La premiazione con il Leone d'oro del film di Gianfranco Rosi "
Sacro Gra" all'ultimo Festival del film di Venezia, certifica la nascita di un nuovo stile cinematografico prettamente italiano, uno stile ancora senza nome, che potrebbe chiamarsi il "realismo del XXI secolo".
Il film capostipite di questo nuovo stile è "
Gomorra" di Matteo Garrone, di cui "Sacro Gra" riprende lo stile spezzettato e anti-narrativo e l'ambientazione degradata di periferia cittadina.
Come tutti i realismi, si propone di rappresentare il più possibile in maniera diretta e sincera la vita sociale e quotidiana nel suo svolgersi più prosaico e banale. Ciò che lo fa "italiano" è la volontà di andare a cercare il reale nella vita della gente comune di basso strato sociale e che abita le periferie delle città. Come "
Sciuscia", "
Ladri di biciclette" e "
Miracolo a Milano", "Gomorra e "Sacro Gra" cercano di riprodurre sullo schermo la vita quotidiana, le difficoltà, le aspirazioni, i sentimenti e i modi di vivere della gente comune di periferia, sicuramente quella che possiamo definire come "l'Italia profonda".
La differenza che più salta all'occhio nel confrontare l'Italia del Dopoguerra con l'Italia del XXI secolo è il diverso tipo di povertà, che devasta la società italiana. Una volta si soffriva drammaticamente per la povertà materiale, per la mancanza delle cose basilari e sopravvivere era una dura lotta; in compenso si era ricchi di speranza e voglia di riscatto e si poteva contare sull'aiuto, la preziosa solidarietà reciproca o di gruppo.
Oggi la situazione è rovesciata. C'è ancora disagio materiale, ma non in maniera così drammatica. Non si soffre più la fame. Tutti possono avere almeno un computer, una televisione, un fotoromanzo. Tutti scimmiottano la società opulenta dei consumi. La povertà drammatica e devastante è piuttosto quella spirituale. Il profondo degrado è soprattutto etico e sentimentale: solitudine, noia, egoismo, chiusura nel proprio mondo e nei propri interessi gretti e limitati.
"Sacro Gra" e "Gomorra" sono lo specchio impassibile dello stato di disgregazione e disagio dell'attuale vita popolare italiana. Una presa di coscienza del fatto che forse non viviamo più nel "Bel paese", ma in una confusionaria e caotica distesa di cemento, asfalto e rifiuti, abitata da relitti umani.
Il destino del realismo del XXI secolo non sarà certo diverso da quello del Dopoguerra. Interesserà a una minoranza di persone "consapevoli" e verrà respinto dalla stragrande maggioranza del pubblico cinematografico. Un po' perché un cinema del genere ci sbatte in faccia le nostre miserie spirituali (quelle che cerchiamo continuamente di rimuovere) e poi perché lo fa in aperta opposizione a quello che è l'attuale imperativo cinematografico, cioè quello di provocare il massimo di emozione (che sia paura, tensione, interesse, commozione o allegria).
Il grado di assuefazione dello spettatore medio al cinema di "evasione" è tale che si è perso ormai quasi del tutto il concetto di arte come nuda e pura rivelazione di ciò che in genere non viene mostrato o che viene rimosso.
Eppure sono proprio i film come "Sacro Gra" o "Gomorra" che i nostri posteri ricorderanno e che meglio di tutti spiegheranno alle generazioni future come era l'Italia all'inizio del XXI secolo.
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