Recensione bambole russe regia di Cédric Klapisch Francia, Gran Bretagna 2005
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Recensione bambole russe (2005)

Voto Visitatori:   5,90 / 10 (20 voti)5,90Grafico
Miglior attrice non protagonista (Cécile De France)
VINCITORE DI 1 PREMIO CÉSAR:
Miglior attrice non protagonista (Cécile De France)
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locandina del film BAMBOLE RUSSE

Immagine tratta dal film BAMBOLE RUSSE

Immagine tratta dal film BAMBOLE RUSSE

Immagine tratta dal film BAMBOLE RUSSE

Immagine tratta dal film BAMBOLE RUSSE

Immagine tratta dal film BAMBOLE RUSSE
 

Ricordate gli incoscienti, disorganizzati, confusi ed irrequieti studenti dell'Erasmus, coinquilini nel multiculturale e multilinguistico "Appartamento spagnolo?"
Ebbene, sono tornati.
Tante cose sono cambiate. Tante no.

Non frequentano più l'università, sono cresciuti anagraficamente, si sono persi di vista, alcuni hanno un lavoro, altri cercano ancora il grande amore, ma sono sempre loro. Sempre più confusi, sempre più incerti, sempre più insicuri, sempre più insoddisfatti, con poca voglia (o con tanta paura) di crescere e di mettere ordine nella loro vita, professionale e sentimentale, ancora tutta da costruire.
Cinque anni sono passati da quando un gruppo di ragazzi e ragazze provenienti da ogni parte dell'Europa si erano ritrovati a vivere la vacanza studio dell'Erasmus, sotto lo stesso tetto di un appartamento di Barcellona, condividendo sesso e amori, amicizie ed equivoci, sogni e desideri; compagni di pensiero, complici di un'esperienza priva di mete certe o approdi sicuri. Come un forziere da scoperchiare o strade sconosciute da percorrere in un viaggio di autentica formazione.
Ritroviamo così Xavier, Martine, William, Wendy e gli altri personaggi, ancora alle prese con le inquietudini e i dilemmi della loro un'età. Ideale per debuttare, ancora lontana per invecchiare.

Xavier, parigino purosangue, sguardo lievemente apatico e annoiato, meno ingenuo, sicuramente più cinico di come lo avevamo conosciuto, ha quasi raggiunto i trentanni, si laureato e ha scelto di coronare il suo sogno di diventare scrittore. Ma se crescere è naturale, maturare, al contrario, è molto più difficile e complicato. E infatti è ancora in attesa di fare chiarezza dentro se stesso e alla ricerca di quell'equilibrio psicologico capace di conciliare le sue aspirazioni professionali e le sue incertezze angosciose, sia di fronte alla vita, ancora tutta da costruire, che alle infinite preoccupazioni erotico/sentimentali che gli procurano le sue numerose e occasionali avventure con le donne.
Pendolare dei sentimenti, lo vediamo a Parigi, impegnato a portare a termine il suo romanzo e raggiungere quel successo al quale ha sempre aspirato.
Nell'attesa si arrangia nella vita facendo il ghost writer, scrivendo di tutto: dalle sceneggiature di mediocri programmi televisivi ai dialoghi di melense soap opera, dalle biografia di celebrità per una casa editrice ad articoli per un periodico.

Un po'per tacitare la funzionaria della sua banca che minaccia di chiudergli il conto corrente, sempre più in rosso, e un po'per trovare stimoli di gratificazione professionale, visto che non riesce a trovarli in campo sentimentale. Perché mille problemi esistenziali lo assillano e con le donne, con le quali vive rapporti superficiali e poco coinvolgenti, non riesce (o non vuole, inconsapevolmente o coscientemente) instaurare legami seri e duraturi.
Dopo aver sperimentato che non è poi così difficile alternare complicate storie parallele con le donne di vari Paesi d'Europa che si alternano nel suo letto.
Intanto si occupa del nonno e fa da baby sitter al bambino della sua vecchia fiamma, Martine, che gli chiede di accudirgli il figlio mentre lei va a Porto Alegre "a salvare il mondo". Per sottrarsi da questa situazione, fa credere al nonno che si trasferisce dalla sua ragazza e va a vivere in casa della sua amica omosessuale, per trovare un po'di tranquillità, in attesa della tanto sospirata ispirazione, che gli permetta di cominciare a scrivere il suo romanzo.
Lo salva l'intervento provvidenziale del suo amico William, che lo spedisce a Londra, dove vive sua sorella Wendy, che fa la sceneggiatrice e che lo può aiutare ad intraprendere la sua opera letteraria.
Tra i due nasce una profonda intimità, che poco alla volta si tramuta in un principio di sentimento amoroso e insieme scriveranno la sceneggiatura di una storia d'amore per la BBC.

Intanto William, che si è fidanzato con una ballerina russa del Bolshoi e l'ha seguita a San Pietroburgo, lo invita al suo imminente matrimonio e lo trascina in un orribile appartamento, occupato dagli stavaganti membri di varie famiglie russe. L'arrivo di tutti gli altri ex-coinquilini in occasione delle festose nozze, e il riaffiorare del vecchio spirito di gruppo, costituirà motivo di riflessione, per tutti loro, sui primi trentanni della loro vita. Perchè soltanto così, riflettendo, il passato si fa fondamento del presente e fastigio per il futuro.

