heimat regia di Edgar Reitz Germania 1984
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heimat (1984)

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locandina del film HEIMAT

Titolo Originale: HEIMAT

RegiaEdgar Reitz

InterpretiDieter Schaad, Michael Lesch, Gertrud Bredel, Marita Breuer

Durata: h 15.24
NazionalitàGermania 1984
Generedrammatico
Al cinema nel Luglio 1984

•  Altri film di Edgar Reitz

Trama del film Heimat

La storia della Germania dal 1919 al 1982, attraverso le vite degli uomini e delle donne di Schabbach, un piccolo villaggio dell'hunsbruck. Attorno ai personaggi di Maria e Paul ruota un emblematico microcosmo di passioni, tragedie, destini e sogni, narrati in tutte le loro sfumature con un'autenticità tanto cruda quanto poetica.

Film collegati a HEIMAT

 •  HEIMAT 2 - CRONACA DI UNA GIOVINEZZA, 1992
 •  HEIMAT 3 - CRONACA DI UNA SVOLTA EPOCALE, 2005

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Voti e commenti su Heimat, 4 opinioni inserite

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Oskarsson88  @  16/12/2013 22:42:54
   10 / 10
Il 1000° film che voto non può che essere una grande opera. Un affresco a colori e in bianco e nero di un pezzo di storia tedesca, che si rispecchia nelle vicende dei tanti personaggi che popolano l'immaginario ma realistico paesino di Schabbach. Guarderò a breve la seconda parte. La prima mi ha realmente commosso ed emozionato, specialmente nel bellissimo episodio di Hermmaenchen, ma tutti hanno le loro peculiarità.

Crimson  @  12/02/2012 17:17:20
   9 / 10
Terminata la visione del primo blocco di Heimat siamo avvinti da eccitazione e malinconia all'unisono. Alla consapevolezza di aver concluso un (primo) ciclo impegnativo e straordinariamente utile si aggiunge quasi un senso di abbandono, perché in oltre undici ore abbiamo imparato a convivere con i personaggi.
Trovo che il maggior pregio di Heimat sia stato quello di raccontare evitando di connotare nettamente. Spesso il trasporto emotivo di un film è legato indissolubilmente all'etichetta che viene affibbiata ai diversi ruoli; incanalato entro schemi prestabiliti, lo spettatore si trova sempre a proprio agio durante la visione e giunge a conclusioni spicciole, prive dunque di un indispensabile giudizio critico antecedente.
Tutto ciò a quanto pare avveniva in Holocaust, una serie televisiva dalla durata complessiva di sei ore, importata dagli Stati Uniti in Germania alla fine degli anni '70. Successo clamoroso.
Questo passaggio televisivo sembra aver contribuito a fornire a Reitz la chiave per escogitare ciò che il suo film 'non sarebbe dovuto essere'.
Attraverso l'ambiguità dei personaggi lo spettatore è stimolato a riflettere e a capire, a modificare il suo giudizio critico anche nel corso dell'opera stessa, perché Heimat "costringe" continuamente a riformulare e smussare, a vivere una situazione "in tempo reale". Cambiano gli eventi e la storia di un paese, di una nazione e dell'intero assetto globale, e l'individuo in base ai propri vissuti, alla propria educazione, allo sviluppo del proprio senso morale, deve tracciare la propria strada. Sarebbe un grave errore leggere Heimat come il semplice influsso della Grande Storia su quella di un piccolo paese e dei suoi componenti. Al contrario è come e quanto si intersecano fattori ambientali e personali a far scaturire un risultato finale incerto e estremamente complesso, non di facile lettura e decisamente molto personale.
Certo, personaggi come Wilfried e Alois si avvicinano ad una "bozza", il prototipo dell'uomo opportunista e conforme all'ideologia dominante del momento (cfr. il personaggio di Trintignant nel film di Bertolucci), mentre Katharina al contrario fino alla fine dei suoi giorni è un personaggio che non esitiamo ad etichettare immediatamente come "positivo", vista la sua verve critica e persino premonitrice del corso degli eventi, segno più di istinto che di una reale valutazione degli eventi. Ma il resto dei personaggi, compresa Maria (che come vedremo sinteticamente, incarna il corpo dell'opera), non è mai esente dalla " messa in discussione" dello spettatore.
Un altro pregio di Heimat, legato a quanto appena enunciato, è che la profonda incertezza dell'agire dei personaggi, che segue di pari passo ciò che viceversa potrei definire come il grado di "certezza storica" che abbiamo degli eventi, rende la visione estremamente scorrevole e dinamica. Anche dinanzi agli episodi di maggior durata l'evoluzione dei personaggi rappresenta un'aspettativa da appagare continuamente.
Un'osservazione che riguarda ancora i contenuti dell'opera ma che assume un carattere più generale, investe di fatto il regista. Reitz era reduce da un decennio molto travagliato, costellato da insuccessi al botteghino con i suoi lungometraggi precedenti, e sventure tecnico-organizzative di varia natura. Con Heimat è stato in grado di risollevarsi e affermarsi tardivamente, e il merito è certamente della sincerità con cui ha tenuto fede ad un discorso iniziato un paio di decenni prima: il manifesto di Oberhausen del 1962 è stato un atto coraggioso, ribelle e sfrontato, e Reitz ne è stato uno dei maggiori interpreti. Dichiarare "guerra" al vecchio cinema "di papà", alle gerarchie di potere, alla contaminazione dell'Arte con la propaganda, raccontare prima a sé stessi e successivamente al mondo intero cosa significasse appartenere alla generazione cresciuta tra le macerie di una nazione umiliata e devastata per l'aver aderito ciecamente ad un'ideologia vuota e disumana, non è stato compito facile.
Non tutti i cineasti del Nuovo Cinema Tedesco hanno sondato l'identità. Molti ci sono riusciti con ottimi risultati (non sto qui a citare i miei preferiti perché entrerei in un vortice di riflessioni su ciò che per me significa questa corrente cinematografica e perché preferisco alcuni suoi esponenti piuttosto che altri), e Reitz ha scritto una delle pagine più significative di tale ricerca. Perché se si intende approcciare un tema così complesso come quello della trasformazione dell'identità, come non prendere spunto dalla nazione europea in cui dalla fine della Grande Guerra fino agli anni '80 (senza dimenticare il deplorevole revisionismo degli anni '90 e la nuova ondata di naziskin) l'individuo/cittadino è stato più soggetto a tensioni sociali e crisi di coscienza?
Un penultimo appunto generico di questo preambolo riguarda l'aspetto formale. Nikos Mamangakis ha realizzato una colonna sonora semplice e lineare, ma indimenticabile. Splendida la fotografia di Gernot Roll; a volte ho pensato ad accostarlo al gelido b/n di 'Effi Briest' di Fassbinder, di qualche anno precedente, ma il b/n di Heimat è talmente vario da non essere riconducibile ad altro. Il passaggio improvviso al colore in alcune scene è veramente notevole e richiama spesso ad un valore simbolico dell'oggetto che si intende evidenziare. Un lavoro simile, anche se decisamente meno frequente, l'aveva tentato Borowczyk anni prima per il suo film d'esordio con personaggi in carne ed ossa, 'Goto'. Bisogna sottolineare che per Reitz non esiste una regola particolare e la mescolanza tra colore e b/n è talmente varia che evidentemente segue anche l'onda emotiva che egli sperimentava di pari passo alla narrazione. La sequenza in cui questo repentino cambio di approccio cromatico ha lasciato maggiormente il segno all'interno della mia visione è stata quella in cui Ernst lancia il mazzo di garofani dall'aereo a bassa quota, in occasione del matrimonio per procura tra Anton e Marta.
Ci sarebbero moltissimi altri temi da affrontare e molti altri aggettivi da spendere per suggellare la grandezza di questo racconto epico (ecco, ne ho appena utilizzato uno), tuttavia a questo punto preferisco riportare qui di seguito il mio diario personale fatto di considerazioni quasi sempre immediatamente successive alla visione di un frammento, quindi in pratica "in tempo reale". Ci sono altri temi sviscerati secondo la mia personale visione, mentre altri, magari anche importanti, sono omessi o perché non li ho afferrati o perché per me non era indispensabile sviscerarli. Ecco perché ciò che segue, totalmente privo di sinossi, è solo il mio approccio al film e non costituisce affatto un resoconto critico ed esaustivo.
L'annotazione finale riguarda il personaggio di Anton, che personalmente non gode della mia ammirazione, contrariamente all'esaltazione che Reitz probabilmente vuol tracciarne come unico vero detentore dell'anima della terra natia (al contrario dello "smantellatore" Ernst), nonché feroce oppositore della disgregazione. E' un punto di vista piuttosto eretico, il mio, ma come si sa, ogni visione vive di vissuti che lo spettatore non può far finta di ignorare e con cui non sempre può scendere a compromessi nei confronti della poetica di un regista.


