1959: pieno boom economico. Il duo Dino Risi regista e Rodolfo Sonego sceneggiatore, coadiuvati da uno stuolo di attori di primo livello (in primis la coppia Sordi-Valeri) unita all'ottimo team di caratteristi, confezionano un prodotto cinematografico che a distanza di cinquanta anni fa ancora ridere e discutere: Il vedovo.
Risi nella sua ironia nera mette alla berlina l'Italietta che pure cresce grazie al miracolo economico ma anche l'indissolubilità matrimoniale che è spesso mal sopportata, fino a voler giungere a soluzioni estreme pur di sbarazzarsi di una situazione diventata difficile da gestire.
I due protagonisti sono impeccabili: lei mammona, eppure anche mascolina e rigida, lui maramaldo qualunquista, abbastanza incapace, eppure animato da velleità irragiungibili.
La storia ha colpito l'immaginazione di molti sceneggiatori, i quali hanno spesso fatto delle citazioni al film (da ricordare la pellicola spagnola Crimen perfecto che ripropone la scena dell'ascensore).
A distanza di cinquant'anni, essendo in vena di amarcord (o forse a corto di idee) il regista Massimo Venier (che in altri tempi poteva fregiarsi della qualifica di "onesto artigiano" ) ha pensato di ispirarsi al mitico "Vedovo" per una pellicola che sta al film di Risi come il cavolo a merenda.
In Aspirante vedovo Luciana Littizzetto è sì pungente ma ahimè riesce ad attirarsi le antipatie degli spettatori per l'atteggiamento assolutamente cinico dettato anche dalla vocina querula. Altresì De Luigi, sguardo perso nel vuoto e atteggiamento da cucciolo spaurito, non riesce nemmeno nell'iperuranio a riproporre la verve caustica del mitico Albertone e fa quindi male sapere che si chiama come Sordi nel film di Risi: Alberto Nardi.
Manca il piano diabolico che nel film di Risi occupa una buona parte della storia, manca la sana cattiveria che qui si trasforma in un cinismo senza sugo. Mancano i grandi veri caratteristi degli anni Cinquanta sostituiti con attori comprimari che recitano asetticamente la loro parte senza suscitare la minima emozione.
Un compitino svolto senz'infamia e senza lode che strappa qualche sorrisino stiracchiato sul momento ed è pronto a farsi dimenticare al più presto... peccato. Ma sì sa, nel cinema la regola di Paganini, anche se sempre si vìola, andrebbe rispettata: mai fare il bis se la prima è riuscita bene...