speciale charlie chaplin - la corsa all'oro ma non alla felicità - la febbre dell'oro - 1925 (1942)
al cinemain tvanteprimearchivioserie tvblogtrailerclassifichespecialiregistiattorirecensioniforumfeedmy
Skin Filmscoop in bianco Filmscoop nostalgia
Ciao Paul!
Ricerca veloce:       ricerca avanzatabeta

La corsa all'oro ma non alla felicità

La febbre dell'oro - 1925 (1942)

Uno dei timori ricorrenti di Chaplin era che il successo svanisse da un momento all'altro e che il pubblico si stancasse di lui. Ad esempio Fatty (Roscoe Arbuckle, un suo collega del periodo Keystone) era stato coinvolto nel 1921 in un processo per la morte di una ragazza, e da allora il pubblico gli aveva voltato le spalle, decretandone il fallimento. La concorrenza si faceva poi più agguerrita; in quegli anni si stavano affermando Buster Keaton, Harold Lloyd e Harry Langdon. L'insuccesso di pubblico de "La donna di Parigi" era stato un campanello di allarme. Prima che fosse troppo tardi, Chaplin desiderava creare un capolavoro, qualcosa che lo potesse far ricordare dalla posterità e che facesse iscrivere il suo nome nei libri di storia del cinema.

La febbre dell'oroAnche se cercava di fare delle proprie comiche dei piccoli gioielli artistici, la massima aspirazione di Chaplin era di essere apprezzato dal maggior numero di spettatori; lasciò perdere quindi le sottigliezze ironiche e le introspezioni per tornare al suo cavallo di battaglia di mescolare il drammatico con il comico. L'idea geniale fu quella di accentuare all'estremo il contrasto fra questi due aspetti dell'esistenza umana. Nel film che gli venne in mente - "The Gold Rush" ("La febbre dell'oro) - si sarebbe riso della massima emergenza che può capitare ad un uomo, cioè quella di morire di fame; l'ambiente sarebbe stato quello ostile e inospitale dell'Estremo Nord ed il vagabondo avrebbe vissuto l'onta del rifiuto plateale e della presa in giro da parte della ragazza amata. Mai come in questo film il vagabondo avrebbe sofferto di solitudine e si sarebbe sentito così isolato dagli altri.

Questa era però solo la parte tragica della storia. Per ottenere il massimo di risultato comico e di apprezzamento da parte del pubblico, dovette cedere alle convenzioni filmiche dell'epoca. La storia è infarcita di coincidenze incredibili e di colpi di fortuna sfacciata; la verosimiglianza de "La donna di Parigi" qui è un ricordo lontano.
In contrasto con le sventure estreme, questo è l'unico film con il finale palesemente lieto. Dalla fame il vagabondo passa all'estrema ricchezza e alla conquista certa della donna amata. Nel 1942, in occasione del rifacimento sonoro del film, Chaplin cercherà però di smorzare il finale eccessivamente lieto. Resta comunque l'opera più convenzionale e ottimista di Chaplin, quella che gli ha sì assicurato il grande successo di pubblico, ma non quella che lo ricorderà per l'eternità. Ci sono però delle scene di grande valore comico e artistico che resteranno per sempre nella memoria collettiva degli amanti del cinema. Come si fa a dimenticare la cena a base di scarpone bollito? La scena dell'allucinazione è straordinaria, mentre non si può fare a meno di ammirare la grande arte mimica di Chaplin nella splendida scena della danza dei panini.

L'idea per "La febbre dell'oro" gli era venuta alla fine del 1923 guardando alcune fotografie che ritraevano una colonna lunghissima di gente che scalava un passo innevato nel Klondike (Alaska), andando a cercare l'oro. Lesse anche un libro che raccontava l'avventura di un gruppo di coloni sperduti nelle nevi della Sierra Nevada, che per sopravvivere erano stati costretti a mangiare le scarpe e i corpi dei compagni morti. Come al solito, in poco tempo, Chaplin aveva il film già bell'e pronto in testa senza bisogno di scrivere una vera sceneggiatura.