1. NOSTALGIA DI TERRE LONTANE

Un effetto di straniamento. Qualcosa di non conciliante appartiene a Schabbach. L'accoglienza per Paul è tutt'altro che trionfale. Certo, siamo nel 1919 e l'orgogliosa Germania è stata surclassata. Eppure nella commistione tra fetore e un sentimento indefinito simile all'indifferenza sembra quasi che la Grande Guerra non abbia toccato quell'angolo sperduto della Renania.
Paul al centro della grande stanza si addormenta sfinito. Attorno una giostra di movimenti ripetitivi e consolidati. Una serie di luoghi comuni serpeggia nel Credo dominante di questa piccola terra, abitata da persone rinchiuse in una prospettiva di Universo che ruota su prerogative spicciole. Eppure la sequenza d'apertura è qualcosa di straordinario. Heimat è un racconto corale per cui bisogna immediatamente far conoscere allo spettatore una moltitudine di personaggi. Ecco che la lettura del giornale da parte di Eduard si contraddistingue come il geniale artificio narrativo per fornire un'infarinatura di ciò che accade e come viene interpretato.
Paul, alle prese con la solitudine e la sensazione di non appartenere più a quel circuito deficitario e arretrato, è una figura centrale che stride con il contorno perché se c'è un tema che più di ogni altro si innalza in Heimat, ebbene è quello dell'identità. Questo giovane, timido protagonista proferisce poche parole, ma sono i suoi occhi a comunicare un disagio represso e inespresso.
Sono gli stessi occhi di Apollonia, donna-chiave del capitolo, quasi simbolica, perché incarna il primitivo oggetto della discriminazione di una nazione ferita. C'è una mistura aspra di ignoranza e orgoglio calpestato che anima la maldicenza nei suoi confronti.
E' "rea" di aver dato alla luce un figlio da un soldato francese; dunque ha generato un figlio di chi ha vinto la guerra proprio in casa degli sconfitti, e ciò è intollerabile, un vero e proprio affronto. La manifestazione dell'odio represso è ancora male organizzata, certo diffusa, ma ad uno stadio rudimentale di coercizione. Per ora si limita ad un netto rifiuto del dialogo e ad una conseguente ghettizzazione.
La discriminazione nei suoi confronti è patetica e ancora lontana dall'incutere timore, basti pensare al pensiero comune e rozzo secondo cui avrebbe immerso il figlio in un letamaio.
Viene chiamata la polizia per setacciare a fondo l'acqua putrida, ma al posto di un bambino viene scovato il motociclo del più abbiente del paese, Alois. E' una sequenza che lascia ancora sorridere, al pari del sentimento suscitato dall'ingenuità dilagante che accomuna quasi l'interezza del paese.
Apollonia mostra il proprio figlio solo a Paul. In quest'oceano di convenzionalità maleodorante questa sequenza esprime una purezza incontaminata e indomita.
Paul e Apollonia uniti nel disagio ma differenti nelle azioni per reagire: mentre la donna fugge in Francia, Paul medita qualcos'altro. Nel viaggio in treno in cui Apollonia propone di evadere assieme in un posto lontano, Paul reagisce come un ragazzino, manifestando preoccupazione per la propria radio. Il mondo della comunicazione sembra essere il suo rifugio. Eppure non comunica che a monosillabi con le persone di Schabbach! Nella confusione del riconoscimento della propria identità postbellica, Paul trova stabilità nella creazione di ricetrasmittenti. La certezza di possedere una batteria indispensabile per ultimare un congegno al momento è più percorribile dell'incertezza di un viaggio verso lidi sconosciuti. Non durerà a lungo.
Indubbiamente Maria è carica di forza vitale e passionale. Ma la sequenza del viaggio in aeroplano è emblematica per carpire l'affannosa ricerca di Paul per riconciliarsi con Apollonia. Il rimorso è comparso nella sua mente districandosi con vigore nella fragilità delle sue nuove abitudini. La carrellata sulla corsa inutile di Paul è l'emozionante picco di una regia ineccepibile.
Nel campionario di sfumature di colori, spesso l'immagine è caratterizzata da un bianco e nero gelido, magnifico.
Si chiude con la scomparsa di Paul: cosa spinge questo ragazzo non ancora uomo ad abbandonare la propria famiglia? In che modo la vista di un cadavere ha interferito con la sua consapevolezza di essere vivente? Ha pensato fosse il corpo di Apollonia? Sono gli interrogativi che spingono ad avventurarsi nel secondo capitolo, ma non verranno affatto appagati.

2. IL CENTRO DEL MONDO

La risposta ai quesiti che accompagnano il finale del primo episodio è solo geografica. Paul è negli Stati Uniti, squattrinato e ancora confuso. Nuovamente ha camminato senza sosta alla ricerca di un luogo in cui sentirsi a proprio agio. Nient'altro viene svelato sulla natura della sua scelta. Evidentemente durante quei nove anni trascorsi a Schabbach si è fatto largo in lui il pensiero che quella non fosse più la sua dimensione. E' l'ultimo pensiero con cui ci congediamo con il ricordo della Grande Guerra, che definitivamente assume i contorni di una frattura spaventosa nella formazione di un'identità ancora in fieri.
Qualcosa sta cambiando nel contesto, per cui viene messa da parte la psicologia di Paul in favore di un approfondimento sociologico. Eduard diviene l'asse della narrazione, perfettamente teso tra Berlino e Schabbach. Dalla metropoli al paesino scorre e si diffonde il nuovo seme dell'odio che non è più allo stadio informe del primo episodio, bensì ora ha assunto una struttura ben definita dal nome Partito Nazionalsocialista, e comincia a incutere timore. Eduard è mostrato in tutta la propria goffaggine e ingenuità. E' straordinariamente crudo e crudele il ritratto di quanto un'ideologia possa attecchire e mostrificare una persona ignorante e fragile.
La sensazione di possedere qualcosa e di essere diventato qualcuno senza aver compiuto il minimo sforzo, rende Eduard e un'intera generazione colpevoli di aver dimenticato le basi di una convivenza civile fondata sull'uguaglianza e il rispetto. E' evidente come il nazismo abbia trovato terreno fertile nell'orgoglio vilipeso pochi anni prima a seguito del duro risveglio dopo la Grande Guerra, che caratterizzava, nel piccolo, Schabbach nel primo episodio, ma che era esteso all'intera nazione. L'impatto è terribile. La violenza è ancora circoscritta ma talmente sottile da scatenare sensazioni gelide. La sequenza in cui il cugino simpatizzante viene portato in un "campo di rieducazione" è sconvolgente.
La prima forma di avidità di Eduard era stata la ricerca dell'oro nel torrente che lambisce le terre che circondano Schabbach. Era stata una ricerca tanto infruttuosa quanto comica. La strategia narrativa del corso degli eventi mostra impunemente quanto una situazione possa degenerare da comica a inquietante. E questa situazione si estende a macchia d'olio, fino a diventare una perversione di massa. Non provo alcuna compassione per Eduard e per Pauline, nonostante la loro disarmante incapacità di contrapporre alla nuova ideologia un giudizio critico mai sperimentato in vita propria. Che l'ignoranza non sia un alibi valido lo testimonia il personaggio di mamma Katharina, che nella propria modesta esistenza di apprensioni eccessive di madre e lavori di casa nasconde una coscienza del pericolo del cambiamento in atto. In questo quadro in modificazione, Katharina è uno dei pochi personaggi sani a cui ci aggrappiamo per non soccombere. Questa anziana silenziosa e mesta si allarma ma non viene ascoltata. Capisce che la nuova sensazione di ricchezza è anomala. Forse perché nella propria vita si è veramente accontentata delle piccolezze.
Il paese ribolle per la celebrazione del primo compleanno da quando Hitler è cancelliere. E' il 1933 e la storia è già cambiata, ma in pochi si sono accorti di cosa sta accadendo. Una schiera di insoddisfatti cronici ha finalmente l'occasione di urlare la propria rivendicazione di una legittima forza superba.
Neppure Maria sembra aver compreso quanto sia potente la minaccia del cambiamento; sulla scia di Paul sembra vivere in un "mondo a parte". Trasmette ai figli la medesima speranza di ricongiungimento con Paul che assorbe ogni suo pensiero, ma di pari passo una colpevole neutralità sulla sfera educativa. E' emblematica la sequenza in cui rivolgendosi al primogenito Anton che ha indossato l'uniforme, disincentiva l'operazione non per una questione ideologica (come fa invece nonna Katharina), ma per l'apparenza ("ti sta male").
Alois Wiegand, con i suoi nuovi baffi, nella pusillanime omologazione al fuhrer impartisce a suo figlio Wilfried i valori dell'ideologia nazista. Un piccolo mostro, prossimo gerarca avviato ad una carriera già scritta nelle SS, sta crescendo. Ricorda tanto i piccoli ariani del film di Haneke 'Il nastro bianco'.
Cambiamenti strutturali: dai pali del telefono all'inquietante visione dell'industria chimica che Katharina coglie durante il viaggio in treno. Idea di movimento e di dispiego di grandi mezzi. Assaporiamo la modificazione del contesto globale dai "piccoli" particolari dell'Hunsruck.
Infine Matthias, il capostipite della famiglia Simon, il prototipo del lavoratore che prosegue a svolgere imperterrito le mansioni che si tramandano da padre in figlio. Votato ad una vita di rigorosi ritmi di lavoro da fabbro, non comprenderà mai alcun cambiamento del mondo circostante. Persino la lontananza di Paul non sembra averlo toccato.

3. NATALE COME MAI FINO AD ALLORA

Il primo di una serie di episodi caratterizzati dalla durata di poco inferiore ai sessanta minuti.
Passaggio interlocutorio dell'opera. La narrazione stringe sul rapporto tra Eduard e sua moglie Lucie. La loro immensa nuova dimora dalle cinquantadue finestre è il simbolo dell'ostentazione. Una rinascita economica fastosa e prorompente nasconde le sue pecche e il mistero dell'origine del finanziamento per la costruzione del castello lascia sulla bocca di qualcuno i primi pettegolezzi. Non su quella di Maria, che sembra nutrire stima nei confronti della nuova arrivata e cerca di prestare il suo supporto nei momenti di disperazione. Lucie comincia già a pentirsi della scelta di sposare una persona così "inferiore" come Eduard, reo di non essere ambizioso quanto lei. I toni tornano grotteschi e pacchiani nella sequenza della visita di Maria, così come nella telefonata di Wiegand a suo figlio Wilfried. Il ritorno di quest'ultimo al paese è tronfio ma trionfale per gli occhi colmi di invidia e ammirazione degli altri. Il momento della messa segna un sodalizio implicito tra il giovane nuovo gerarca e Lucie, e al pari del pranzo un momento di raduno di una nuova grande famiglia in trasformazione. Mentre Eduard infatti aderisce al nazismo per "facciata", per compiacere sua moglie, al contrario Wilfried e Lucie rappresentano ciascuno un tipo di "opportunismo" diverso che si fonde nell'ideologia dominante.
E' il 1935 e mentre imperversano i soliti rituali negli interni sempre più adorni, gli spazi antistanti alle abitazioni pullulano di automobili e inconsueto fervore. La "nuova mentalità" che avanza sveglia l'eloquio e raduna nuovi adepti. Il ragazzino orbo per gioco si trasforma in cecchino e Eduard, sempre più goffo nelle nuove vesti da borgomastro, individua in lui una nuova forza da arruolare alla causa.

