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Il crollo delle illusioni

Monsieur Verdoux - 1947

Monsieur VerdouxChi guarda "Monsieur Verdoux" dopo avere visto tutta la serie di film precedenti non può fare a meno di meravigliarsi del cambio di atmosfera e di stile. Non c'è più la contrapposizione fra un mondo duro ed egoista e alcune singole persone che cercano una via per migliorarlo. Non c'è più il sentimento che rischiara una vita buia e dolorosa. Non si trova più neanche un'illusione che dia speranza o un finale che lasci la porta aperta. Mancano poi tutte quelle scenette scherzose fatte di furbizie, spensieratezza e arte mimica che ci facevano ridere di cuore anche delle brutture del mondo. Ci troviamo davanti invece ad una storia inesorabile, una descrizione ironica e sarcastica di un mondo crudele e violento, coperto da una spessa coltre di ipocrisia. Si sorride amaramente degli "ingegnosi" sforzi di un comune piccolo-borghese per poter realizzare il sogno di sempre nei film di Chaplin: una vita tranquilla e pacifica con la propria famiglia senza preoccupazioni materiali. Il finale ci fa vedere come tale sogno sia impossibile e che non esiste speranza o illusione in una società che giustifica chi riesce a distruggere di più e meglio. Come mai questa improvvisa perdita di fiducia?

Senz'altro la causa principale dell'incupirsi della visione del mondo di Chaplin sta nelle conseguenze della Seconda Guerra Mondiale. La scoperta dei campi di concentramento nazisti è stata una mazzata alla speranza che gli esseri umani possano civilizzarsi insieme al progresso tecnico. Le forze alleate hanno sì vinto ma a quale prezzo! Non solo hanno subìto la logica disumana della distruzione, ma hanno anche rilanciato, riuscendo a produrre la bomba atomica e addirittura ad usarla, facendo fuori centinaia di migliaia di vittime innocenti in un sol colpo. Che prospettive ci possono essere con una logica del genere?
A ciò si aggiunge la campagna denigratoria di ampia parte della stampa americana (soprattutto conservatrice) nei confronti della sua vita privata. Anche stavolta era scivolato sulla solita buccia di banana della giovane intraprendente a caccia di successo. Joan Barry però era una psicolabile violenta, la quale, aiutata da alcuni giornalisti e dal FBI, riuscì a montare contro Chaplin un processo per induzione alla prostituzione e per riconoscimento di paternità. Assolto dal primo, fu invece condannato nel secondo processo per cavilli legali, anche se le prove scientifiche lo scagionavano. La cosa grave furono le requisitorie degli avvocati dell'accusa che dipinsero Chaplin come un essere abietto, depravato, libertino, un pericolo per la morale pubblica che andava reso innocuo. Il bello fu che l'opinione pubblica credette a questa versione. Chaplin non vide altro modo di dipingere l'uomo comune in un film se non legato alle forme esteriori, alla materialità della vita, senza un briciolo di intelligenza, comprensione o umanità. Il protagonista non può far altro che adeguarsi a questo modo di pensare e portarlo alle estreme conseguenze. Il furto e l'omicidio non diventano altro che un aspetto della logica degli affari.

In origine Chaplin voleva sfruttare un'idea che gli aveva dato Orson Welles nel 1942, ovvero ricavare un film comico dalle vicende del serial killer francese Landru, il quale adescava zitelle o vedove, le sposava e poi le uccideva per riscuotere l'eredità. Il lato comico fu però sopraffatto dal fascino che sentiva Chaplin per il crimine in sé e per la voglia di dargli una spiegazione: "è più importante capire il crimine che condannarlo". "Monsieur Verdoux" divenne così "A comedy of murders", una commedia di omicidi, dove per tali s'intendono anche quelli delle armi di distruzione di massa. Il copione era pronto nel 1946 e stavolta le riprese durarono solo dodici settimane. La censura voleva proibirlo del tutto, ma poi si accontentò di togliere qualsiasi allusione a rapporti sessuali.
La prima fu l'11 Aprile 1947 e fu un'esperienza penosa. Il pubblico non poteva capire un umorismo così sottile e raffinato. Anche la critica non prevenuta trovò che il film era eccessivamente lento e l'argomento per niente comico. Solo pochi apprezzarono soprattutto la profondità e l'intelligenza del soggetto, l'anticonformismo e il coraggio nel trattarlo. All'insuccesso contribuirono anche i picchetti davanti ai cinema e il boicottaggio delle catene distributive orientate politicamente a destra. Il film ebbe invece grande successo in Europa. Chaplin lo considerava "il film più brillante e intelligente che io abbia mai realizzato".

