Le avvisaglie di guerra sono ormai state metabolizzate inconsciamente, almeno da Glasisch: il sempliciotto, colui che ad ogni inizio episodio riassume la trama attraverso la visione di fotografie "impossibili" dice simbolicamente che ormai non ci si sposterà più da paese a paese bensì da bunker a bunker, visto che stanno sorgendo come funghi un po' dappertutto. Inquietante avvisaglia di un episodio che impone bruschi allontanamenti e desideri frustrati; Lucie, ad esempio, la vediamo nella prima inquadratura felice come suo solito, a fare da contrasto alle parole di Glasisch, ma è un sorriso che dura poco. Sta portando i suoi genitori addormentati come bimbi nella sua villa ma non li vedremo mai svegli: moriranno in un incidente di lì a poco buttando nella disperazione Lucie, che non sa che questo sarà solo un altro preludio ad una tragedia ancora più grande di lì a venire, ma che noi spettatori non vedremo... Comincia anche un gioco di sguardi potente tra lei e Wilfried che sottintende ad una relazione (anche fisica) di cui Eduard forse sa tutto o saprà tutto ma lascerà fare indifferente.
Reitz poi ci trasporta nuovamente nella sala cinematografica di Simmern, dove la folla guarda un film di nome... "Heimat". È Heimat contro Heimat in questo senso: un cinema dei buoni sentimenti, aggrappato con forza a tronfia retorica attorno a patria, famiglia e onore, che faceva emozionare il pubblico (e lo vediamo, con uomini letteralmente in lacrime), ma con emozioni preconfezionate, banali, fasulle. Cinema che nasconde(va) la verità attorno alla vera patria, facendola risalire banalmente alla patria stessa; ma Heimat è una parola intraducibile, è qualcosa di molto più profondo e ancestrale e non si limita solo alla geografia. Edgar Reitz attua in tal modo una critica sottile ma sentita a questo modo di concepire il cinema, e non a caso lo stesso "Heimat" (di Reitz) nasce come risposta ad un altro film (americano) sull'Olocausto che riprendeva in parte gli stilemi di banalizzazione degli "Heimat" film. In ogni caso, erano un momento di ritrovo per un popolino condannato alle emozioni da quattro soldi mentre Hitler e soci pensavano in grande ammansendo il gregge. La diva, sempre lei, è la Leander.
Sullo sfondo continua la storia tra Otto e Maria, sempre più legati e ormai vera e propria coppia se anche il piccolo Ernst li spia scambiarsi effusioni e loro, notandolo, non fanno nulla per nasconderlo. La prova più grande per i due sta per arrivare però: dovranno separarsi giocoforza per una lettera (dall'inferno), inaspettata e cruenta. Paul scrive dall'America per annunciare in pompa magna un ritorno dopo aver fatto fortuna, chiede notizie della moglie di cui per anni non si è curato e dei figli. Mathias, suo padre, comincia a diventare cieco. Ma i sentimenti di Maria per Paul sono oramai cambiati, lei lo considera senza cuore per quello che le ha fatto e per di più come se fosse morto. Lo stesso Ernst non accetta questo ritorno essendo legato a Otto, vivendo come un intrusione nella sua vita questa minaccia di ritorno del padre biologico. Ma oramai la frittata è fatta e Otto deve necessariamente separarsi da Maria per convenzione. I due si vedranno ancora, dandosi appuntamento in alberghi di nascosto, continuando a consumare un amore che purtroppo non durerà a lungo (non per loro colpa ma separati da altri); eppure Maria ormai ha qualcosa rotto dentro, per sempre: riconosce di aver sbagliato tutto, per di più di fronte a suo figlio Anton. Quando è tra le braccia di Otto in albergo neanche riesce ad ascoltare quel che Otto le dice. Il suo cuore si indurirà e non sarà più la donna che abbiamo conosciuto fino ad ora.
Ma anche per Paul, quando sembra finalmente dover accadere il tanto agognato ritorno, c'è l'ennesima interruzione e il continuo rimandare; questa volta a causa di problemi burocratici in quanto Paul (che non vediamo ma sentiamo al telefono (con la sua prima parola "Yes") parlare con Maria in un miscuglio yankee tedesco-americano), quel Paul scappato via e che ora vuole ritornare, deve esibire un documento che provi la sua appartenenza alla razza ariana. Eduard sfoglierà febbrilmente vecchissimi ed impolverati registri anagrafici per trovare le origini "ariane" della sua famiglia, tentando in ogni modo di ricacciare l'onta che comporterebbe per lui un antenato di origini ebraiche. Possibile, anche se con orgoglio ribatte al solito Wilfried che Simon significa Pietra, mentre si prende spaventi considerevoli, notando come parenti di generazioni e generazioni passate amassero adottare nomi biblici. È una ricerca abbastanza ridicola, naturalmente, che fa notare come ogni forma di razzismo sia stata e continui ad essere pura idiozia mentale. D'altronde lo stesso Hitler, di cui Wilfried proclama la razza ariana tronfio, è stato oggetto da parte di studiosi di millantate discendenze ebree. L'antisemitismo in ogni caso è ormai una realtà anche in quel di Schabbach dove gli ebrei sono malvisti.
Paul quindi non scenderà dalla nave. In compenso scoppierà di lì a poco la guerra, accolta con trionfo e ottimismo un po' da tutti. Fa da contrasto ai proclami di chi chiama il figlio Viktor, perché nato in un grande giorno (infausto) Katharina, con i suoi "debiti debiti debiti" che ora "dovranno essere pagati". C'è dell'ottimismo folle nell'aria, la convinzione è che la Germania grazie al suo Fuhrer sia talmente forte che la guerra finirà prestissimo, addirittura "in due settimane". Robert, il marito di Pauline, l'orologiaio, parte per un brevissimo viaggio, salutando la moglie preoccupata e tranquillizzandola: le automobili vanno consegnate. Ma Robert non tornerà mai più.
Il 1938 è l'anno della svolta tedesca, l'inizio della grande catastrofe del '900. L'anno in cui Hitler proclama con violenza dal suo pulpito, osannato. In cui la Germania dovrà riprendersi la sua libertà. L'anno della notte dei cristalli. E nel 1939 inoltrato è in arrivo l'invasione alla Polonia.
Torna suSpeciale a cura di elio91 - aggiornato al 25/01/2013