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TRE minuti per vedere questo corto, più di mezz'ora per capire cosa può voler significare e un'altra mezz'ora per scrivere un commento! E pensare che pensavo di cavarmela con poco. Comunque io una spiegazione me la son data. La vita, anche nella migliore delle ipotesi, è grigia al 50%. Non può mai essere interamente colorata, le scale di grigio, anzi, possono solo peggiorare! L'unica cosa che si può fare è cercar di goder al massimo delle cose che ci circondano e di cui è fatto il mondo...anche se non riusciremo mai a comprenderle fino in fondo, sarà un po' come se tutto ci fosse trasmesso attraverso un televisore, non capiremo mai chi è il Dio che sta dietro al televisore e trasmette le immagine ed il motivo per cui lo fa.
Quando il protagonista accende la tv, il messaggio recita "benvenuto all'inferno!", ma in realtà non si tratta dell'inferno, bensì del paradiso!!! O, almeno, di una vita grigia (solo) al 50%. Scorrono infatti immagini di natura e bellissimi paesaggi condite da una soave musica, mentre la voce invita il protagonista a sedersi e godere delle meraviglie dell'universo. Ma lui rifiuta di farlo e si suicida, risvegliandosi in purgatorio.
Attenzione a due piccoli particolari: 1) la tv, in purgatorio, è di un modello più brutto di quello di prima in "paradiso"; 2) la voce esterna, nel dare un benvenuto al "morto", gli dà una motivazione sulla sua presenza in quel luogo e anche un mezzo per uscirne, spiegando "tu sei qui perché hai commesso degli errori...sei in attesa di un altro giudizio", cosa che la voce fuori campo in "paradiso" non faceva per niente, limitandosi ad invitare il "morto" a guardare le meraviglie dell'universo, come se questa fosse la miglior condizione a cui egli potesse aspirare.
Tuttavia, il morto non accetta nemmeno stavolta e, anzi, fa un nuovo errore: si suicida di nuovo. Si risveglia, quindi, nell'inferno, ma stavolta quello vero: le immagini che scorrono nel televisore (di un modello decisamente peggiore e più antiquato) sono quelle di fiamme, distruzione, morte. La voce dà nuovamente il benvenuto, dicendo "tu sei qui perché....", ma il morto spara al televisore prima di sapere questo "perché", rendendolo muto per sempre. E soprattutto, egli esaurisce i proiettili, non potrà quindi mai più sfuggire al luogo in cui le sue azioni lo hanno condotto: il Nulla, per sempre. Così facendo, il protagonista si rifiuta di sapere il Perché si trova lì. E non potrà nemmeno più sapere se vi era un modo per migliorare la propria condizione, perché ha distrutto il televisore: rimarrà per sempre condannato al grigio totale, a questo Nulla, senza speranza. Ciò ben rappresenta la disperazione dell'uomo che ha sbagliato, che come conseguenza delle proprie azioni si trova in una condizione di angoscia senza speranza e che a causa di questa angoscia finisce col negare qualsiasi propria responsabilità diretta per la condizione in cui si è gettato (anche per l'incapacità di sopportare il dolore che deriverebbe da questa ammissione), rifiutandosi di capire il motivo per cui si è trovato in tale situazione e - come conseguenza - privando sè stesso di qualsiasi possibilità di salvezza.
Naturalmente, se ho indovinato l'interpretazione, la morale del corto dipenderà dalla forma mentis di chi lo guarda: se ne trarrà un significato diverso, a seconda di chi, di fronte alla vita, vede il bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto:
1) si potrebbe dire che il paradiso, cioè la vita, è la condizione migliore, e che - anche se non è pienamente soddisfacente, è comunque meglio accontentarsi, perchè val la pena comunque di sedersi davanti a questa tv e godersi lo spettacolo del Creato, anche se si ha la spiacevole sensazione di veder tutto attraverso una tv, per sempre.
2) oppure, al contrario, si può concludere che la vita... è proprio una schifezza, perchè anche nella migliore delle ipotesi si è soltanto spettatori di uno spettacolo inconoscibile, di cui non si potrà mai far parte completamente e che quindi non val la pena di guardare!!
Scegliete voi. Per quanto mi riguarda, io sono un'ottimista. Mi siedo davanti al televisore della vita, cercando di assimilare ogni conoscenza, ogni particolare, ogni felicità, reale o finta, che essa mi trasmetterà.