La prima scena che gira è quella grandiosa che apre il film. Come nella cartolina modello, una miriade di persone sale un ripido e faticoso pendio innevato sullo sfondo di grandi montagne. Questa scena memorabile fu girata dal vero in Sierra Nevada con circa seicento comparse, per lo più veri vagabondi, felici di lavorare per il loro "rappresentante" più famoso. Le grosse difficoltà incontrate in questa occasione convinsero a girare il resto del film negli studi; fu così che in pieno agosto si ricostruì in California una falsa Alaska fatta di cartapesta, gesso e sale. Va detto che i set e le miniature sono perfetti, se si pensa all'epoca in cui fu girato il film.

In questo ambiente tutto bianco e solitario, infestato dalle bufere e dagli orsi, si muove baldanzoso il nostro vagabondo, sempre animato dalla speranza di migliorare la propria vita.
La bufera lo fa finire nella capanna di un fuorilegge da cui non riesce a (o non vuole) andare via. Interviene anche il robusto Big Jim McKay (Mack Swain, un vecchio partner del periodo Keystone) che ingaggia una lotta per la supremazia con il fuorilegge. In questa vicenda il vagabondo tiene un atteggiamento remissivo e opportunista, non molto onorevole. Del resto quando si tratta della propria sopravvivenza non serve fare tanto l'eroe, questo suggerisce la scena.
Per varie circostanze, il vagabondo e Big Jim si ritrovano soli nella capanna, tremendamente affamati. In questa occasione estrema viene fuori tutta la forza psicologica del vagabondo, che cerca di non cedere alla disperazione: visto che non c'è altro, non disdegna di mangiare anche uno scarpone. Pure in questo frangente non rinuncia all'ironia e allo scherzo, perché questo è l'unico modo per sopravvivere anche mentalmente. Ecco che si comporta come un raffinato chef con una gustosa pietanza, guarnita con il suo sughino di cottura. Nonostante la faccia con gli occhi pesti, il vagabondo si sforza di apparire soddisfatto e deliziato dal manicaretto, succhiando i chiodi come fossero saporiti ossicini.

"Dobbiamo ridere della nostra impotenza di fronte alle forze della natura, altrimenti impazziremmo". Niente di più vero, in questo film. Infatti Big Jim, che non ha la forza mentale del vagabondo, letteralmente perde il senno. Prima immagina di vedere un pollo gigantesco al posto del vagabondo, poi lo vuole mangiare così com'è, da essere umano! Per fortuna una coincidenza incredibile fa piovere nella capanna un orso mansueto che si fa uccidere e mangiare.
Nella scena dell'allucinazione il pollo gigante fu recitato da Chaplin in persona, perché nessuna controfigura era capace di renderlo in maniera così perfetta come lo si vede sulla pellicola.

Separatosi da Big Jim, il vagabondo torna in paese triste, avvilito e a mani vuote. Entra in una sala da ballo, invidioso di tutta quella gente che si diverte e per caso viene invitato a ballare da una bella ragazza (Georgia Hale) che vuole fare un dispetto al suo robusto spasimante. Nel vagabondo nasce l'illusione, ma ci pensa la crudeltà comica a ricordargli chi è. Infatti gli cadono in continuazione i pantaloni, poi finisce per legarseli con il guinzaglio di un cane. Questi ad un certo punto lo fa finire per terra, facendogli fare una brutta figura di fronte a tutti. Anche i suoi tentativi di fare lo spavaldo nei confronti dello spasimante non fanno altro che umiliarlo ancora di più, non fosse per una coincidenza fortuita (l'ennesima) che lo fa uscire "vincitore". L'amore comunque è sbocciato.

