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Tra guerra, noir e ninfe

Fear and desire

Arrivava il momento, per Kubrick, di mettere in gioco sé stesso debuttando con un lungometraggio. Con ormai alle spalle tre cortometraggi e un minimo d'esperienza, Stanley decise di confrontarsi con sé stesso. La prima cosa fu ottenere un finanziamento: non potendo far affidamento su produttori o simili, decise di consultare l'ampio bacino familiare. Chiese quindi prestiti ai parenti e anche ad alcuni suoi amici. In particolare ottenne molto da suo zio, Martin Perveler, il quale risiedeva a Los Angeles. Perveler aveva già avuto modo di vedere i cortometraggi del nipote e pareva interessato ad appoggiare economicamente Stanley, il quale si precipitò in tutta fretta dal ricco zio. Kubrick pensò di ottenere un prestito e basta, invece si trovò di fronte un vero e proprio contratto, dal quale si poteva evincere che lo zio avrebbe avuto diritto ad una considerevole percentuale. Il ragazzo si oppose con un secco rifiuto, del tutto consapevole che tale atteggiamento poteva significare l'abbandono del film. Perveler acconsentì comunque a finanziare il nipote, abbassando considerevolmente la percentuale di cui avrebbe beneficiato. Kubrick riuscì quindi a racimolare circa 10.000 dollari.

Ottenuti i soldi, doveva affrontare il soggetto: scelse una storia di guerra. Per la stesura della sceneggiatura si avvalse della collaborazione di un suo amico del Taft, Howard Sackler, presentato come "poeta contemporaneo".

Il 26 febbraio del '51 Kubrick siglava l'accordo con lo zio, fondando così la "Stanley Kubrick Production". Per le location scelse la West Coast, più precisamente girò nei monti di San Gabriel, appena fuori Los Angeles. In questo modo sfuggì all'intransigenza del gelido inverno di New York e Pervler ottenne così il beneficio di tenere d'occhio il ragazzo.

Frank Silvera in Fear and desireLo staff fu ridotto all'osso; Dick de Rochemont lo definì «una troupe composta da un solo uomo». Partecipò anche la moglie Toba Metz, nella veste di assistente alle prove. Al film partecipava l'attore Frank Silvera, già conosciuto per aver lavorato insieme a Marlon Brando in Viva Zapata, dello stimato regista Elia Kazan.

Questa la storia del film: nel mezzo di una guerra astratta, quattro uomini si ritrovano sperduti in terra nemica in seguito all'abbattimento del loro aereo. I quattro tendono un agguato a due soldati nemici e li uccidono. Incontrano poi una ragazza, e per timore di essere denunciati, la catturano e la legano ad un albero. La ragazza viene lasciata sola con uno dei soldati, che cerca di sedurla. Lei sembra accettare le avances, ma solo per farsi slegare e fuggire, cosa che fa; ma il soldato la uccide. Intanto gli altri scoprono un P.C. nemico presieduto da un generale, in cui si trova anche un aereo che potrebbero usare come mezzo per fuggire da quella terra ostile. Mentre conducono l'assalto, si rendono conto che i nemici hanno i loro stessi volti.

Kubrick effettuò le riprese con una Mitchell da 35 mm, in bianco e nero, affittata per la cifra di 25 dollari al giorno. Fece però lo sbaglio di non registrare anche il sonoro in presa diretta, convinto di dover post-sincronizzare successivamente il sonoro, cosa di cui si pentì amaramente per le altissime spese aggiuntive che non aveva messo in preventivo, che si aggiravano sui 20.000 dollari in più. Per la musica si fece aiutare da un suo amico, Gerald Fried, che già scrisse per lui in Day of the fight.

Fear and desireIl film si apre con una panoramica sulle montagne, mentre la voce fuori campo annuncia: «C'è la guerra in questa foresta: non una guerra che è stata già combattuta, né una che lo sarà in futuro, ma una qualsiasi guerra. E i nemici che lottano qui fra loro non esistono a meno che noi non li facciamo esistere… Sono le forme sempre uguali della paura, del dubbio e della morte, provengono dal nostro mondo. I soldati che vedete parlano la nostra lingua e sembrano nostri contemporanei, ma il loro solo paese è la mente». Già nel primo film si scorgono alcuni degli elementi che più avrebbero affascinato Kubrick in futuro: la guerra e la crudeltà della natura umana. Appena ventenne, il giovane regista già possedeva quella sua visione del mondo pessimistica e cupa, punto di vista costante in tutta la sua produzione. Egli stesso diceva: «la struttura è allegorica; la concezione è poetica. Un dramma dell'uomo perduto in un mondo ostile -privo cioè delle fondamenta materiali e spirituali- che cerca una via per comprendere se stesso e la vita che si muove attorno a lui. Nella sua odissea è minacciato da un nemico invisibile ma mortale che lo circonda; si tratta di un nemico che dopo un'attenta osservazione sembra che sia tale e quale a lui…».

Già col suo primo film, Kubrick mette in campo l'osservazione della condizione dell'uomo, forse giocando, con una certa semplicità, con il tema del doppio. Ghezzi lo definisce un film «fantastico, come il Bergman più immaturo», con un certo onirismo di fondo sicuramente ispirato da uno dei romanzi che Stanley amava di più, ovvero la Traumnovelle di Schnitzler (la stessa novella che fornirà il soggetto per Eyes Wide Shut).

Il film, comunque, viene rifiutato da tutte le grandi compagnie e ottenne indifferenza fino all'arrivo di Joseph Burstyn, distributore e produttore in possesso di alcune sale d'essai. Burstyn sostenne il film convinto delle potenzialità di Kubrick («è un genio, è un genio», esclamò non appena visto il film), definendolo «un'artistica opera cinematografica americana senza alcuna pretesa artistica». Fear and desireFear and desire, questo il titolo suggerito dallo stesso Burstyn, titolo insieme provocatorio e sensuale; in effetti, a causa delle scene con la ragazza legata, qualcuno lo ritenne un po' troppo sensuale e il 23 aprile del '53, il film venne inserito dalla commissione di censura americana nella classe b. Fear and desire venne proiettato per la prima volta a New York il 26 marzo del '53, ottenendo pareri contrastanti, altro elemento che lo accompagnerà per il resto della sua vita. In futuro, Kubrick prenderà le distanze dal film, facendo scrivere alla Warner Bros la seguente dichiarazione: «il regista non lo considera niente di più che un esercizio cinematografico goffo e dilettantesco, scritto da un poeta mancato e realizzato da una squadra di pochi amici, e una stravaganza assolutamente sciocca, noiosa e pretenziosa».


Torna suSpeciale a cura di cash - aggiornato al 26/10/2004