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Che strani questi borghesi

La donna di Parigi - 1923 (1976)

Tutti conoscono Chaplin come grande attore, soprattutto nella veste del vagabondo, eppure è stato anche un grande regista oltre che sceneggiatore. Anche adesso pochi sospettano che nella sua filmografia muta ci sia un film "serio", senza alcun risvolto comico: si tratta di "A Woman of Paris" ("La donna di Parigi"), uscito nel settembre 1923 dopo sette mesi di lavorazione. è un film di notevole valore artistico, che all'epoca fece scuola. A parte le vicende melodrammatiche e inverosimili, anche oggi lo si può ammirare soprattutto per la recitazione, per il modo misurato e distaccato con cui viene rappresentata la storia e per il sottile significato etico-filosofico. Purtroppo questo film è stato la vittima più illustre del cliché ormai consolidato che vuole Chaplin come artista esclusivamente comico.

La donna di Parigi"La donna di Parigi" nasce proprio dalla voglia di scrollarsi di dosso questo cliché. Chaplin intendeva affermarsi anche come autore drammatico e approfittò dell'agognata libertà artistica per mettere in cantiere un film serio. Decise di continuare a rappresentare il mondo della borghesia con tutti i suoi vizi e virtù. In questo caso ha portato alla ribalta il bel mondo dell'alta società, pieno di lusso e voglia di godersi la vita senza tante altre considerazioni morali; era il mondo pazzo e festaiolo degli anni Venti che anche Chaplin frequentava: proprio alcune sue amanti dell'epoca (Peggy Hopkins Joyce e Pola Negri) gli hanno dato lo spunto per il film.
Accanto a questo mondo c'è anche quello puritano e moralista della piccola borghesia. Chaplin, con molta intelligenza, non dà un giudizio netto sulle mentalità che rappresenta, ma ce le mostra in tutte le sue luci positive o negative. Tutto sommato fornisce un quadro molto realistico della natura umana. Il risultato è ottenuto con grande perizia tecnica, usando l'ironia, la naturalezza della recitazione e lo scavo psicologico.
Alla fine il messaggio è evidente: non serve giudicare o condannare, viviamo in balia dei destini, tanto vale allora tollerarci e aiutarci a vicenda. Come ha scritto Chaplin, si tratta di "un appello alla tolleranza e alla comprensione dell'umana fragilità".

Il titolo del film in un primo tempo avrebbe dovuto essere "Destino" o "Opinione pubblica". Questo la dice lunga sui veri protagonisti del film. In pratica si riprende l'inizio de "Il Monello", dove una donna anticonformista è vittima dell'opinione pubblica e perseguitata dal destino. Ci troviamo in un piccolo villaggio della Francia, dove Marie (Edna Purviance) è decisa a fuggire e a sposarsi con Jean (Carl Miller). Trova però l'opposizione del patrigno che la scaccia addirittura di casa. Anche il futuro suocero non ne vuole sapere di Marie e i due sono costretti a fuggire a Parigi. Mentre Marie è alla stazione che aspetta il treno, Jean torna a casa a prendere i bagagli, ma trova suo padre morto per infarto. Una serie di incomprensioni fra Marie e Jean fa sì che Marie prenda il treno per Parigi da sola.
La scena della partenza di Marie è una delle poche nella carriera registica di Chaplin in cui si utilizza un effetto speciale. Il treno in arrivo è suggerito con un passaggio di luci sulla faccia di Marie e l'effetto fu ottenuto con un cartone ritagliato fatto passare davanti ad un riflettore.

Passa il tempo e adesso troviamo Marie trasformata in una ricca e sofisticata signora. Tra le righe si capisce che fa la mantenuta di Pierre, un ricchissimo scapolo parigino (Adolphe Menjou). Tra i due c'è un rapporto molto particolare. Formalmente è basato sui soldi e il piacere, ma sotto sotto si capisce che c'è un forte legame fra i due, anche se Pierre fa di tutto per schernirsi. Il destino poi farà in modo che Marie incontri di nuovo Jean, il quale sopravvive modestamente facendo l'artista. Nonostante il distacco simulato, fra i due riscoppia il vecchio amore di una volta. Jean promette a Marie di sposarla, ma l'opposizione della vecchia madre lo porta a rinnegare questo amore proprio mentre Marie per caso lo sta ascoltando. Disperato Jean tenta un ultimo approccio con Marie, che ormai diffida di lui. Durante una cena, i tre (Marie, Jean e Pierre) si incontrano, ma la serata finisce in maniera tragica. Il finale vede il destino e il caso trionfare sui desideri umani; l'unico sollievo è la reciproca solidarietà.

Quel che salta all'occhio nelle scene iniziali è il rifiuto del patrigno e del suocero nei confronti di Marie, senza che se ne riesca a capire il perché. Solo con l'andare del film e lo sviluppare del carattere di Marie si arriva a comprendere. Marie è un'anticonformista, una dai "costumi liberi" e quindi rifiutata dai perbenisti di villaggio. Con il tempo si delinea meglio anche il carattere di Jean. è una persona debole, impulsiva, manca di freddezza e raziocinio. Insomma si scopre che i protagonisti non sono delle figure "eroiche", buone o valorose come andava allora di moda al cinema.