4. VIA DELLE ALTURE DEL REICH

Il quarto episodio introduce le nuove passioni del piccolo nucleo famigliare che il sempre latitante Paul ha lasciato: Maria coltiva l'amore per il Cinema, il figlio maggiore Anton per la fotografia e per i proiettori, il piccolo Ernst per i deltaplani.
Maria condivide la sua nuova passione con Pauline, la cognata. E' un momento sensazionale perché Reitz introduce per la prima volta una riflessione meta cinematografica: il ruolo ricoperto dal Cinema all'interno della propaganda nazista. Alcova di sogni e desideri inespressi che si identificano nei percorsi dei protagonisti sullo schermo. Un sentirsi accuditi e rassicurati. Non c'è sfogo in canali di potenziale presa di coscienza e ribellione.
Maria ha cominciato a dimenticare Paul e si lega all'ingegnere Otto. La sequenza migliore è il litigio con Wielfried riguardo le spese per i figli. L'opposizione di Maria all'arruolamento di Anton nella "gioventù hitleriana" non è tanto dettata da un discorso ideologico, quanto per rigida rivendicazione di un proprio Credo da trasferire ai figli, sulla linea di quanto avveniva in passato.
Nuova riflessione sul rapporto tra infrastrutture e utilizzo dei mezzi tecnologici che il nazismo adotta come veicolo per diffondersi. Dall'alta velocità delle gare automobilistiche alla proliferazione di monili e gioielli come tratti distintivi che contrassegnano l'appartenenza a qualcosa. Dennis Gansel nel suo prezioso "piccolo" lavoro metaforico realizzato per 'L'onda' in fondo non ha inteso portare alla luce tutto ciò?
Si chiude con Eduard e Lucie, in ulteriore crisi. Il borgomastro, sempre più in preda ai debiti, vorrebbe che il tempo si fermasse in quel momento, come suggello di ciò che nel primo dopoguerra era stato agognato. In realtà il pensiero di Eduard sembra ancorato come al solito ad un'idea vaga e qualunquista di benessere. La frase finale di Lucie "Tutti noi abbiamo dovuto lavorare tanto, no?" rimanda invece all'arrivismo senza scrupoli che questa donna perpetra, senza la minima intenzione di approcciare la vera dimensione del lavoro, quella che contraddistingue Mathias, il capo famiglia, certo non toccato da ciò che accade attorno ma il simbolo del lavoro a cui la camera del regista con uno stacco intelligente sembra voler rendere omaggio.

5. SCAPPATO VIA E RITORNATO

Una rocambolesca quanto malriuscita sequenza dell'incidente stradale di Lucie lascia spazio al vero fuoco dell'episodio: la lettera di Paul sconvolge l'equilibrio transitorio raggiunto da Maria. Sono sufficienti poche parole per creare trambusto. Anton sembra intenzionato ad abbracciare un padre che non ricorda. Ernst al contrario si rifiuta categoricamente di incontrarlo. Come biasimarlo? E come non comprendere l'approccio schizofrenico di Maria? Il 'povero' Otto ne fa le spese, sommariamente. Perché il vero dramma per lui è l'aver perso il posto di lavoro. La madre è ebrea. Il clima di sospetto e terrore si diffonde a macchia d'olio. Ma è solo un espediente temporaneo per creare nel plot l'avvisaglia di una crescente discriminazione ai danni degli ebrei, tema che lambisce Heimat senza essere minimamente approfondito. Questa introduzione lascia un po' a desiderare, dal momento che in seguito Otto lavora eccome in qualche modo al servizio del Reich. Ciò è solo uno dei molteplici piccoli grandi dettagli dell'episodio che vanno a configurarsi come contraddittori nel prosieguo della narrazione. Si tratta indubbiamente di un momento interlocutorio e poco incisivo dell'intero primo blocco di Heimat.
Paul non può scendere dalla nave perché necessita di un attestato che confermi le sue origini ariane. La convulsa ricerca di Eduard, "aiutato" si fa per dire dalla supervisione di un paranoico Wilfried, dà vita ad uno dei momenti in cui la satira all'ottuso delirio nazista forse cade nell'eccesso caricaturale, ma non si può nascondere che la sequenza strappi più di un sorriso ben accetto.
Un finale questo sì memorabile ci immerge nel preludio alla seconda guerra mondiale. Il discorso di Hitler volutamente non sottotitolato agghiaccia per il tono e la reazione entusiasta della folla. Non occorre capire il linguaggio perché è il contesto che trasmette il messaggio. Un gruppo raccolto attorno ad una statua alla cui base è scolpita la scritta "i caduti devono essere vendicati" assiste orgoglioso a questo momento di riscatto tanto atteso. E' il primo settembre 1939 e finalmente la Germania dopo tanti anni di attesa è pronta a sferrare l'attacco ai suoi nemici, con una violenza mai vista prima.

6. FRONTE INTERNO

Messo da parte quel che sembrava l'arrivo incombente di Paul assistiamo inebetiti a Wilfried che uccide a sangue freddo un paracadutista caduto malamente nel bosco e incapace di muoversi. Il codardo racconta che "l'inglese stava scappando". La sicurezza della giovane SS al riparo da ogni pericolo vero nella sua terra natia è continuamente evidenziata con sarcasmo da Katharina. Encomiabile la sfrontatezza di questa anziana che non ha paura di nulla e che ha fin dall'inizio avuto una "saggezza premonitrice" nel profilare il corso degli eventi. La lucidità con cui sbeffeggia il giovane ufficiale denota la straordinaria sagacia che manca a gran parte del resto della famiglia. Mathias nel bel mezzo della discussione è capace di abbozzare un intervento non per prendere le difese della moglie, bensì per placare il chiasso.
Otto è ancora sulla cresta dell'onda, come artificiere. Ho apprezzato la sequenza in cui incontra dopo quattro anni Ernst, ormai aviatore. Il figlio minore di Paul e Maria sembrava quasi destinato a seguire le orme di Wilfried, in realtà non appartiene alla schiera di integerrimi fedelissimi del Reich. Il gesto di lanciare da una aereo a quota bassa un mazzo di garofani per la nuova cognata, sfidando in qualche modo le rigide regole dell'aviazione bellica, esalta un giovane spirito ribelle, ma la sequenza è tutt'altro che rassicurante.
Il matrimonio per procura tra Anton e Marta è l'espediente attraverso cui viene esaltata (da Wilfried) la straordinaria rete capillare delle comunicazioni telefoniche nel Reich, e al tempo stesso un rigoglio pacchiano della trivialità dell'evento conferisce senza mezzi termini un raggelante senso di vuoto e di ostentazione di un meccanismo malsano. L'ennesima connessione tra tecnologia e degenerazione dell'ethos che comporta, non tanto come tecnologia in sé, ma dell'utilizzo che se ne fa, come veicolo di un sistema malato e mortale.
L'eco degli avvenimenti mondiali impregna le vicissitudini del piccolo anfratto che Reitz ci mostra. La "soluzione finale", lo sterminio degli ebrei, sta per concretizzarsi, ma come scritto in precedenza è un aspetto "troppo esterno" non conciliante con l'idea di fondo di Heimat su cui s'incentra la volontà del regista. Nel frattempo una Lucie sempre più timorata di dio accoglie ospiti mentre Eduard prova un primo segno di cattiva coscienza: ha appena scoperto che il piccolo cecchino Hans è morto. Si sente giustamente responsabile perché è stato fautore di quell'arruolamento.