Dal punto di vista stilistico si tratta del primo film dove la tecnica del sonoro ha ormai soppiantato ogni residuo del periodo muto. Anche le tecniche di ripresa si sono evolute. La cinepresa si muove spesso con carrellate e molti primi piani, addirittura fa capolino il piano sequenza, mai usato prima da Chaplin.

La forza del film sta però nelle tecniche di narrazione. Bisogna fare estrema attenzione ai particolari, come ne "La donna di Parigi", perché molta della storia viene suggerita più che rappresentata. Per tutto il film si cerca di giustificare Verdoux, di portare lo spettatore dalla sua parte e rendere i suoi atti "plausibili". Già la prima scena vuole dare questa impressione. S'inquadra una tomba (Henri Verdoux 1880-1937) e una voce educata, suadente saluta ("Good evening") e si presenta. è il morto che parla, anticipando così l'inizio del "Viale del tramonto" di Wilder. In maniera molto affabile ed elegante spiega la sua storia di bancario nella Francia fra le due guerre mondiali. Dopo trent'anni di onorato servizio viene licenziato e si ritrova in mezzo alla strada. Per mantenere la famiglia continua il lavoro in proprio, "liquidando" persone dell'altro sesso. Si ha la prima dimostrazione del paradosso su cui si regge il film; Verdoux fa un servizio economico alla società, perché recupera capitali altrimenti inattivi (i depositi di vecchie zitelle) e li rimette in circolo, senza badare alla moralità dei mezzi usati. "Liquida" in tutti i due sensi: fisico ed economico. Per lui è solo una professione come le altre.

Si entra nella storia descrivendo l'ambiente in cui si svolge: quello della piccola borghesia. Si ritrae la famiglia Couvais, il primo di una serie di quadretti molto corrosivi e satirici. Si tratta di gente mediocre e banale, legata da vincoli formali ma che convive fra tensioni e litigi. Si preoccupano della loro parente Thelma solo perché ha chiuso il proprio conto in banca. Che fine abbia fatto ci viene suggerito dalla scena seguente, dove un raffinato signore cura delle rose mentre un inceneritore emette del fumo nero. Vista l'epoca, si pensa subito ai forni crematori e si intuisce la fine che può aver fatto Thelma. Eppure quel signore è così perbene e ha anche paura a schiacciare un bruco. Solo che trasalisce ogni volta che un campanello suona o qualcuno bussa. Per il resto dimostra molta professionalità nel contare i soldi, nel gestirli e sa come comportarsi in società. Dà subito dimostrazione del suo "lavoro" quando riceve la visita di una ricca vedova (M.me Grosnay) che vuole comprare la villa dove risiede. Si rivela un abilissimo seduttore che sa trattare affari e fingere sentimenti ad arte. Qualche particolare (un busto di manichino nella camera da letto della ex-moglie) richiama una situazione interiore non proprio tranquilla. Ogni tanto appaiono le vecchie espressioni del vagabondo e servono appena a tinteggiare di comico situazioni improntate alla satira dell'ipocrisia.