Nel film l'ambiente ricco e sofisticato è rappresentato in maniera accurata e ironica e lo possiamo osservare anche tramite le reazioni di chi ci lavora, come camerieri, cuochi o massaggiatrici. Ad esempio, alla cena in cui appaiono per la prima volta Marie e Pierre insieme, si mostra come sia diffuso il pettegolezzo. Il caposala poi si comporta in maniera untuosa e strisciante con i ricchi e molto severa con i sottoposti. Questi ricchi poi hanno tante stranezze: apprezzano pietanze stravaganti che in genere sarebbero rivoltanti, come uccellini puzzolenti o tartufi allo champagne. In un'altra scena c'è una festicciola sfrenata in un appartamento con tanto di spogliarello. Sono scene che sembrano uscite dal "La Dolce vita" di Fellini. Era la Francia nel film, ma in realtà si voleva rappresentare gli Stati Uniti dell'epoca, con fatuità e ipocrisie all'ordine del giorno. Su tutte spicca la bellissima scena della massaggiatrice: mentre le amiche di Marie spettegolano, la massaggiatrice fa il suo lavoro normalmente, ma con lo sguardo e l'espressione dà un giudizio morale severissimo suquello che ascolta. Si tratta di una delle scene più sottilmente espressive dei film di Chaplin.

La donna di ParigiCome suo solito riesce con molta finezza a raccontarci l'interiorità e i rapporti fra i personaggi. All'epoca la censura non avrebbe accettato la rappresentazione diretta di un rapporto cortigiano, quindi per suggerire lo stato di grande intimità che c'era fra Marie e Pierre si fa cadere da un cassetto di Marie un colletto da uomo, oppure Pierre va a prendersi un suo fazzoletto direttamente nella stanza da letto di Marie.
Molta cura è anche nella rappresentazione della lacerazione interiore, palese o dissimulata, dei personaggi. Marie oscilla fra il desiderio di godersi i piaceri della vita e il richiamo della solidità morale data dalla famiglia. In una scena Marie confessa a Pierre la sua volontà di sposarsi e avere dei figli, allora Pierre le fa vedere dalla finestra una famigliola povera e litigiosa ("è questo quello che vuoi?", sembra dirle), poi le rinfaccia il lusso in cui vive. Marie con rabbia si strappa una collana di dosso e la getta in strada. Quando si accorge che un povero l'ha raccolta e la sta portando via, presa da un raptus, scende giù di corsa e inseguita da un cane cerca di riprendersela. La scena è decisamente comica e serve per mostrare le contraddizioni di Marie.
Pierre è apparentemente il personaggio "cattivo" del film. Si diverte a punzecchiare e a prendere in giro Marie, però si capisce alla fine che non può fare a meno di lei e che nonostante tutto le vuole bene. Però la sua leggerezza e il vizio di giocare con i sentimenti degli altri porterà la vicenda alla tragedia.
Certo anche Jean fa di tutto per complicarsi la vita. Vuole e non vuole, dice e non dice. Soprattutto agisce da sconsiderato, rovinando così la propria vita e quella degli altri.
Fra tanta rovina e dolore, la madre di Jean ha però il coraggio di tralasciare qualunque odio e capisce che a questo mondo bisogna aiutarsi, non farsi la guerra.

Il finale è lieto a metà come nello stile di Chaplin. Certo Marie e la madre di Jean vivono felici in campagna, aiutando gli altri; nei loro sguardi c'è però un velo di malinconia. Anche Pierre appare più vecchio e meno vivace. Il destino e il caso si prendono gioco di loro. Sarebbe bastato un nonnulla e si sarebbero incontrati di nuovo e poi chissà...

Nonostante le lodi della critica, il film fu un fiasco commerciale. Prima di tutto fu massacrato dalla censura e vietato del tutto in tredici Stati degli U.S.A. Per il gusto dell'epoca un film dove l'eroina è una poco di buono, dove il cattivo è intelligente e simpatico, dove il buono è debole e sconsiderato, non poteva certo entusiasmare. Tanto più che non si rideva e non c'era il vagabondo, quello che tutti consideravano il vero Chaplin.
Per lui fu una delusione cocente e una lezione per il futuro. Era costretto a cercare a tutti i costi il compromesso fra intrattenimento e messaggio artistico. Solo a partire da "Monsieur Verdoux" ritroverà il coraggio di affermare con forza il suo anticonformismo. Questo film fu invece ripreso da Chaplin nel 1976, che ne tagliò alcune scene troppo sentimentali e lo dotò di colonna sonora. Fu l'ultimo lavoro prima della morte, la notte del 25 dicembre del 1977.


Torna suSpeciale a cura di amterme63 - aggiornato al 03/04/2009