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Tra guerra, noir e ninfe

La prima guerra mondiale e le sue trincee: Orizzonti di gloria

Il successo di Rapina a mano armata, in verità più di critica che di pubblico, permise comunque al giovane regista di assaporare la sensazione della notorietà, che lo porterà ad essere contattato da Dore Schary, direttore della distribuzione della M.G.M.

Orizzonti di gloriaLa società Harris-Kubrick venne messa sotto contratto e i due vennero invitati a scrivere sceneggiature. Dopo l'esperienza del noir, Kubrick voleva tornare al tema del suo primo film: la guerra. Per essa Stanley provava sia repulsione che attrazione, come un aracnofobo che osserva un enorme ragno, impaurito ma affascinato. La guerra era in fin dei conti un'estensione del gioco di strategia per eccellenza: gli scacchi. L'amore di Kubrick per Napoleone si può comprendere dal fascino che subiva per la strategia dei grandi generali del passato, di come detenessero poteri enormi ma di come, in fondo, fossero sempre uomini. Inoltre la guerra, con il suo senso della fine, consente agli uomini che ne sono coinvolti di scoprire la loro dimensione umana più sincera; più ci si aggrappa alla propria vita in pericolo, meglio si viene a conoscenza della natura della vita stessa. Kubrick disse: «Il soldato è un catalizzatore, perché tutte le circostanze che si trova a dover affrontare sono cariche di appassionata intensità. Con tutto il suo orrore, la guerra è una forma di dramma puro, probabilmente perché costituisce una delle poche situazioni rimaste in cui gli uomini si alzano in piedi e si battono per quelli che credono siano i loro principi». Orizzonti di gloria, di Humphrey Cobb era perfetto per essere sceneggiato. Ma Schary aveva già prodotto La prova del fuoco e ne aveva abbastanza «di quella roba antimilitarista». Harris e Kubrick vennero quindi caldamente incoraggiati a dedicarsi ad altri tipi di storie. I due, fingendo di occuparsi di altre sceneggiature, lavorarono invece sulla trasposizione del libro di Cobb, ignorando il monito di Schary. Scoperto il fatto, i due vennero licenziati dalla M.G.M. Tornarono quindi da Max Youngstein, della United Artists, che decise di accettare il progetto, ma alle stesse condizioni del film precedente: dovevano avere una valida sceneggiatura e una star disposta ad interpretare il film.

Kirk Douglas in Orizzonti di gloriaLa sceneggiatura fu notata da uno dei principali divi di Hollywood, Kirk Douglas, ma egli non era al momento disponibile. Dopo un interessamento da parte di Gregory Peck, anche lui affascinato dal progetto ma per il momento già impegnato, Douglas si fece avanti chiedendo se la parte fosse ancora disponibile. Naturalmente lo era e Kubrick tirò un sospiro di sollievo. Con una sceneggiatura e una star, riuscì ad ottenere un finanziamento di 850.000 dollari dalla United Artists.

La storia era ambientata durante la prima guerra mondiale, nel 1916, anno in cui la guerra pareva essersi arenata nelle trincee e vincere una battaglia significava spesso guadagnare venti metri di terra in cambio di perdite enormi in termini di vite umane. Il generale dello stato maggiore francese Broulard convince l'amico generale Mireau ad attaccare una posizione nemica chiamata "il formicaio", in apparenza inattaccabile. Mireau, spinto dall'ambizione, acconsente, dopo aver inizialmente rifiutato preoccupato per l'incolumità dei suoi uomini ed incarica il suo migliore ufficiale, il colonnello Dax. Orizzonti di gloriaL'attacco si rivela disastroso, con ingenti perdite e con un'intera compagnia che rifiuta di avanzare, sapendo di andare incontro a morte certa. Mireau, infuriato per la codardia dei suoi uomini, ordina che vengano spronati a suon di cannonate, ma l'ordine non viene eseguito. Mireau cerca vendetta e la trova facendo condannare a morte, tramite corte marziale, tre uomini scelti a caso dalle tre compagnie che hanno partecipato al disastroso attacco. Dax, allibito dalla crudeltà di Mireau, cercherà di difendere i suoi uomini durante il processo senza tuttavia riuscirci. Cerca quindi di informare Broulard del fatto che Mireau ha tentato di far cannoneggiare i suoi stessi uomini, ma il generale sembra indifferente. I tre vengono giustiziati e Mireau pare soddisfatto, ma di questa soddisfazione ne godrà ben poco, perché viene immediatamente allontanato dallo stesso Broulard, che intende sostituirlo con Dax, che però rifiuta.