7. L'AMORE DEI SOLDATI

Mostrando nuovamente ciò che il mezzo cinematografico rappresenta per la Propaganda, si esalta il cinema "di finzione". Sottigliezze meta cinematografiche, in fondo. Reitz doveva inserire definitivamente la sua invettiva alla prostituzione del Cinema ai tempi del Reich e sa(peva) benissimo che la contaminazione della forma si è estesa per l'intera decade successiva nella produzione cinematografica del suo paese. Gli occhi intimoriti di Anton, gli stessi del regista? La passione sacrificata per la contraffazione dilagante del mezzo-oggetto della passione. In fondo è uno dei temi di Heimat. Anton e Ernst sembrano una faccia della stessa medaglia (in futuro, si vedrà, diventano due uomini profondamente diversi), i figli di una donna che attraverso le loro traversie, oltre che le proprie, acquisisce progressivamente valore rispetto ad uno sguardo lucidamente consapevole dell'innocenza nell'educazione. Per i due ragazzi il conflitto è una forza inoppugnabile in cui sono stati loro malgrado trascinati, ma la cui ideologia-potere auto combustibile e intransigente appartiene ad una dimensione inconcepibile. Di conseguenza alimentare la propria vocazione più intima deve costantemente confrontarsi con una realtà enormemente disaggregante che rischia di conformare e stritolare.
Il ritorno di Otto è accolto da Maria con la consueta predisposizione al chiarimento e al dialogo. Per Otto basta vedere per la prima volta Hermann, il figlio avuto da lei, per commuoversi e sciogliersi. Maria racconta la verità sulla motivazione che l'ha spinta ad allontanare Otto: ha immaginato che la nave di Paul durante il ritorno in patria naufragasse, e risvegliatasi in uno stato di profonda inquietudine e divorata dal senso di colpa ha commesso una leggerezza che ora è in grado di ricomporre con più senno. Otto a sua volta le confida che dopo la separazione da lei s'è arruolato tra gli artificieri come sorta di intrinseca volontà di auto disfacimento. E' un amore che si ricongiunge in uno dei passaggi più introspettivi e emozionanti dell'intera opera. Un legame segnato dalla tragedia, eppure dalla disperazione emerge un personaggio, Otto, ricco di umanità e sentimento. Ha gettato l'anello con il teschio, simbolo del Reich, dopo l'incontro con Ernst (episodio precedente). Questa rivelazione non solo indica una continuità nel passaggio di energia vitale e trasformante nel piccolo nucleo famigliare orfano di Paul, indipendentemente che si tratti di Maria o uno dei due figli; parimenti testimonia una presa di coscienza possibile del singolo dinanzi all'insensatezza della massa. Otto ha moralmente vinto la morte con il suo riscatto esistenziale.
Nel frattempo l'invasione degli americani segna la caduta del terzo Reich e l'inizio di una nuova era. Wilfried ormai totalmente alla deriva, incapace di leggere in sé stesso e inebriato del sentimento nazionalista, non demorde e vaneggia rivendicando con un gesto patetico la propria presunta superiorità manifesta. In questo gioco di opposti che ricorre per tutta l'epopea di Heimat, egli rappresenta senz'altro il contrario dei suoi quasi coetanei Anton e Ernst per la sua strenua incapacità di leggere dentro se stesso, fino alla fine.

8. L'AMERICANO

La "nuova era" si contraddistingue con l'identificazione del vincitore come fonte di una nuova rinascita. Gli americani suscitano nella maggior parte dei paesani di Schabbach attenzione e meraviglia. E' in questa veste che Paul giunge come un trionfatore. E' incredibile come a Schabbach chiunque venga accolto sempre e comunque con la stessa convivialità apparente (ricordate il pilota d'aereo o la francese?). Paul più che come membro della famiglia è trattato come un americano. In lui è ormai quasi totalmente smarrita la radice teutonica e tutti quanti riconoscono un uomo nuovo, ricco, vincente. C'è un insito codice comportamentale che fa della vergogna più recondita il suo fondamento, forse anche inconscio. E' un episodio, questo, che ha persino del ridicolo (apposito), e nella sua stravaganza risulta uno dei più importanti perché descrive con questo taglio indicato le sfumature del ritratto collettivo che la nuova Germania indossa nel primissimo dopoguerra. Ancora una volta chi si distingue da tutti è Maria: accoglie Paul con considerazione, malgrado le colpe evidentissime di quest'uomo nei confronti suoi e dei figli in comune. Eppure cerca di ascoltarlo. Gli pone la domanda fatidica ma ne stronca la risposta con un impeto di orgoglio calpestato. E' l'unica persona che non subisce il fascino di Paul perché è stata colpita più incisivamente dalla sua sconsiderata fuga. Mentre per gli altri quell'evento, coinciso con la fine della seconda guerra mondiale e la relativa sconfitta, ha costituito una novità, per Maria corrisponde alla prosecuzione della fuga, poiché il passato è stato solo interrotto, non archiviato. Dalla rivendicazione della forza ad una resa umiliante e di imbarazzante devozione: ai tedeschi non sembra proprio appartenere la mezza misura.
Paul ha smarrito totalmente la domanda che l'ha spinto a cercare di realizzarsi. Schiavo di un'idea grandiosa di sé, fonda tutte le proprie riflessioni sul possesso, e su questa scia si sente autorizzato a tornare nel letto della moglie che ha spudoratamente abbandonato senza spiegazioni venti anni prima. Simbolicamente (?), il destino sceglie di configurare un mancato riconoscimento tra lui ed Ernst, che una sera in un locale s'incrociano con lo sguardo per un attimo. Lo spessore di Heimat risiede anche in momenti di questo tipo, nelle apparenti piccolezze che abitano le sfaccettature dell'immagine e della parola.
Il ritorno di Anton: finalmente può escogitare la sua prodezza, la summa delle sue congetture. Finita la guerra, nella libertà avviene l'esplosione della coltivazione della propria passione che ha dovuto immolare nella gabbia a cui si alludeva nella riflessione per l'episodio 7. Per tornare a casa ha percorso a piedi tanti chilometri quanti ne ha percorsi il padre con la nave. Nel ritorno di Anton ho rivisto quello del giovane Paul alla fine della prima guerra mondiale, ossia la sequenza iniziale di Heimat. Nella circolarità del destino ricorre un viaggio fisico e metaforico alla ricerca di sé stessi in continuità tra il momento antecedente e posteriore. Vedersi e misurarsi in funzione di una prospettiva che tenga presente l'accadimento e il sentimento esorbitante a cui si intende obbedire. Ancora una volta in questo percorso identico ma differente si nasconde un dato simbolico di importanza fondamentale per leggere le ragioni più intime che appartengono a questo percorso di ricerca autentica di un singolo e di una nazione che è Heimat.

9. IL GIOVANE HERMANN

Anni '50. Ricordate il periodo transitorio di vergogna conseguente all'immediato dopoguerra? Cancellato. La politica di Konrad Adenauer rilancia le ambizioni tedesche come se nulla fosse accaduto. E' per osservare l'apparente disincanto di una nuova era contraddistinta dal boom economico che mi sono approcciato a Heimat, e questo episodio, pur concentrandosi per la prima volta quasi esclusivamente su un solo personaggio camuffando (non abbandonando, sia chiaro) la sua peculiarità di racconto corale, mostra appieno il clima di rilancio che si respirava in quei tempi. Ovviamente Wilfried e il padre, che saltano sempre sul carro dei leader del momento, abbracciano il pensiero del CDU. Ora si punta anche al rilancio dell'agricoltura, con qualsiasi mezzo.
La caratteristica che più apprezzo dell'intera epopea di Heimat è che raramente un personaggio viene connotato come esclusivamente positivo o negativo. All'interno della famiglia Simon, in particolare, regna fin dal primo episodio l'ambiguità dei suoi componenti, eccetto forse Katharina.
Nonostante questo dato apparente, all'interno dei primi otto frammenti la figura di Maria si erge progressivamente a protagonista (se proprio vogliamo individuarne uno) silenziosa ma dall'evoluzione coerente ai propri principi. Se in lei cerchiamo una speranza per la nazione, veniamo drasticamente disillusi. Idem per l'interrogativo che accompagnava la sorte di Anton, con cui si chiudeva l'ottavo episodio. Diverrà come il padre? La risposta è affermativa.
Ormai adulto non solo ha costruito la propria fabbrica con i "facili" finanziamenti del padre, ma sembra aver barattato "passione" per "produttività". Ma ciò che più stordisce è la violenta reazione "morale" che riversa su Clara, con la complicità di sua madre.
Hermann vive un amore puro e "goethiano". E' il figlio di Otto in tutto e per tutto e riesce a canalizzare la rabbia per la dura reprimenda che gli viene opposta attraverso la sua più grande passione. Ancora una volta pulsione e codice morale non vanno di pari passo, e come sempre è la risposta individuale che fa la differenza. Omologazione a testa bassa o ribellione? Hermann sembra incarnare quel riscatto vero che è mancato al fratellastro Anton. Ernst al contrario, pur succube di una vita matrimoniale soffocante per l'invadenza dei suoceri, si esime dall'avanzare un giudizio morale così impositivo e barbaro, ma si comporta con una naturalezza e una serenità che tanto desideriamo condividere.
Oltre due ore per un racconto di formazione che si fonde con la morale dilagante nella Germania degli anni '50, dunque. Un episodio cruciale e l'ennesimo tassello indispensabile per avvicinare la trasformazione dell'identità di una nazione e una nuova frattura che nasce tra la nuova generazione e la vecchia. Del resto Hermann è nato negli anni '40 al pari della stragrande maggioranza dei registi del Nuovo Cinema Tedesco (Reitz è nato prima, ma cambia poco). Per la prima volta udiamo parole come "borghese" e "massa". Hermann rappresenta il primo segnale di coscienza dell'omologazione e delle bugie di un governo che porta avanti argomentazioni tutt'altro che nuove, ma una nuova illusione di benessere del tutto carente di una vera integrità. E' una Germania allo sbando e il giovane Hermann ancora incontaminato dallo squallido istinto di sopravvivenza che attanaglia gran parte della generazione precedente, riflette e reagisce, e giunge a definire la madre "uomo di massa". Lo spettatore parteggia per lui e prende definitivamente consapevolezza che anche Maria, nella sua stolida convinzione di creare i propri figli a sua immagine e somiglianza (vorrebbe tanto che Hermann diventasse ingegnere! Così veniva chiamato Otto, che tuttavia era un "semplice" geometra), non ha mai veramente imparato ad ascoltare e ad accettare le ragioni degli altri, nel bene e nel male.

