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Lo specchio - Zerkalo (1974)

C'è una pietra vicino al gelsomino
Sotto quella pietra è nascosto un tesoro
Mio padre è sul sentiero
Una bianca bianca giornata
.

(da “Zerkalo” di A. Tarkovskij)

Proprio come accade nella recherche proustiana, in Zerkalo il regista è a letto, malato, e va alla ricerca del tempo perduto.
Rivisita i posti dell'infanzia e, spingendosi oltre, si immagina l'incontro tra i genitori ancora prima che venisse concepito, il loro primo bacio, la decisione di metterlo al mondo.
Il racconto inizia nel 1932, anno di nascita del regista, ed arriva ai giorni nostri.
Si tratta della storia di una donna, la madre, nel suo dramma personale: la partenza del marito per la guerra, i figli da crescere da sola, i sacrifici, l'attesa del ritorno del marito.
Dice Tarkovskij: "..è un film sull'infanzia e sulla madre. Abbiamo pensato ad un film che esprimesse quello che l'infanzia significa per tutti, un film che spieghi quella nostalgia per l'infanzia che ciascuno si porta dentro.."
Peraltro lo specchio è una presenza che domina nella stanza del protagonista, sembra rappresentare la dimensione del tempo, del 'fatto culturale', come tentativo di indagine interiore, di autoanalisi.
Come ne "L'infanzia di Ivan" e in "Andrej Rublev", la storia collettiva è filtrata dalla soggettività del regista. Indicativa è la scena della mongolfiera che si leva verso il cielo assoluto con un uomo solo, analoga a quella iniziale di Rublev. In questa scena sembra racchiudersi gran parte della poetica tarkovskiana, enfatizzante l'uomo prometeico, colui che tenta ogni volta di superarsi.
Il volo, però, non rappresenta solo una certa onnipotenza del desiderio, ma è anche simbolo di solitudine, una solitudine fruttuosa, conoscitiva, che spinge l'uomo a rifondarsi interiormente, per affrontare un dialogo proficuo con gli altri. Gli intenti di Zerkalo sono ambiziosi: sembrano essere quelli di abbattere la dimensione spazio-temporale per avvicinarsi il più possibile al perturbante, a quello che Tarkovskij chiama 'mistero'.
Questo avvicinamento avviene attraverso il paradosso.
Il film si intitola "Zerkalo" e lo specchio è qualcosa che delimita in maniera anche fin troppo rigida le coordinate spazio-temporali. Le scene godono di una loro autonomia, assicurata dall'esaurimento del tempo reale nel tempo cinematografico. Un tempo che lascia cadere gli oggetti, che ferma l'inquadratura anche dove, apparentemente, non c'è vita.
Basti pensare che perfino l'aria ha un suo tempo, riportato cinematograficamente, come quando viene inquadrato l'alone del vapore lasciato dalla tazza di tè caldo sul vetro del tavolo, fino a quando questo non scompare. L'attrice che interpreta il ruolo della moglie è la stessa che interpreta il ruolo della madre e la madre reale del regista è presente nel film e interpreta il ruolo della nonna, così come il padre Arsenij recita le proprie poesie. La scena finale si conclude con la vera madre (la nonna) che incontra il falso figlio (il bambino attore). L'urlo finale di Andrej/Ignat (il padre e il figlio rappresentati dalla stessa persona) e la carrellata sui tronchi degli alberi di un fitto bosco traducono le frasi emblematiche dell'ultima poesia recitata da Arsenij Tarkovskij: "L'uomo ha un corpo solo, solo come la solitudine, l'anima ne è stanca e io cerco un'altra anima".
Nell'ex Unione Sovietica il film viene stroncato, giudicato troppo privato, antipopolare, incomprensibile, confuso. Ma la frattura insanabile con "l'establishment" verrà raggiunto con il film successivo.


Torna suSpeciale a cura di maremare - aggiornato al 05/09/2005

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