Questa la trama di Orizzonti di gloria, o per lo meno di come lo conosciamo ora. Inizialmente, subito dopo aver ottenuto la disponibilità di Douglas, Kubrick cercò di mettere mano alla sceneggiatura, facendosi aiutare dall' amico Jim Thompson, che già aveva collaborato nel film precedente. Orizzonti di gloriaLa nuova versione della sceneggiatura fece infuriare Kirk Douglas; secondo il divo, tutti i dialoghi che lo avevano colpito erano qui spariti e i commilitoni si scambiavano le frasi più stupide che avesse mai sentito dire. Dice l'attore: «Era una catastrofe, una povera versione di quella che io avevo trovato così bella. I dialoghi erano atroci. Il mio personaggio diceva diverse cose come "Sei tu l'unico al mondo ad avere un cervello. Hanno buttato via lo stampo dopo aver fatto il tuo? Noi altri abbiamo la testa piena di corn-flakes". C'erano pagine e pagine di dialoghi come questi, prima di arrivare al lieto fine, quando la macchina del generale Rousseau irrompe sul luogo dell'esecuzione ed egli urla l'alt al plotone pronto a far fuoco, tramutando la condanna a morte in trenta giorni di guardina». Douglas chiese a Kubrick il perché di questi cambiamenti e soprattutto il perché del lieto fine. Stanley rispose: «Per renderlo commerciale. Voglio far soldi». Douglas disse che se non fosse tornato immediatamente alla sceneggiatura che lui stesso aveva letto ed approvato, si sarebbe ritirato dal progetto. Così accadde, la sceneggiatura con il lieto fine divenne leggenda. Douglas fece la parte del colonnello Dax, mentre il ruolo del crudele Mireau andò a George Mcready, che con il suo volto sfregiato pareva perfetto per la parte. Già le prime sequenze mostrano l'amore che Kubrick nutre per gli spazi ampi e aperti, come l'interno della palazzina barocca, in cui Mireau e Broulard discutono, scena girata con piani sequenza in profondità di campo, tesi ad esaltare il manierismo dell'ambiente. Tanto più il "luogo del potere" è sontuoso, tanto il luogo dove realmente si decidono le sorti del conflitto è spoglio, claustrofobico e sporco: la trincea. È celebre la sequenza in cui Mireau passeggia in essa, interrogando vari commilitoni scelti a caso (gli stessi che per pura coincidenza saranno giustiziati) circa la volontà di uccidere quanti più tedeschi possibile, ricordando loro che il fucile è il compagno più prezioso (echi che torneranno in Full metal jacket). La sequenza è ottenuta principalmente con delle lunghe carrellate all'indietro e la forte geometria della composizione dell'inquadratura è data dalla figura centrale di Mireau, che scorre i commilitoni disposti nelle file laterali; questa sequenza crea a sua volta un parallelismo con la scena che precede la fucilazione, dove i condannati conquistano il centro della scena. Per ottenere una carrellata liscia e senza gli scossoni e i tremolii che la nuda terra avrebbe causato, la macchina da presa indietreggiava scivolando dolcemente su delle assi di legno. Solitamente, quando si eseguiva una carrellata all'indietro, si tendeva a tagliare fuori dall'inquadratura il pavimento, proprio per non mostrare su cosa scorreva la macchina da presa. Ma Kubrick volle inquadrare tutto; si informò e scoprì che spesso nelle trincee venivano adagiate delle assi di legno, per non far entrare in contatto i soldati con il terreno fangoso. Questo sarebbe stato d'aiuto per le