La febbre dell'oroGrazie all'astuzia e alla scaltrezza il vagabondo si fa assumere come custode da un ingegnere minerario (Henry Bergman). Per caso Georgia lo visita nella capanna dove abita e si diverte alle sue spalle, facendogli credere di essere invaghita di lui e fissando così una cena per la sera dell'ultimo dell'anno. Anche qui ci pensa il piede fasciato del vagabondo che prende fuoco a fargli fare brutta figura e a farci ridere un po'. Con questa tattica però si crea nello spettatore simpatia e appoggio per il povero illuso, il quale si fa sorprendere da Georgia mentre butta all'aria la capanna dalla contentezza.

Arriva la sera fatidica. Il vagabondo ha preparato il meglio che le sue tasche potessero permettergli, ma la festa si svolgerà solo nel suo sogno. Lì non manca l'allegria, la semplicità e il sentimento. Con semplici cose, come due panini e due forchette, imbastisce una scenetta giocosa di una delizia incredibile, riuscendo a dar vita grazie alla sua abilità mimica ad una specie di pupazzo danzante estremamente simpatico e vivace. Questa scena l'aveva già proposta Fatty alcuni anni prima, ma Chaplin gli infonde tutto il suo calore sentimentale e la fa diventare qualcosa di artisticamente unico.

Il tono sentimentale e commovente continua nella scena seguente. Nella sala da ballo tutta la comunità festeggia e canta unita, mentre fuori il vagabondo guarda dalla finestra, solo ed escluso.
Alcune inquadrature riprendono il vagabondo di spalle, solo, mentre sullo sfondo la gente balla e si diverte. Questo non fa che nobilitare il personaggio. C'è anche occasione per Georgia di scoprire il buon cuore del vagabondo e di pentirsi: "lo scherzo è andato troppo oltre". Sembra però durare poco, perché il giorno dopo è di nuovo ai ferri corti con il suo spasimante e non sembra gradire più di tanto la dichiarazione e l'abbraccio del vagabondo, che la crede innamorata di lui.

Andando verso il finale si infittiscono le coincidenze inverosimili. Big Jim ha scoperto una miniera d'oro ma ha bisogno del vagabondo, perché non si ricorda più dove sia. Ritornati nella tundra si ritrovano di nuovo in mezzo a una bufera, che fa scivolare (!) la capanna sull'orlo di un precipizio, proprio dove si trova la miniera di Big Jim (!!!). Si tratta di "scuse" per creare la scena molto comica della capanna che si inclina lentamente e ridere delle reazioni psicologiche e dei comportamenti di fronte ad un pericolo estremo. Ovviamente c'è il salvataggio acrobatico dell'ultimo secondo con Big Jim felice per l'improvvisa ricchezza e il vagabondo per essere ancora in vita.

Mai era successo al vagabondo di diventare così ricco. Ha abbandonato addirittura il suo modo di camminare a piedi storti. Solo con i vestiti laceri di una volta riprende i suoi vecchi modi e guarda caso si ritrova davanti proprio Georgia, la quale lo tratta con solidarietà e simpatia. Quando però viene a sapere che è diventato milionario allora non disdegna più la persona che ha davanti e si lascia "conquistare" in un lungo e intenso bacio, che chiude il film muto del 1925. Il pubblico ha così ottenuto quello che voleva, ed infatti è accorso in massa, decretando il grandissimo successo del film (a fronte di una spesa di circa un milione di dollari, ne incassa sei).

Nel 1942 Chaplin decide di rimettere in circolazione il film, dotandolo di colonna sonora scritta da lui e inserendo dei commenti e dei dialoghi sulle immagini. Si tratta della versione che comunemente troviamo in circolazione. Il sonoro toglie però drammaticità e distoglie l'attenzione dall'arte recitativa. I commenti poi sono molto convenzionali. Introduce però un'importante novità: il film finisce appena dopo il riconoscimento di Georgia dell'avvenuta trasformazione del vagabondo in un milionario (l'esatto rovescio di "Luci della città"). Non si dice cosa avverrà dopo; si tratta del tipico lieto fine a metà di Chaplin, che lascia così la porta aperta a qualunque interpretazione.


Torna suSpeciale a cura di amterme63 - aggiornato al 03/04/2009