La metafora delle "matrioske", le bambole russe del titolo, rende bene l'idea di questa infinita ricerca di se stessi, che non riesce a mettere insieme la realtà con la poesia di un sogno.
Bambole dentro bambole, fino alla più piccolina, la più nascosta, per guardare il caos, e dove forse si cela "quello che stavamo cercando", come dice il protagonista.
Importante è scoprire se si arriverà mai a trovare la matrioska più piccola, se si completerà mai quel puzzle della vita. Che non sarà mai uguale alla vita che avremmo voluto e che ci lascia l'amaro in bocca, come il tempo che fugge via e ci costringe a crescere. E "crescere", almeno a giudizio di Xavier, "spesso significa smettere di sognare".

Tipico film francese, ricco di dialoghi e di situazioni di vita ordinaria, "Bambole russe" è il sequel de "L'appartamento spagnolo", il film che venne considerato il manifesto dell'Erasmus generation. E come "L'appartamento spagnolo", "Bambole russe" brilla per l'originalità del tema di fondo e per la freschezza e il tono scanzonato delle situazioni, da commedia generazionale sui single trentenni, la cui apparente leggerezza dell'essere nasconde in profondità una realtà più amara, che nasce da uno sgomento, da una perplessità, dallo smarrimento del nulla, dal disordine dei sentimenti che si originano dentro e che si cerca invano di imbrigliare.

Il regista francese Cédric Kaplisch con "Bambole russe" realizza un'altra pellicola dedicata ai tanti problemi che assillano i trentenni di oggi; alle loro ansie, alle loro insoddisfazioni, alle loro incertezze, alla loro diffusa incapacità di amare e di vivere serenamente relazioni mature. Al tempo stesso sembra però avvertire il suo eroe, e con lui tutta una generazione che ha avuto il privilegio, ma anche la maledizione di non essere veramente obbligata a diventare adulta, che non è più il tempo di continuare a infilare matrioske l'una dentro l'altra, aspettando che l'ipocrisia dei sentimenti lasci il posto ad una dignità diversa delle dinamiche esistenziali.
Perchè la vita ci dimostra che si cambia, e che crescere è solo una delle tante direzioni a cui ci si può rivolgere.
Cambiare per vivere.
Giusto per accettare nuove condizioni, per sentire che la sensibilità di un tempo è sempre dentro di noi, per vedersi da altre angolazioni. E conoscersi, ogni giorno di più, per elaborare quel vuoto che parte da dentro e cominciare a vedere quello che stimo vivendo con occhi diversi.

Il film, con una visione non certamente ottimistica della vita, come suggerisce il titolo è un collage di storie "inscatolate" l'una dentro l'altra, che si intrecciano e si confondono, si accumulano e si incorporano, che oscillano tra le vicende private del protagonista e le storie che racconta nelle sue sceneggiature. Sullo sfondo la tesi moraleggiante sugli amori e sul tempo che corre via.
Amori che sono sempre uguali a tutte le età e a tutte le latitudini. La certezza di un gesto necesario, il desiderio che si accresce e si sublima, sollecita ciò che facciamo e dà alle relazioni un'intensità speciale.
Un'aspirazione e una necessità, sensazioni sconosciute che si riconoscono, mai uguali a quelle che avremmo voluto e che ci depositano dentro un'ansia, una malinconia infinita. Come il tempo che corre via, troppo veloce e fa a pezzi l'ultimo residuo di ingenuità.
Il tono ironico e scanzonato del film non sminuisce il grande rilievo dato alle problematiche giovanilistiche e al percorso formativo che si trovano ad intraprendere i protagonisti, nel passaggio dall'età giovanile alla prima età adulta, quando i progetti e le aspettative per il futuro lasciano il posto alle insoddisfazioni, ai turbamenti, all'amarezza che sempre accompagnano i sogni realizzati solo a metà.

Ancora una volta il simpatico talento di Romain Duris, attore feticcio di Cédric Kaplisch (insieme hanno girato cinque film), per la seconda volta dà il meglio di sè nei panni, ora comici ora tristi, dello sfigato Xavier, che il regista sta trasformando nell'epigono più genuino "dell'uomo che amava le donne", quell'Antoine Doinel di truffautiana memoria.
Accanto a lui gli altri ospiti dell'appartamento spagnolo: Kevin Bishop, qui, addirittura, alle prese con un matrimonio russo, la bella Audrey Tautou, fidanzata storica di Xavier, che purtroppo si vede solo in poche sequenze iniziali. E poi Kelly Reilly, la bella e sensuale Wendy, vecchia compagna di corso e nuovo oggetto del desiderio di Xavier.

Nel complesso una commedia che diverte, ma che ci tocca nel vivo perchè i problemi di Xavier sono i problemi di tutti noi.
O quasi.

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Recensione a cura di Mimmot - aggiornata al 03/11/2009

Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it

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