10. GLI ANNI RUGGENTI

La narrazione si divide essenzialmente tra i tre diversi modi di comportarsi dei fratelli Simon nei confronti dell'Heimat. Anton il conservatore dopo una meditata riflessione decide di non vendere la propria azienda. Ha chiesto consiglio a suo padre ma capisce che il punto di vista di Paul è inficiato dalla spaccatura di quest'ultimo con le tradizioni, ormai risalente a moltissimi anni prima. Paul non può comprendere il senso di aver costruito qualcosa all'interno della propria regione.
Quello di Anton è un personaggio però indubbiamente ambivalente: demonizza l'approccio "americano" che rischia di contaminare il senso di appartenenza alla cultura germanica (l'avvento della tv a colori si presta come artificio narrativo per contrapporre questa dialettica), però su consiglio della moglie contatta immediatamente Paul per ricevere un consiglio. Certo, non lo seguirà, ma in fondo non è stato il capitale "americano" del padre con cui egli ha imbastito la propria attività? Sembra un discorso improntato in favore di un proprio tornaconto, ma va dato atto a Anton, in questa sua contraddittorietà palese, che non vende la propria azienda rinunciando ad intascare una somma consistente e riducendo sul lastrico centinaia di lavoratori. E' un personaggio testardo e malfidente fino in fondo, che giunge a sbarrare l'ingresso dell'abitazione ormai vuota per timore che Ernst possa smantellare i mobili. Quest'ultimo non ha costruito nulla con le proprie mani, ha semplicemente cavalcato l'onda del mercato nero e della svendita di vecchi materiali (se non un truffatore poco ci manca, insomma). L'unico che è riuscito a coniugare vecchio e nuovo, attraverso una vera vocazione artistica, è Hermann. Divenuto compositore di successo, riesce a miscelare l'avanguardia elettronica ai suoni della sua infanzia. Una brillante e produttiva assonanza tra terra natia e spirito avanguardistico di respiro internazionale, che in qualche modo riflette il carattere e la biografia del regista stesso (entrambi nel proprio percorso di realizzazione sono approdati a Monaco, che negli anni '60-'70 era il centro culturale della Germania).

11. LA FESTA DEI VIVI E DEI MORTI

L'episodio conclusivo, nostalgico e dalla costruzione evidentemente non uniforme nel corso del tempo. Vorrei dare il giusto peso ad un personaggio fondamentale che non ho mai citato, ossia Glasisch, lo "scemo del villaggio": da sempre messo in disparte e chiamato sempre per ultimo nelle occasioni di convivialità, rappresenta la memoria storica di Heimat e i suoi riassunti fotografici a partire dal secondo episodio hanno costituito un leitmotiv meraviglioso, dai molti significati (la memoria che si tramanda; l'immagine come salvaguardia di un amore, di un pensiero, di un'azione, di un'emozione, di un cambiamento), una caratteristica geniale dell'intero blocco di undici episodi. E' la personificazione dell'album di frammenti storici. L'ultimo a morire: ormai rimbecillito, raggiunge gli altri in una sequenza onirica stupenda, in cui manca Mathias perché l'attore che lo interpretava è morto alla fine del 1981, e per giustificare questa assenza il personaggio di Maria esclama "Non c'è perché è diventato cieco, non ricordi? Per cui non può vederci".
Hermann prosegue la sua ricerca intima costruendo una filastrocca in cui recuperare i termini dialettali della tradizione. Dietro di lui è rimasto ben poco. Morta anche Maria, resta molta desolazione. Schabbach è diventata crogiolo di orribili feste paesane al ritmo del 'ballo del qua-qua' et similia. Ci accorgiamo che al pari di Maria e Glasisch è defunta un'intera generazione a cui ci siamo affezionati.

9 risposte al commento
Ultima risposta 04/02/2013 14.42.38
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Ottins  @  13/06/2011 20:34:47
   9½ / 10
Ottimo film e ottimo documento storico per capire la Germania del secolo scorso. Livello artistico leggermente inferiore alla seconda parte.

Gruppo COLLABORATORI SENIOR elio91  @  01/02/2011 12:14:35
   9½ / 10
Heimat:una parola tedesca non traducibile letteralmente ma che possiamo tradurre con Patria. La patria tedesca,quindi,ma raccontata in maniera universale in modo che possa diventare la patria di tutti noi.
Non una serie tv ma un film di ben 15 ore,diviso in segmenti o episodi ma che va visto come un'unica visione d'insieme.
Non un film sui ricordi ma sulla memoria collettiva; non si abbandona ad Amarcord facili e nostalgici,il ritmo è lento e significativo e gli sbalzi temporali frequenti e senza concessioni.
Non era nelle intenzioni di Edger Reitz fare un film epocale che trattasse semplicemente della storia della Germania,questo è un film che tratta della Storia di tutti i tedeschi con particolare importanza agli anni precedenti alla guerra; questo perché effettivamente al tempo c'era quasi una vergogna a parlare della Germania precedente o contemporanea al terzo Reich: quell'epoca di violenza culturale ed ideologica inquinò il ricordo di persone che vissero,nacquero o morirono in quegli anni e non meritavano il cancellamento dalla memoria in virtù di uno shock collettivo dovuto alle follie della storia.
Con questa saga epocale Reitz restituisce dignità a persone e uomini che la meritavano ma va nel profondo delle psicologie e del senso del tempo,della memoria e della vita raccontanto qualcosa che può essere capito da tutti,siano essi americani,,italiani,francesi o di qualsiasi nazionalità.
Progetto quindi ambizioso ma che ha esaltato la critica (e pure un certo Stanley Kubrick),non a torto.

La storia è ambientata in un paesino inventato,Schabacch,le storie di vita di tutti i giorni sono quelle dei contadini forse perché le persone che di radici se ne intendono e ne capiscono più di tutte. Il processo narrativo non si abbandona mai a ricordi facili,a nostaligie ma in maniera poco convenzionale racconta tutto ciò che c'è da raccontare con uno stile visivo rigoroso e che si abbandona poco alla ricostruzione storica sfarzosa,tra bianco e nero e scene a colori che si alternano in continuazione.

Non semplice da vedere ma un'esperienza che appaga per quello che lascia in ogni frammento,ho commentato il monumentale capolavoro di Reitz passo per passo,episodio per episodio tenendo conto però che alla fine c'è una visione d'insieme necessaria da fare (già scritta sopra) perché va ovviamente considerato un tutt'uno.
Quindi il commento è lunghissimo e me ne scuso,e avverto che da adesso in poi sono contenuti spoiler.






1-Nostalgia di terre lontane (1919-1928)

La saga parte seguendo una strada che non imbocca la nostalgia dei tempi passati come indicato dal titolo e che non prosegue dipanando storie di grandi saghe familiari piene di intrecci di vario genere; tutt'altro,il ritorno in patria di Paul Simon dopo anni è salutato con gioia dai suoi familiari ma quasi ostentata indifferenza e silenzio da quest'ultimo. Questo silenzio è preludio del tono di tutto il film,adagiato su ritmi lenti e cullanti di una dolce lentezza,in cui l'affresco storico non è mai ostentato ma prevalgono invece i silenzi e le sensazioni dei personaggi che vivono in questo villaggio.
Il bianco e nero domina quasi totalmente l'intera durata dell'episodio ma vi sono momenti in cui lo schermo si fa colorato senza alcun ordine,a volte nella stessa inquadratura.
La voglia di cambiamento,l'apatia di Paul nell'attesa che succeda qualcosa sono il vero centro di questo episodio in cui le varie strade che si dipanano davanti il personaggio principale sembrano inizialmente tutte appetibili (dall'innamoramento per Apollonia a quello per Maria,dal desiderio di rivedere la prima alla voglia di vivere in maniera borghese e tranquilla con quest'ultima),ma in realtà la cosa più lampante è che non succede assolutamente nulla,ovvero nulla per Paul che si ritrova deluso dalle sue aspirazioni fallite; c'è,forse,un attimo in cui lo vediamo davvero felice e sorpreso ed è quando si ritrova a volare in un piccolo aeroplano e dall'alto vede una donna in mezzo ai campi con una culla che lui scambia per Apolonnia,allora scende ma scopre deluso che si è sbagliato; e allora si ritorna alla solita normalità in cui non basta più nulla per distogliere l'attenzione dalla tranquillità e dalla staticità di tutto.
Episodio quindi fatto soprattutto di false speranze in cui l'oro nel fiume,piccole violenze,addirittura omicidi non portano a nulla. La Storia fa ovviamente capolino in mezzo alle "altre" storie,si incominciano a intravedere gli imprevedibili segnali che porteranno alla follia successiva del nazismo ma tutto si risolve in un nulla di fatto. Così le vetrine spaccate a sassate (del negozio di un ebreo) sono un piccolo episodio isolato in cui i colpevoli vengono presi e puniti,la scoperta clamorosa di una ragazza nuda e morta nel bosco (ebrea anche lei) finisce in una bolla di sapone.
La Germania è come i suoi personaggi,è come Paul di fronte a questo limbo continuo di distacco e di non-sorpresa,ovvero una nazione ancora scottata dalla guerra e che sembra rimandare continuamente ciò che poi arriverà,che vive in un continuo alternarsi di stagioni in cui nulla cambia e nulla succede,e quando qualcosa succede non ha importanza. Allora Paul decide,improvvisamente e senza il minimo sospetto da parte di tutti,di andarsene via,di seguire la sua strada metaforicamente e letteralmente. Il primo segmento di Heimat si conclude con lui che sparisce di punto in bianco,lasciando come unico lascito alla sua famiglia una trappola per la martora. Anche lei in continua attesa di scattare improvvisamente e di prendere ciò che le spetta,come Paul,come la Germania.