Alcuni stacchi sulla polizia o su ex colleghi hanno funzione narrativa e ci presentano Verdoux visto dall'esterno. Lo possiamo vedere all'opera quando, per proseguire le sue attività di borsa, deve procurarsi 50.000 franchi. Eccolo che va a "liquidare" Lydia, una vecchia brutta, dura e arcigna che pensa solo al lato materiale delle cose. è presentata in maniera da suscitare poca pietà nello spettatore al pensiero che venga uccisa. L'atto dell'uccisione non viene minimamente mostrato ma solo suggerito. La sera prima Lydia entra in camera da letto con la cassetta dei soldi in mano, si raccomanda che tutto sia chiuso ("Certo", risponde in tono ironico Verdoux) e poi riprende Verdoux per le smancerie romantiche che recita di fronte alla luna. Una breve musica drammatica fa immaginare cosa possa essere avvenuto. La mattina Verdoux esce tutto contento dalla camera con la cassetta dei soldi in mano, apparecchia colazione per due, poi ci ripensa e toglie un coperto. Il comico paradossale sta in questa nonchalance ed allegria di fronte ad un omicidio commesso (ma per lui è solo "business" come spiegherà poi).

Per riabilitare Verdoux e spiegare il suo gesto, s'inserisce l'intermezzo sentimentale della visita alla sua vera famiglia, tenuta all'oscuro di quello che fa. Sua moglie è invalida ma nonostante ciò è dolce e amabile, suo figlio è un bimbetto bello e vispo. Verdoux dimostra così di avere un cuore dietro la corazza dell'indifferenza all'omicidio.
Si sfoga con la moglie. Fuori è una giungla, per fortuna che ha un "lavoro" che gli permette quello che per lui deve essere un diritto di tutti: la sicurezza materiale, un briciolo di benessere. Il tutto detto però con tono amaro e disilluso. La famiglia di Verdoux è molto idealizzata. Non viene spiegato come si è formata e non si spiegherà poi nemmeno come mai all'improvviso sparisca, risucchiata da una tremenda crisi economica. Serve più che altro a dare una giustificazione morale al comportamento di Verdoux.

Monsieur Verdouxè una breve parentesi e poi di nuovo nel turbine a curare i propri "affari". Entra in scena la moglie più comica di Verdoux: Annabella Bonheur, interpretata dalla bravissima Martha Raye. La classica americana sguaiata, esuberante, godereccia ma così poco sensibile e sentimentale, attaccata anche lei alla materialità della vita. Si fa facilmente ingannare, ma è assistita dalla fortuna e per Verdoux è un osso durissimo. Si ride proprio dei suoi tentativi andati a vuoto di farla fuori. Allo stesso tempo cerca di farsi sposare da M.me Grosnay. In questa parte del film le scene sono interlocutorie e un po' ripetitive. Si tratta della parte meno riuscita.

Ritornato in famiglia, incontra i Bottello, un altro ritratto feroce e satirico di una coppia piccolo-borghese. Dal signor Bottello, farmacista, impara la formula di un preparato che uccide le persone senza lasciare traccia. Decide di provarlo su di una cavia e una sera trova una giovane sola per la strada (si capisce fra le righe che è una prostituta) e la invita a casa propria. Inaspettatamente il discorso scivola sulla filosofia della vita. L'esistenza è triste e dura, non sarebbe meglio farla finita subito in maniera indolore? "Yet, life is wonderful" ("Eppure la vita è meravigliosa") risponde la prostituta, vale la pena vivere anche solo per vedere la primavera, le notti estive, la musica, l'arte, l'amore. Sì l'amore esiste: è dono, sacrificio. Anche lei ha amato un invalido e avrebbe ucciso per lui. è sufficiente per convincere Verdoux a risparmiarla. Non può fare a meno di dirle: "Il mondo è crudele e bisogna essere crudeli per sopravvivere". "No, il mondo è confuso e triste, ma è la bontà che lo rende bello" risponde lei. è un raggio di sole che filtra nel film e sembra di risentire i toni del vagabondo.

Verdoux continua comunque il suo "lavoro" e ha occasione di sfruttare il preparato sull'ispettore Morrow che era venuto ad arrestarlo. è l'ultimo colpo di fortuna che ha. Il tentativo di far bere la pozione ad Annabella fallisce di nuovo con uno strascico di gag comiche dovute ad equivoci. Anche il tentativo classico di annegarla durante una gita in barca va in malora. Questa è forse la scena più comica del film, una delle migliori dell'umorismo nero, con la Raye in splendida forma. Si rivede anche un po' della pantomima del vagabondo, ma solo per pochi istanti. Intanto Verdoux seduce M.me Grosnay e si arriva così alla cerimonia del matrimonio. è l'occasione per un altro campionario di mediocrità e formalismo piccolo-borghese, con tanto di primo piano di queste facce un po' beote e piene di sufficienza. Purtroppo per Verdoux anche qui Annabella ci mette lo zampino e fa naufragare il suo progetto in mezzo alle solite gag comiche.