già disastrose condizioni igieniche. Kubrick poté quindi filmare con tranquillità le tavole di legno senza creare falsi storici. Le riprese dell'azione di guerra vera e propria furono un altro pezzo di bravura: vennero utilizzate sei macchine da presa, di cui una maneggiata dallo stesso Kubrick; la sua macchina montava inoltre un teleobiettivo per meglio seguire Dax durante l'assalto. Il montaggio della sequenza ricorda l'incedere dei soldati di Eisenstein e il realismo di tale sequenza fu tale da meritarsi le lodi di Churchill. Per la prima volta inoltre, Kubrick pretendeva che le riprese fossero il più perfette possibile; l'attore Menjou (che interpretava Broulard) non prese troppo bene il fatto di ripetere le scene all'infinito, ma Kubrick sembrava ossessionato dalla perfezione; la scena in cui Timothy Carey afferra la sua ultima cena, un'anatra, venne ripetuta sessantotto volte, facendo crescere a dismisura il numero di anatre cucinate appositamente; Orizzonti di gloriala scena in cui gli uomini sono in prigione e riflettono sul loro destino fu ripetuta sessantatre volte. «Sono arrivato alla conclusione che la realizzazione di un film è uno dei più difficili problemi organizzativi e amministrativi che si possano dare, a parte le operazioni militari», dirà in seguito Kubrick. La metafora della guerra applicata al cinema affascinava Kubrick, come le similitudini che queste avevano con il gioco militare per eccellenza: gli scacchi. Una chiara simbologia per questo gioco la si ha nel momento del processo, in cui tutte le parti si muovono su di un pavimento che è in realtà un'enorme scacchiera. Tutti muovono le loro pedine, ma la partita è inutile, essendo le sorti dei soldati già state decise prima di iniziare. Questo evidente fatalismo altro risultato non ha se non quello di avvilire la figura di Douglas/Dax. Un evidente punto di rottura con il cinema è dovuto proprio alle caratterizzazioni e alle funzioni dei personaggi che Orizzonti di gloria mette in gioco, di conseguenza l'identificazione psicologica è costantemente messa in dubbio; la regola, di norma, sarebbe quella di portare lo spettatore a simpatizzare e ad identificarsi con l'eroe, ma qui non sembra ci siano eroi. Baxter, nella sua biografia, sintetizza così il concetto: «A differenza del libro di Cobb, il film ci impedisce di scegliere con quali personaggi simpatizzare. Mireau e Broulard, i cattivi, sono quelli più interessanti e attraenti del film, mentre le tre vittime sono personaggi per niente gradevoli che si esprimono a monosillabi. Dax, lungi dall'essere un eroe, è un inconcludente liberale da salotto che cita Samuel Johnson a proposito del patriottismo come "ultimo rifugio delle canaglie", ma che messo sotto pressione acconsente a tentare l'attacco, non senza un'ironica riserva nascosta nella frase "Prenderemo il formicaio. Se dei soldati a questo mondo possono riuscirci, noi ci riusciremo" […] Col tempo Orizzonti di gloria dimostrò di essere più interessante come esercizio tecnico che come film polemico. Churchill, pur riconoscendo l'alto livello tecnico del film, evitava di esprimere opinioni sulla sua portata come opera contro la guerra, che non è poi così forte […] Venne progressivamente riconosciuto da tutti come il film americano che ritraeva il militarismo nel modo più elegante e coinciso, senza essere mediato dal moralismo».