2-Il centro del mondo (1929-1933)

La trappola scatta e l'animale è preso ma Paul è ancora lontano,sparito via e nessuno sa dov'è. I figli e la moglie Maria attendono il suo ritorno da loro dato per certo,prima o poi. Ma intanto comincia ad aprirsi un altro mondo al di fuori di Schabacch ed è un mondo diverso da quello del villaggio sempre immobile ed uguale a sé stesso.
Paul in realtà è nella "terra della sedia elettrica",guarda la statua della libertà fuori dalla finestra lì ad Ellis island e pensa chissà a cosa,e chissà se ha realizzato il suo sogno o il suo desiderio di realizzarsi.
Arriva poi una straniera francese che porta una ventata di curiosità in un posto in cui evidentemente gli stranieri non capitano quasi mai,ma ancora una volta non sembra essere un evento di enorme importanza né turba gli animi delle persone.
C'è un altro mondo fuori dal villaggio e se Paul è stato il primo a raggiungerlo,e si tratta davvero di un posto completamente diverso e al di là del mare, suo fratello Eduard va in città (Berlino) per curarsi i polmoni malandati. Qui il bianco e nero si vede di rado,predominano i colori caldi del bordello in cui Eduard troverà moglie e soprattutto le ideologie naziste di quegli anni che a Berlino hanno preso già piede. Tornati al villaggio ancora una volta niente è cambiato e tutto è uguale a prima; da notare lo stupore della moglie di Eduard per la calma e la tranquillità quasi innaturali,ideologicamente nulli. D'altronde si tratta di un villaggio arretrato tecnologicamente e ideologicamente,e forse l'arretratezza in questo caso non è un gran male anche se le ventate di avanguardia si notano spesso. Ma basta un viaggio della saggia della casa,l'anziana Katharina,per cominciare ad intravedere una spinta oppressiva delle barbarie hitleriane ancora subdole e non conosciute: i dissidenti vengono difatti allontanati,l'omologazione di pensiero è l'unica alternativa plausibile altrimenti si rischia di essere presi e portati in qualche luogo,ma nessuno sembra avere idea di cosa stia in realtà prendendo piede in Germania. L'unica a capire veramente sarà proprio Katharina,simbolo di una saggezza antica e sagace; laddove il film precedente si concludeva in una maniera inaspettata e aperta (verso il futuro ignoto,dove le strade possono portare in qualunque posto) il presagio finale del secondo episodio è quasi definitivo e lapidario: Schabacch non è più il luogo innocente e buono di prima, il nazismo e i nazisti si stanno diffondendo. Come i loro metodi,subdoli e senza clamore.



3-Natale come mai fino ad allora (1935)

Il terzo segmento della saga è più corto e sintetico rispetto ai primi due (nemmeno un'ora) ma ancora una volta un concentrato di emozioni e liricità difficilmente dimenticabile. Si può dire che ancora una volta è l'aspirazione a farla da padrone,stavolta rendendo vera e propria protagonista il personaggio di Lucie e le sue ambizioni per lei e per il marito Eduard,ormai borgomastro e membro del partito nazista (come già si evinceva con chiarezza nel precedente film). La sua speranza è inizialmente riposta nella costruzione di una villa e successivamente nell'avanzata del marito all'interno delle gerarchie naziste; un'avanzata destinata comunque a rimanere immobile,rendendola frustrata e piangente mentre il marito continua in realtà ad occuparsi dei propri hobby e a guardare frammenti della propria vita attraverso fotografie. Attimi immobili e fissati nel tempo,e ancora una volta il villaggio di Schabacch viene paragonato con le parole di Lucie ad un luogo in cui tutto è immobile e dove non succede nulla; proprio per questo Reitz è riuscito a dare ad Heimat una forza visiva e poetica prorompente, riuscendo nel proprio intento di rifarsi a Proust e alla sua Ricerca del tempo perduto: attimi fissati per sempre in un cinema che riflette continuamente l'immagine e la sua nostalgia,cambia con i colori e ovviamente attraversa la storia attraverso le vicende dei suoi personaggi.
In realtà succede molto soprattutto nella crescita e nello sviluppo dei personaggi e lo abbiamo notato in tutti e 16 gli anni passati fino ad ora. Particolarmente belle le scene natalizie nella chiesa a colori.
Il natale che dovrebbe essere una festa felice e in famiglia non lo è quindi per Lucie, che vede le proprie speranze fuggire via. Non mancano delle scene splendide e significative,tra le più belle: il nazista che vuole insegnare a mirare al ragazzino è una sequenza fortissima e di una naturalezza significativa,così come gli spari ai fili del telegrafo,simbolo di un progresso crescente che continua a non fermarsi ma col quale si può ancora scherzare nonostante la svastica sia un simbolo che oramai si trova dappertutto.
Sullo sfondo della vicenda troviamo tutti gli uomini e le donne a cui ci stiamo lentamente affezionando; non Paul abbandonato per ora al suo destino americano ma sua moglie Maria diventa sempre più centrata nel ruolo di donna che non si arrende di fronte alle avversità che il destino le ha riservato. In un dialogo con Lucie (in cui la cognata cerca di compatire entrambe) viene a crearsi un contrasto tra le due personalità non sotto forma di litigata,ma proprio di modo di porsi di fronte all'avvenire in cui Maria si dimostra più forte e ottimista. Le lacrime finali non saranno le sue,che sarebbero tra l'altro anche più comprensibili.



4-Via delle alture del Reich (1938)

Ancora una volta sono i ritratti femminili forti e anche nuovi a predominare e ad avere importanza. Maria oramai sta invecchiando e dopo aver tirato su i figli come meglio ha potuto,insegnandogli ad essere liberi e coltivando i loro talenti senza mai scoraggiarli,decide di pensare a sé stessa; si innamora di un nuovo arrivato,un ingegnere di nome Otto che la ricambia. Bellissime le scene del ballo a proposito.
Tornando ai figli di Maria e di Paul,entrambi coltivano le loro passioni (uno il cinema e l'altro il modellismo) pur contro il volere dello zio Wielfried che con una prepotenza saccente ed irritante critica l'operato ammirevole di Maria come madre,contestandogli le sue avversità per il Reich e per la gioventù hitleriana. Se quindi suo fratello è esponente di un certo tipo di mentalità imperante del tempo (ovviamente nazista) continua ad essere Katharina la matrona della famiglia,quella che tacitamente da il proprio consenso e comprende il bisogno di Maria di pensare a sé stessa come individuo dopo essersi sacrificata anni per i figli e nell'attesa di un ritorno che non è mai avvenuto. Questo consenso di Katharina non assume un grande risalto all'interno dell'episodio in questione ma ogni cosa è carica di un significato particolare e per questo Heimat è davvero un opera colossale in cui si può trovare di tutto in ogni momento.
Il villaggio sta apportando le prime modernizzazioni,Hitler è al potere da tempo ma in realtà di momenti spiacevoli se ne trovano davvero pochi; ancora una volta Reitz si addentra all'interno dei propri personaggi per narrare storie su storie,emozioni su emozioni che predominano dei particolari momenti.
Le storie "di contorno" se si può definirle così (in realtà tutti hanno un uguale importanza all'interno di tale meccanismo) vedono l'arrivo di un'amica di Lucie già vista precedentemente che decide di trasferirsi a Schabacch e mettono in risalto le frustrazioni della stessa Lucie,sempre più insofferente al tipo di situazione venutasi a creare per cui invece Eduard si trova praticamente contento,ovvero il raggiungimento di una posizione gerarchica comoda che possa permettergli di invecchiare bene. Sempre di più si capisce il suo pensiero e il suo hobby per le fotografie: Eduard vorrebbe essere una fotografia,restare immobile per sempre in quella placidità che invece tanto continua ad irritare sua moglie,sotto sotto sempre più insoddisfatta.



5-Scappato via e ritornato (1938-1939)

Tutto va per il meglio a Schabacch: Maria ha ritrovato sé stessa e l'amore grazie a Otto,niente sembra preannunciare tragedie di vario tipo. Ed ecco la svolta imprevista che riguarda una lettera di Paul dall'America,dove ha fatto fortuna,in cui annuncia il suo imminente ritorno in patria. Il tempo è veramente tiranno e cambia tutto deformandolo in maniera impercettibile perché quella che anni prima sarebbe stata una notizia entusiasmante e felice getta nello sconforto non solo Maria,oramai avviata ad una nuova vita,ma anche uno dei suoi figli. In maniera paradossale si può dire che il ritorno di Paul diventa un presagio di sventura,di definitivo cambiamento questa volta; un cambiamento che sua moglie ritiene come una conferma del suo aver sbagliato tutto, adesso costretta ad incontrarsi clandestinamente con Otto e per la prima volta fragile di fronte ad un evento che la scombussola nel profondo (sensi di colpa,rabbia verso un uomo che comunque ha abbondato lei e i figli per proprio egoismo).
Ma forse è il paradossale il vero carro trainante dell'episodio cinque,perché l'evento tanto atteso si risolve in una clamorosa bolla di sapone e Paul non sbarca a causa di una vergognosa pratica burocratica riguardante lo stato "ariano" di Paul; egli non può scendere dalla nave senza un documento che ne provi la razza ariana e questo getta nel panico pure il fratello e il cognato,a quanto pare per nulla preoccupati di rivedere un loro parente se questo getta ombra sulle loro carriere all'interno del partito.
Tutti stanno perdendo le loro certezze,il tempo li ha cambiati e ce ne accorgiamo per la prima volta in maniera lampante; il pensiero hitleriano ha preso il sopravvento pure su mere questioni affettive,anche se il rifiuto del figlio di vedere Paul in quanto diventato yankee non è altro che una scusa per la rabbia verso un padre assente. Ma non lo è in tal caso la questione burocratica che fa spaventare tanto Eduard e Wielfried: il nazismo fa sentire più che mai le propria forza. Le persone sono illuse,parlando di guerra lampo perfino con la chiusura inquietante del quinto film di Heimat in cui Hitler dichiara guerra alla Francia.



