Recensione accident regia di Pou-Soi Cheang Hong Kong 2009
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Recensione accident (2009)

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locandina del film ACCIDENT

Immagine tratta dal film ACCIDENT

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"Watch out, the world's behind you There's always someone around you"
"Sunday Morning" - The Velvet Underground

Ho Kwok-Fai, soprannominato Brain, è un killer che organizza incidenti simulati per sbarazzarsi delle vittime prescelte. Un giorno riceve da Wong l'incarico di eliminarne il padre ma, durante l'esecuzione del piano, uno dei suoi collaboratori rimane accidentalmente ucciso. Brain si convince che qualcuno stia cercando di eliminarlo con le sue stesse armi e inizia a sorvegliare ossessivamente Fong, un agente assicurativo che ritiene implicato nel complotto.

Ritorno in grande stile di Soi Cheang dopo lo scivolone di "Shamo", "Accident" è impeccabile ma soffre pesantemente della produzione targata Milkyway. L'amorevole abbraccio di Johnnie To, suadente e letale come quello del vampiro, toglie corpo e viscere alla regia incandescente di Soi Cheang. Il risultato è talmente esangue e raggelato che potrebbe essere firmato dai Pang più stylé: fotografia, montaggio e composizione delle inquadrature sono da camera criogenica.

La sceneggiatura del veterano Szeto Kam-yuen, che ha firmato decine di capolavori (da "Espect the Unexpected" a "Dog Bite Dog"), si riserva tutto l'"Unexpected" a disposizione, che invece latita nella regia. La fotografia di Fung Yuen-man si adegua agli standard Milkyway adottando una palette di toni freddi, e il montatore David Richardson ("Exiled, "Vengeance") completa l'opera. Dimenticate le esplosive sporcature di "Home Sweet Home" o "Dog Bite Dog", stavolta la discesa di Brain nel delirio paranoico è astratta come un teorema, gelidamente coreografata ma fin troppo ineccepibile, al punto da non riservare nessuna sorpresa. Smussare gli angoli e le imperfezioni che facevano di Soi Cheang il più interessante regista hongkonghese della nuova generazione non sembra un'idea apprezzabile, anche se ha sortito il risultato di far includere il film tra quelli in concorso alla 66ma Mostra del Cinema di Venezia. A parte queste riserve, "Accident" resta comunque uno dei migliori thriller hongkonghesi dell'ultimo anno, superiore al recente "Overheard", deludente ritorno di Alan Mak e Felix Chong, o al ridicolissimo "Murderer" di Roy Chow, e vanta un'ottima interpretazione di Louis Koo il quale, lavorando di sottrazione, rende benissimo la psicologia dell'ossessionato protagonista.

La deriva paranoica di Brain si innesca quando "Uncle" lascia cadere un mozzicone con tracce di saliva sul luogo del primo assassinio, quello di un boss della mafia cinese, e gli altri componenti del gruppo decidono di recuperarla tenendogli nascosto l'accaduto. Il protagonista inizia a diffidare di loro ben prima che "Fatty" venga investito da un autobus, facendo precipitare irreversibilmente la situazione. Inoltre attraverso la sorveglianza ossessiva di Fong, Brain esperimenta una vita vicaria, vissuta per procura, quella stessa vita che a lui è stata negata da quando la moglie rimase vittima di un incidente stradale.

Soi Cheang costruisce un esercizio in noir, quasi una partitura jazz, il cui tema portante è l'ambiguità. La parzialità della visione travolge qualsiasi oggettività, e non sappiamo più se quello che vediamo è la realtà o un'interpretazione deviata della stessa. Tutti i segnali disseminati sul cammino di Brain sono suscettibili di una doppia lettura, il furto nel suo appartamento, le amnesie di "Uncle", il comportamento di "Woman" e di Fong, e il regista è abilissimo nel mantenere questa duplicità, lasciando lo spettatore nell'incertezza fino all'amara conclusione. Inutile almanaccare riferimenti alla paranoia post-Watergate di Coppola, "Accident" è hongkonghese fino al midollo, intriso delle angosce metropolitane tipiche del cinema dell'ex colonia britannica.

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Recensione a cura di Nicola Picchi - aggiornata al 11/12/2009

Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it

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