Gli sforzi dei singoli individui non servono a niente. Sono le sovrastrutture economiche che decidono il destino delle persone. Basta una crisi economica per fare piazza pulita. Come nelle teorie del darwinismo economico, il più debole e meno adatto perisce; queste sono le leggi della società. Così anche la famiglia di Verdoux viene spazzata via e lui ormai si ritrova solo e svuotato di tutto. Il caso fa in modo che incontri di nuovo la prostituta idealista. Adesso è ricca e fa la mantenuta di un produttore di armi, mestiere molto redditizio destinato a grandi sviluppi. Il suo amante è una persona buona ma negli affari è senza scrupoli. "Gli affari non hanno scrupoli" sentenzia Verdoux. Poi le chiede "Lo ami?". No, lei non crede più all'amore, ormai è disillusa e ha perso ogni idealismo. Ogni illusione è crollata. Veramente nel film non si vuol dare alcuna speranza. Verdoux si sfoga con lei. è rassegnato, ammette di avere vissuto come in una specie di incubo. Adesso si lascia vivere, disperato e indifferente, in attesa che si compia il proprio destino.

Il destino non tarda ad arrivare, anzi Verdoux gli va incontro. I parenti di Thelma lo riconoscono in un caffè. Verdoux si consegna a loro quasi di sua iniziativa, da quanto sono maldestri e imbranati. Al processo apprende la condanna a morte senza battere ciglio; sembra aver recuperato il fare elegante dei bei tempi. Prima di morire si vuole togliere però un po' di sassolini dalle scarpe. è stato onesto per trent'anni e nonostante ciò è stato lasciato senza lavoro e senza sussistenza. A cosa è servito essere stati onesti? Poi perché lo si deve accusare di essere un "mass killer" se al mondo si fabbricano armi di distruzione di massa di precisione scientifica, che vengono usate tranquillamente per uccidere anche donne e bambini? Rubare e uccidere gente? Paga solo se viene fatto su grande scala. I numeri santificano. "One kill makes a villain, millions a hero" ("Un omicidio fa il criminale, milioni l'eroe"). Il tutto è la logica conseguenza dell'etica degli affari (il profitto a ogni costo).

Questa grande tranquillità e sicurezza Verdoux la mantiene anche di fronte al prete, un signore alto e spirituale. Verdoux gli fa capire che per lui l'aldilà non è una preoccupazione, è preoccupato per quelli che rimangono sulla terra. In tribunale ha lanciato anche una sinistra profezia: "Presto ci rivedremo tutti", come se temesse una catastrofe nucleare che distruggesse la terra. Anche per questo film Chaplin è stato accusato di usare toni da oratoria e da predicatore. Può essere, ma è riuscito anche stavolta a lasciare un'impressione fortissima nello spettatore e qualche dubbio in testa che può far riflettere.
Chissà, nel nero completo del finale c'è forse un barlume di luce. Prima di morire viene offerto a Verdoux del rum. All'inizio rifiuta ma poi ci ripensa; non aveva mai assaggiato prima il rum e adesso vuole sentire com'è. Una scena insignificante che invece rivela come Verdoux tenga ancora alla vita e come basti poco per trovarci nonostante tutto un senso, se non altro la "curiosità".

L'arte assolve Verdoux. Il suo corteo funebre è accompagnato da musica d'occasione, la sua figura è illuminata da un raggio di sole, con il suo incedere stanco e zoppicante sembra che porti sulle spalle il fardello di tutta la gente che ha sofferto per sopravvivere. Finisce così una delle critiche più aspre all'etica capitalista e uno dei film più cupi e pessimisti della storia del cinema.


Torna suSpeciale a cura di amterme63 - aggiornato al 03/04/2009