto distaccato, coerentemente con gli altri episodi precedenti, e non scivola nel sentimentalismo malgrado la presenza di una forte componente melodrammatica, anzi esaltando nella giusta misura, senza eccessi, la natura tragica dei suoi personaggi.
Il ritrovamento della lettera può apparire artificiosamente complesso, ai limiti della credibilità, ma Kurosawa vuole delimitare lo spazio, un ufficio in disuso con una vecchia cassaforte, dove in fondo ha inizio e la fine della tragedia, dove Asako verrà posta di fronte alle proprie colpe e la sua totale sconfitta di fronte ad un destino che si fa beffe dei suoi protagonisti, che li illude di essere burattinai ma li riduce a delle marionette.
Nemmeno il presunto colpo di scena, con la rivelazione della vera paternità di Emiri, Nanjo stesso che si ritrova ad essere assassino e stupratore della propria figlia, sia pure inconsapevolmente, cambierà il corso delle cose.
Nanjo scegliendo il suicidio toglierà ad Asako anche la vendetta finale. Lei cercherà di attribuirsi l'omicidio ma la polizia non le crederà.
Emblematica la sequenza finale di "Shokuzai". Avvolta nella desolazione della nebbia, Asako vagherà in mezzo al Nulla. Il Nulla di una vendetta negata, il carico pesantissimo di colpe che segnato la sua vita e di quattro bambine testimoni involontarie di una vicenda di cui lei stessa è stato il punto di origine.
Nessuna espiazione.
Nessuna redenzione.
Solo il Nulla.
"Dove andrò adesso?"
"Come posso espiare le mie colpe?"
"Ti prego Emiri, dimmelo"
"Ho sbagliato?"
Torna suSpeciale a cura di The Gaunt - aggiornato al 26/02/2013