Avevamo lasciato Eduard e Lucie affamati, lei in ispecie, per raggiungere un grado soddisfacente della scala sociale; li si ritrova nel 1935 convinti nazisti (almeno esteriormente), frequentatori delle case che contano almeno nell'immobile Schabbach (dove non succede mai niente), le case con le svastiche enormi appese fuori dalle finestre sui teloni rossi.
Il progresso tecnologico promosso da ogni dittatura però non toglie dall'ignoranza quasi bonaria ed ingenua, da contadini, da provinciali quali sono, gli abitanti di Schabbach e pure (soprattutto) quelli che hanno fatto carriera. Eduard è diventato borgomastro di Rhaunen, indossa la divisa pulita e ordinata da nazista; Wiegand padre telefona al figlio Wilfried, avviato ad una brillante carriera da SS, e uno urla non capendo neanche il funzionamento del telefono (la tecnologia nazista ai limiti dell'inutile, vacua apparenza e inservibile se non per motivi guerrafondai), il figlio declama di avere di fronte la vista migliore del Reich: ovvero nulla, un misero cortiletto che da su altre finestre uguali come tante altre.
È l'ignoranza nazista di contadini ottusi in un ruolo che ricoprono senza alcuno spiraglio se non quello di migliorarsi agli occhi degli altri, di compiere l'arrivismo più folle e cieco. Altro momento che fa capire quanto poco molti tedeschi vogliano coscientemente seguire le politiche del Reich è dato quando Lucie, in risposta alle accuse di Eduard sui banchieri ebrei che si arricchiscono, replica con onestà ingenua: "Sono uomini anche loro!". Certo, ma ancora per poco.
L'ignoranza e ottusità, unita ad una certa innocenza di fondo, fa capolino nei giochi e vizi innocenti di alcuni: le fotografie per Eduard, sua grande passione, e la promozione da parte di quest'ultimo per coltivare il "talento" del giovane Hans, guercio che si diverte a sparare ai simboli del progresso tecnologico (i pali dell'elettricità) e che secondo la logica di molti è naturalmente avvantaggiato nel mirare. Lo porterà poi alla morte, questo incoraggiamento, ancora una volta con uno sguardo che Reitz getta impietoso e quasi incurante ai giochi (mai e sicuramente non) innocenti.
È un anno (1935) e un episodio di ostentazioni; il più corto fino a questo momento, e che fa da apripista ad una serie di capitoli molto più contenuti rispetto a quelli precedenti in termini di durata, ma non per questo meno densi di avvenimenti e di spunti. Ostentazione: quella di Wilfried, come abbiamo visto menzognero con il padre e che poi ritornato a Schabbach continua ad affascinare Lucie millantando grandi incontri con tono spavaldo e pomposo. Ostentazione: quella della gente che spende "come mai fino ad allora" nel Natale, rinfrancata dalle politiche di Hitler. Ostentazione: quella che vede Anton nella casa degli zii Lucie ed Eduard, che presto lascerà il posto ad uno sfarzoso quanto inutile castello nelle intenzioni di Lucie, benedetto dall'interramento della prima (ed ultima) pietra con il portafortuna di una sua calza (malignamente potremmo dire da prostituta qual è/qual'era). Ostentazione infine: quella nella chiesa, dove si fa gara (tra gli arrivisti e arrampicatori sociali Lucie e Wilfried, attratti entrambi e complici) a chi canta in maniera più forte; mentre il padre di Wilfried, il signor Wiegand, ascolta la preghiera nazista alla radio, una vera e propria "preghiera hitleriana", specchio di quella che inconsciamente si compie nella chiesa cattolica affollata da un (fasullo) spirito di comunità.
Wiegand dice "La mia casa è la chiesa" e lo spettatore può tranquillamente giocare a rovesciare l'asserzione a piacimento avendo entrambe, in fondo, lo stesso spirito "politico". Alla radio si prega Hitler e si martirizza il nome di Horst Wessel e della sua canzone/inno nazionalsocialista. Solo Katharina, quasi sullo sfondo, ironica e senza paura, ha il coraggio di parlare di debiti, debiti, debiti dietro e nonostante tutta l'ostentazione di ricchezza e di valori puramente ipocriti.
Nota amara sul finale in cui Reitz, oltre ad offrirci degli spunti inestimabili che in una seconda visione acquistano sempre più significato (i figli di Maria giocano ai loro futuri lavori/passioni/ossessioni: Anton meccanico ed Ernst agli aerei), chiude con una nota amara che riflette, in fondo, la tragedia personale di Lucie. Suo figlio Horst (nome non casuale, vedi sopra) lo vediamo poco e lo vedremo pochissimo in seguito. Lei, delusa dal marito che si adagia sulla sua posizione di borgomastro e fotografo e dalla partenza di tre funzionari nazisti (Rosemberg, Fick e Ley) che avrebbero potuto concretizzare la sua fama di ricchezza sociale, si rifugia nei pensieri sciacalli in cui sfruttare dei futuri terremoti o incendi nell'Hunsruck. Ma "qui non succede mai niente" sbotta inferocita. L'idea del tempo sempre uguale a sé stesso, incontaminato dagli eventi storici che sono sempre eventi del potere e quindi politici, si fa ancora strada con prepotenza nella saga di Edgar Reitz.
Torna suSpeciale a cura di elio91 - aggiornato al 25/01/2013