Orizzonti di gloriaA parte il crudo giudizio sui soldati, che non ci sentiamo di condividere, bisogna riconoscere a Baxter di aver centrato l'obiettivo; Robert Zinsser scrisse sul "New York Herald Tribune" che «più che condannare la guerra, il film portava alla luce un'atrocità isolata». Ancora una testimonianza di Frederic Raphael, sceneggiatore di Eyes wide shut: «Il film di Kubrick non ha alcun messaggio di o per l'umanità. Non promuove il rovesciamento della classe dirigente e non propugna nemmeno la fratellanza di tutti gli uomini nello stile superficiale della Grande illusione di jean Renoire».

Più indulgente Ghezzi: « […] Il film non è immediatamente antimilitarista né militarista; le sue intenzioni sono diverse dalla violenta ironia cabarettistica di Lester (Come vinsi la guerra), da quella ripetitiva e granguignolesca ma amorfa con cui Nichols mette in scena uno scatenato romanzo di Heller (Comma 22), dalla scelta derisoria altmaniana di mostrare lo spettacolo disarticolato delle retrovie (MASH) […] Kubrick non affida l'eventuale antimilitarismo dell'opera a un visibile punto di vista interno ad essa, o ad uno spostamento sugli aspetti beffardi del fatto bellico (vedi Lester o Altman) o ad un'ambizione didattico-esplicativa sulla realtà (come Rosi) […] Orizzonti di gloria è la costruzione della guerra e del suo funzionare».

L'esistenzialismo di Kubrick non dà speranza; la consueta voice over, subito all'inizio del film, ci ricorda che siamo nel 1916 e descrive brevemente la situazione di stallo. Non c'è riscatto in queste coordinate che imprigionano e fissano il tempo e lo spazio del conflitto; si dà già per scontato che quanto si appresterà a narrare è in realtà una parentesi di qualcosa che si è già concluso. Ogni barlume di speranza ci è negato sin dal principio. Eppure, di fronte a tale fatalismo (e quindi realismo), si crea un'atmosfera che ci riporta ai tempi della guerra astratta di Fear and desire; si noti come "il nemico", come convenzionalmente lo intendiamo, è qui del tutto assente, invisibile. Lo si intuisce solo dagli spari che un po' alla volta decimano gli uomini di Dax. Le vittime illustri, i tre soldati sorteggiati per essere fucilati, così da dare un solenne esempio (secondo Mireau), periscono infatti per mano della loro stessa gente, esattamente come in Fear and desire i quattro uomini si rendono conto alla fine che i nemici hanno i loro stessi volti.

Orizzonti di gloriaDax, impossibilitato a vestire i panni dell'eroe (fallisce sia durante la concitata azione di guerra che nella difesa dei tre soldati), si riscatta però in extremis rifiutando di essere promosso al grado di generale, rifiutando implicitamente di far parte del disegno delle alte cariche militari, coinvolte realmente solo nel loro meschino carrierismo; ricordiamo che Mireau, all'inizio scettico sul condurre l'attacco al formicaio e mostrando anzi pietà verso i suoi uomini, si lascia immediatamente convincere dopo un'offerta vantaggiosa che Broulard gli fa. C'è da chiedersi come avrebbe reagito il Dax della seconda sceneggiatura, quella tanto detestata da Douglas; secondo l'attore, subito dopo l'interruzione dell'esecuzione ad opera del generale Rousseau, Dax avrebbe dovuto andare a bere con lui un goccio, mettendogli un braccio attorno alla spalla. Avrebbe forse accettato di buon grado la promozione a generale?

La sequenza finale vede una ragazza tedesca cantare per i soldati colpiti da psicosi traumatica da guerra. Quella ragazza sarebbe presto divenuta la terza e definitiva moglie di Kubrick: si chiamava Susanne Christian. Di origine tedesca, Susanne era imparentata con Veit Harlan, regista nazista responsabile del tristemente famoso "Suss l'ebreo".

La colonna sonora fu nuovamente affidata a Gerald Fried ed era principalmente incentrata sulle percussioni, in parte suonate dallo stesso Kubrick; si ricorderà della sua avventura all'interno della Swing Band del Taft, nel ruolo di batterista. Uno dei brani era la storpiatura de La marsigliese, l'inno nazionale francese, cosa che non fu molto gradita dai francesi. Fu infatti sostituita (ma solo in Francia) con un pezzo per sole percussioni.

Non fu l'unica cosa non gradita ai francesi, che non gradirono affatto l'immagine che il film dava del loro esercito. Il film, uscito nel '58, fu bandito in Francia e in Svizzera. Bisognerà aspettare il '74, affinché il primo ministro francese Valéry Giscard d'Estaing ritirerà ogni forma di censura politica, dando il via libera alla distribuzione del film, che verrà proiettato in quattro sale di prima visione a Parigi.


Torna suSpeciale a cura di cash - aggiornato al 26/10/2004