Più importante dell'opera d'arte
è la verità della vita
(da “Scolpire il tempo” di A. Tarkovskij)
Dopo avere ottenuto un grande successo di critica e di pubblico con la regia teatrale dell' "Amleto" (1976), Andrej torna alla macchina da presa per girare un film liberamente ispirato al romanzo "Picnic sul ciglio della strada" dei fratelli Arcadi e Boris Strugackij, due scrittori dissidenti.
Stalker è un nome di origine anglosassone che significa: 'colui che guida alla caccia di qualcosa'. La traccia del film è presentata dallo stesso Tarkovskij, in un'intervista del 1976:
"In una parte del mondo piomba una nuova civiltà. Essa si isola in una zona che inquieta il resto del mondo. Si formano commissioni internazionali, si mobilizzano eserciti, si cerca di capire cosa stia succedendo oltre la barriera: una divisione di carri armati forza il blocco ma scompare. La zona viene recintata; gli extraterrestri partono, ma il luogo si è trasformato. La notizia invade il mondo. Scienziati e tecnici studiano la zona per alcuni anni. Trafficanti e avventurieri vi penetrano clandestinamente, accompagnati da stalkers, guide che procurano loro pezzi metallici lasciati dagli stranieri. Alcuni stalkers scoprono all'epicentro della zona un disco capace di esaudire ogni richiesta umana. I personaggi del film, uno scrittore che ha perduto l'ispirazione e un ricercatore che si occupa di problemi sovraumani, si mettono in testa di ritrovare la loro personalità. Quanto al loro stalker, questi pretende la guarigione della sua bambina paralitica. Ma lo scrittore non raggiunge l'epicentro, lo scienziato mette una bomba ad orologeria vicino al disco misterioso, lo stalker dimentica la figlia e non pensa che al denaro. Nessuno di loro aveva fede, nessuno è stato esaudito."
Successivamente Tarkovskij rivedrà le proprie idee in fase di sceneggiatura, modificando alquanto la figura dello stalker, alter ego del regista, rendendolo una persona sofferente e fedele alla propria missione di ricerca. Egli non chiederà neanche la guarigione della figlia.
La struggente passione per il visitatore misterioso si trasformerà in dolore per lo scettico cinismo dei suoi ospiti che proprio alle soglie della Camera dei Desideri scelgono di non fare il passo decisivo.
Il film si conclude con una sequenza memorabile.
La figlia paralitica dello stalker guardando tre bicchieri disposti sul tavolo della cucina, li sposterà per telecinesi. In questo epilogo Tarkovskij sembra realizzare l'ardua idea di un cinema che riesca a filmare l'impalpabile, il 'mistero.
Krystof Zanussi riconobbe a Tarkovskij - unico nella storia del cinema - la capacità e il genio nell'essere riuscito a filmare il Mistero.
Per David Greco (1980) il finale dei tre bicchieri ricorda il finale di Andrej Rublev:
"ma quando tutto, inevitabilmente, significa qualcos'altro, non occorre più leggere le immagini, ma ci viene chiesto di riviverle, in una dimensione sconosciuta e allo stesso tempo carica di una familiarità sconvolta".
Così come appare perturbante la figura della bambina: la sua presenza 'aliena' nella sua dolorosa menomazione rende 'familiari' i misteriosi ospiti che un tempo erano venuti ad abitare una piccola 'zona' della Terra.
Non a caso al bianco e nero 'sporco' che connota tutto l'ambiente 'reale', si contrappongono i colori luminosi e turgidi della Zona, che torneranno solo attorno alla presenza della Bambina.
Nell'ex Unione Sovietica all'uscita di Stalker si crea una congiura del silenzio che nemmeno i critici più spericolati infrangono.
Iskusstvo Kino non lo recensisce, Sovetskij Ekran ne parla due anni dopo senza approfondirne le tematiche.
Il fatto è che un film come Stalker vive di vita propria; parla di spiritualità, non è leggibile come un aspetto possibile del movimento artistico sovietico ufficiale.
Torna suSpeciale a cura di maremare - aggiornato al 05/09/2005