6-Fronte interno (1943)

Si è in piena guerra; in questi anni i ragazzi sono cresciuti e sono anche partiti per il fronte (Anton è in Russia,Ernst è diventato un promettente aviatore). Anche Otto è lontano da Maria da tempo e non sa che ha avuto un figlio da lei,mentre rischia la vita disinnescando bombe e sperando nella fine della guerra. Guerra che ci viene mostrata con crudezza nella sequenza iniziale con il soldato inglese ucciso a bruciapelo,un uccisione emblematica che permette di capire appieno tutto l'orrore insito nella non logica della guerra senza il bisogno di mostrare sparatorie eccessive o altro; se si parla di guerra,però,bisognerebbe considerare pure un'altre piccola battaglia che intercorre tra Katharina e Wielfried,umiliato in continuazione dall'anziana per la propria ottusità fiduciosa nella guerra e nel nazismo,in pratica deriso come un codardo da una delle poche persone che dicono le cose come stanno,che ha ancora la capacità di dare voce alla ragione senza per questo avere paura di ripercussioni.
Il nazismo viene visto sotto un'ottica quasi ironica per quanto sia stata molta la brutalità di quegli anni,mettendone in ridicoli i finti progressi; la novella sposa e incinta di Anton può mettersi in contatto con lui,per quanto lontanissimo,grazie alla tecnologia nazista che ha portato la novità del telefono,ma dall'altra parte Anton è costretto a fingere emozioni sincere per portare ancora una volta un'ondata di consenso ipocrita verso la guerra,infatti viene filmato per un documentario sulle truppe. Un'ipocrisia continua che Katharina mette in risalto e critica da anni,ma i metodi subdoli hitleriani nel finale culminano in una scena che contrasta in maniera orribile con i festeggiamenti del matrimonio per procura: il piano finale riguardante gli Ebrei deve essere messo in atto,devono andare "su per il camino".
Dietro questa spietatezza assurda tutto il resto prende un aspetto ancora più inquietante,le feste sembrano inutili. La gente non può esprimere i propri veri sentimenti,li maschera e fa finta di continuare ad essere felice anche quando tutto intorno il mondo è impazzito (Lucie si è rifugiata in maniera petulante nella religione). Solo Eduard può mettersi a piangere per un ragazzo morto,sentendosi in colpa; un tempo i due sparavano contro i pali del telegrafo senza capire quale significato avrebbero successivamente assunto,ovvero quello di finto progresso. I pali continuano a crescere ma i ragazzi muoiono.
C'è una scena incredibilmente bella e poetica tra le migliori di tutta la saga,quando Ernst dal suo aereo getta un mazzo di rose rosse e per una delle poche volte tutto assume un colore,in mezzo al bianco e nero di questi tempi di guerra e di morte.



7-L'amore dei soldati (1944)

Quasi un'ora dedicata al personaggio di Otto e al suo ritorno da Maria,una delle parti più significative di Heimat.
Inizialmente ci si dedica ad Anton e ancora una volta al nazismo che maschera gli orrori spacciandoli per arte,in questo caso l'arte della cinepresa attraverso il cui occhio la guerra viene indagata in maniera,appunto artistica,salvo poi far cadere tutte le belle parole del comandante: nessun occhio artistico,solo pura propaganda della peggior specie (alcuni uomini filmati mentre vengono fucilati). Falsità ed illusione,quindi,le stesse che capitano a Schabacch in ogni casa. L'illusione della tranquillità e della pace ritrovata assale Maria ed Otto,finalmente insieme dopo anni; il loro incontro e quello di Otto con il figlio riscaldano e fanno star bene,e i dialoghi notturni in cui i due analizzano il loro rapporto dopo anni passati in lontananza ancora di più. Non sembra per nulla che qualcosa possa accadere,il pericolo è lontano e la luna risplende; solo si sente il ronzio fastidioso degli aerei che oramai è diventato cullante ed accompagna ancora più dolcemente la notte a Schabacch dove tutto è sempre immobile,sempre in pace. Otto riparte e il presagio è nell'aria più forte che mai: significativa la scena del fraintendimento con Maria sulla possibilità di non rivedersi più,invece riferita al padre vecchio e malato; Otto forse sa quello che sta per succedere,forse semplicemente non vuole dargli peso. Sta di fatto che mentre disinnesca l'ennesima bomba,di certo non la prima ma purtroppo l'ultima,viene nuovamente disturbato e allontanato dal momento fatale da un vecchio che passa quasi per caso di lì,un'apparizione quasi fantasmagorica dato il momento poco opportuno; l'uomo viene allontanato e Otto si avvia al suo destino.
Reitz decide mostrare il dolore di Maria in un'unica scena in cui lacrimante pedala da lontano e si ferma davanti la telecamera; difficile dire cosa adesso possa accadere dopo tutti gli anni e le dure prove passate e dopo la perdita di tutti gli uomini della sua vita (Paul scappato,i figli in guerra e adesso Otto). Schabacch viene colpita da due bombe:una lanciata per errore e l'altra e l'arrivo degli americani che mette in subbuglio Lucie ed Eduard (bellissima la scena in cui fotografa le persone nel cratere lasciato dall'esplosione). La loro vita di arrampicatori sociali falliti cerca di continuare anche se Eduard non sembra più interessarsi di nulla come un tempo,tra un Wielfried irriconoscibile e mezzo barbone che ormai abita a casa sua (con la moglie?) e proprio Lucie che tenta,sempre più illusa,di accattivarsi gli americani.



8-L'americano (1945-1947)

Con l'arrivo degli americani arriva anche un altro americano,anzi sarebbe meglio dire ritorna.
L'attore che interpreta Paul è cambiato perché il personaggio in questi anni passati lontano è mutato profondamente in maniera incredibile tanto che è difficile riuscire a relazionarsi con lui,ma non con quello che prova all'inizio. Il suo arrivo a Schabacch e il richiamo con il martello del padre è il segnale del cambio di generazione che sta avvenendo,ma è falso; ovvero è falso il fatto che sia proprio Paul colui destinato a prendere in mano le redini della famiglia quando troppe cose sono cambiate e lui è diventato praticamente un americano a tutti gli effetti,ma della peggior specie. Ha un accento americano,è felice e sembra finalmente realizzato ma il suo ritorno non è visto,dopo le splendide scene iniziali,come qualcosa di sconvolgente e che durerà,né tutto può tornare come prima; Paul è quasi fastidioso in questa sua nuova inaspettata veste,pensavamo fosse andato via per perseguire chissà quale realizzazione personale ma in realtà cosa ha lasciato dietro di sé? Dolore certamente,quello della moglie Maria e dei figli che neanche lo conoscono e nemmeno lo conosceranno,dati chi per morto o disperso al fronte; in realtà c'è Anton che parla con lui ma la sensazione non è che il legame sia cosi forte,e Ernst si può dire che ha preso del carattere irrequieto del padre ma un filino peggio,è impulsivo e non ha i piedi per terra (per uno con l'amore per il volo è facile capire perché). Quando i due si sfiorano solo per un attimo arrivano i brividi,ma non si riconoscono.
Tornando a Maria,l'incontro tanto atteso ha attimi glaciali; non si capisce come Paul voglia tornare ad approcciarsi con lei come marito quando per vent'anni e passa è scappato via senza tornare,peraltro senza una vera spiegazione plausibile: neanche lui capisce perché.
La verità è che se per Lucie e per la maggior parte dei parenti oltre che degli abitanti del villaggio Paul è un uomo realizzato,un americano da cui prendere esempio,in verità i risultati a cui è giunto non sembrano abbastanza per piantare in asso moglie e figli in questa maniera. Non sarà lui a prendere il posto dei vecchi (Katharina se ne va in pace come ha vissuto),era una pista falsa; Paul se ne va ancora,questa volta senza rimpianti da parte di una Maria segnata dagli anni e dai lutti,non più dolce e comprensiva come un tempo bensì dura e forte.
La nuova generazione si fa largo con i figli,i giovani dati per morti che invece sono vivi (e pieni di sogni) e Paul non è parte integrante di questa patria (Heimat) da troppo tempo per riuscire a capire,e comunque non rimarrebbe; è un uomo diviso tra due mondi e probabilmente non starà mai bene né in uno né nell'altro.
La guerra intanto spara i suoi ultimi colpi; il pianosequenza iniziale è meravigliosamente struggente,ma se nell'apertura viene lasciato spazio alla tragedia è giusto riservare della speranza in un futuro migliore per chi è rimasto.



9-Il giovane Hermann (1955-1956)

Quello che non era riuscito alla guerra riesce al boom economico in appena dieci anni: Schabacch è davvero cambiata in tutto e per tutto. Anton è diventato un uomo economicamente potente e con il monopolio di mezza Schabacch,mentre lo zio Wielfried che avevamo lasciato mezzo pazzo con lo sguardo febbricitante si dimostra un uomo che sa cogliere al volo le occasioni,passando da SS nell'epoca del nazismo a sperimentatore chimico ma mantenendo sempre un carattere senza scrupoli basando importanza esclusivamente sul prestigio e sul denaro. Ernst è la "pecora nera" della famiglia,quello che in mezzo a questo accrescimento economico non è riuscito ad afferrare l'opportunità di diventare come il fratello perché sempre perso in mezzo ai suoi sogni e ai suoi voli,letteralmente in quanto continua la propria passione per il pilotaggio di aerei o elicotteri. Paul non c'è ma la sua venuta ha cambiato davvero il paesino anche se non in maniera positiva; e qui arriva Hermann,personaggio fondamentale dell'intera saga da cui successivamente prenderà inizio (proprio dalle conseguenze di questa nona parte) Heimat 2.
Hermann è un giovane non propriamente ribelle nei modi ma nei pensieri,nelle letture che svariano dai classici del passato che parlano di turbamento e di fuga (un giovane Werther in piena regola),nei suoi pensieri contro l'imborghesimento di Schabacch e dei suoi abitanti (i "borghesi di *****"). Si prospettano per lui un futuro prestabilito da ingegnere come suo padre Otto,ma non è quello a cui il giovane pensa. Sua madre Maria è diventata dura,ama suo figlio più di ogni altra cosa al mondo ma in questo nona parte della saga sarà lei la vera antagonista insieme al figlio Anton: difficile non provare un sentimento di quasi odio verso i due che non riescono a comprendere i sentimenti del ragazzo,ancorati a tempi vecchi e incapaci di capire il cambiamento dei tempi.
Vale la pena soffermarsi su questo punto e sulla differenza tra Katharina e Maria,entrambe matriarche ma profondamente diverse: Katharina era capace di dire la cosa giusta e di comprendere il cambiamento delle generazioni,senza quindi opprimere delle decisioni magari ritenute impensabili all'epoca; Maria al contrario non ha questo dono ed è accecata dal proprio amore,per lei Klara,amante di dieci anni più vecchia di Hermann,è una donna che può portarglielo via,una seconda madre che lo inizia al sesso e per questo "perversa" e cattiva. Per quanto la connotazione sia negativa non bisogna pensare che Anton e sua madre Maria siano diventati crudeli tutto d'un tratto,ma Anton è un borghese che pensa esclusivamente agli affari e ai soldi come vero ideale di vita (progresso),Maria ama talmente suo figlio da non riuscire a capire che con i suoi metodi lo allontanerà da sé.
Solo Ernst,colui che si può definire un antagonista del fratello (significativo quando chiede un prestito e Anton non glielo concede),un uomo per cui i soldi non sono tutto ma lo sono la coltivazione dei propri sogni e le speranze,aiuta e capisce il suo fratellastro.
Per il resto l'episodio è ovviamente incentrato su Hermann ed è il più lungo,addirittura due ore e venti ma è una delle vette per ciò di cui parla e per come ne parla.
È la parte della crescita che porta alla maturità,all'iniziazione del sesso e dell'amore di Hermann per una donna di dieci anni più vecchia di lui,bellissima e dolcissima,l'unica che riesce a capirlo e che gli verrà portata via in maniera crudele e tragica (come il suono dell'organo finale). Reitz si è superato in questo ritratto fornitoci di una donna esile e forte al tempo stesso e di un ragazzo che non ha la propria Heimat ma ne è alla ricerca,forse con qualche cenno autobiografico. Hermann sembra uscito davvero da uno dei libri che legge,classici tedeschi con giovani aspiranti a trovare sé stessi e il proprio posto nel mondo,contro le convenzioni sociale e le regole; Schabacch non è la patria di Hermann,il ragazzo la cercherà dopo aver passato uno stadio dolorosissimo di crescita come ci viene detto nell'epilogo con qualche riga mentre rimane quel volto piangente sullo sfondo con cui è impossibile non provare le stesse sensazioni,lo stesso dolore.
È una parte tanto bella che potrebbe (e dovrebbe) essere presa come film a sé stante ed essere visto e valutato in tale maniera.



10-Gli anni ruggenti (1967-1969)

Continua ad accrescersi il divario tra vecchio e nuovo,sia essa arte,rapporti lavorativi o tra persone che si dovrebbero conoscere da una vita.
Ernst ed Anton,i due fratelli,hanno un abisso tra di loro fatto di incompatibilità caratteriale,stile di vita e per la loro prospettiva verso il futuro; Anton è ormai un uomo tutto d'un pezzo,legato più che alle radici alla vecchia tradizione: si rifiuta di vendere la fabbrica per cui ha sprecato tanto sudore e tanto denaro, ancora fermo al mito che continua a raccontare in continuazione,cioè quello in cui elaborò tutti i suoi progetti nel suo lungo ritorno a casa dopo la guerra. Ernst si è adattato come ha potuto,è sempre lo stesso uomo con i suoi sogni ma è l'opposto di suo fratello: un rimodernatore del vecchio (mobili,case),un uomo che potrebbe essere visto "contro" la tradizione rappresentata da Anton. Ancora una volta sono frequenti gli scontri verbali tra i due e nel finale si capisce come i due siano più lontani di chiunque altro nella saga di Heimat. Un altro lontano è Hermann che ha inseguito i suoi sogni ed è diventato un compositore di musica sperimentale,aiutato anche da Paul per cui,paradossalmente,è più padre che per Anton.
Quando i tre si troveranno insieme sarà infatti Hermann che Paul aiuterà quasi ignorando Anton; l'americano,vestito con camicie hawaiane,consiglia a suo figlio di vendere la fabbrica come ha fatto lui in America. Questa predilezione di Paul per Hermann va ricercata nell'età del giovane ragazzo figlio di Otto,in cui il patrigno rivede sé stesso da giovane quando stufo di Schabacch fuggì via senza una parola.
Lontana e sola più che mai è Maria,invecchiata e sempre più triste; la cucina un tempo affollata e calda è diventata deserta e quasi insospitale. Lei non è riuscita a capire il passo dei tempi e i cambiamenti,non riesce a capire suo figlio Hermann pur amandolo più di ogni altra cosa al mondo ma questa non è una sua esclusiva prerogativa; infatti quando Hermann avrà la sua prima vera opportunità di mostrare il suo talento con un concerto trasmesso dalla radio,a Schabacch la gente non capisce questa musica e ne è quasi infastidita. Solo una persona,Glasich,il matto del villaggio che introduce ogni episodio,capisce esattamente cosa la musica vuole esprimere: un senso di appartenenza all'Heimat,alla terra d'origine del giovane Hermann.
Quante divisioni all'interno di una famiglia un tempo unita,ora che tutto dovrebbe andare per il meglio e quando le difficoltà economiche sono lontane. In altri tempi,ben più orribili,c'era comprensione ma adesso tutto va avanti velocemente,troppo velocemente e i divari tra i membri della famiglia Simon sembrano aumentare enormemente sempre di più col passare del tempo.



11-La festa dei vivi e dei morti (1982)

L'ultima parte della saga di Reitz è l'unica a scavare profondamente nel solco della memoria in maniera esplicita,per la prima volta lasciandosi andare alla nostalgia. Nelle idee del regista questa doveva essere la prima parte invece dell'ultima per poi andare a ritroso nel tempo attraverso i racconti delle persone di Schabacch ma alla fine Heimat è lineare in quello che racconta fino alla fine,a questa fine.
Glasich non mostra le solite foto ma un albero genealogico,ricordando tutti siano essi morti e vivi; il perché è presto detto: Maria se n'è andata,questa volta un'epoca è veramente conclusa definitivamente. Il "secolo vivente"o il "nostro calendario" per Glasich,nata come lui nel 1900 ma morta prima di lui. È l'occasione per la famiglia Simon di fare ritorno a casa,tutti insieme dopo tanto tempo e in tutti i sensi: Paul,vecchio e sempre più malandato,distrutto anche lui dalla morte di una moglie che non ha mai avuto l'opportunità di conoscere in quanto tale perché fuggito via; è vicino alla morte e lo sente,ha "freddo" ma Maria non può più riscaldarlo come non lo ascoltò neanche quella notte in cui dopo tanti anni cercò di riprendere un rapporto concluso da anni.
Anton,anche lui alla deriva nel finale mezzo folle e onirico,che attraverso un flashback ricorda le parole della madre sola sulla tv a colori,regalo portatogli dal figlio, in cui lo invitava ad andarla a trovare più spesso rifiutando il regalo perché "per gente che muore sola".
Ernst che tenta di mettere la testa a posto,di sistemarsi continuando il conflitto con il fratello riguardo la casa dei Simon.
Infine Hermann che ritorna ancora una volta per il funerale e che,come in un sogno,troverà tra la pioggia la bara di Maria sola in mezzo la strada; i tre fratelli sembrano ritrovare un'unità familiare nel loro ritorno a casa in cui si lasceranno andare ai ricordi. E nel finale la loro storia può dirsi conclusa e allo stesso tempo aperta verso il futuro: Anton,ubriaco,sembra aver perso l'udito e viene soccorso dalla moglie e dalla figlia; Ernst attraverso metafore sugli aerei e sul volo fa una proposta di matrimonio inaspettata e azzardata come tutta la sua vita; Hermann organizza velocemente un concerto nella miniera,nelle profondità della sua terra che stanno a rappresentare le radici del suo vissuto,legato indissolubilmente al posto in cui è nato e in cui sempre e irrimediabilmente tornerà come il "daddy" Paul .
La musica viene trasmessa fuori dagli altoparlanti e noi ci allontaniamo da Schabacch per l'ultima volta con quest'immagine toccante e poetica.
Ma il titolo parla della festa dei vivi e dei morti,e difatti anche Glasich si abbandona ad una visione finale (o è davvero già morto?) in cui ritrova tutte le persone degli anni passati ancora una volta insieme, a guardare i vivi che danzano e fanno festa. Ci sono tutti,anche quelli di cui non abbiamo più sentito parlare: Eduard,Lucie,il loro figlioletto morto su una mina,Katharina,Pauline,Robert,Otto… e arriva anche Maria alla fine,nella stessa immagine con cui la ricordavamo nell'episodio in cui ritrovò Otto dopo tanto tempo: in vestaglia, a piedi nudi (come tutti gli altri) e con il cuscino stretto al grembo.
È l'unica vera concessione di Reitz al soprannaturale o al ricordo puro in quanto tale (come scritto potrebbe benissimo essere nient'altro che una visione di Glasich morente). Ma è un po' il tono di tutti gli ultimi 40 minuti, festaioli e sognanti come in un film di Fellini. Il saluto a Schabacch è quindi dato non senza rimpianti ma con la consapevolezza che tutto ciò che si è visto è la vita nel suo insieme,in cui la festa deve continuare a discapito dei morti per quanto possa dispiacere,e va bene così.

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