Voto Visitatori: | 5,79 / 10 (168 voti) | Grafico | |
Voto Recensore: | 6,50 / 10 | ||
Sequel di "Una settimana da dio" e sull'onda della moda americana dei film demenzial-religiosi (da ricordare "Dogma", film che subì in Italia un certo ostracismo) "Un'impresa da dio" conferma come interprete "supremo" Morgan Freeman che però in questo secondo episodio appare solo a macchia di leopardo; più che sufficiente comunque per poter dire "Io sono" (e meno male che ci sei tu caro Morgan!).
Al posto di Jim Carrey, schizzato e filosofeggiante ma sempre molto in parte in quasi tutte le sue interpretazioni, c'è Steve Carrel, il "vergine quarantenne" (si fa un cenno vago al film in una sequenza) affiancato da Lauren Graham, nota a tutte le adolescenti per il popolare telefilm "Una mamma per amica" ("Gilmore girls" il titolo originale). Carrel ce la mette tutta per riuscire a sostituire Carrey, ma purtroppo, pur dotato di una discreta vis comica, non è certo aiutato in toto dalla sceneggiatura sicuramente lacunosa né dagli altri interpreti fondamentalmente assenti: la Graham non sa fare altro che la mogliettina carina mentre John Goodman, robusto caratterista e comico anche trasgressivo e simpatico (ricordiamo "I Flinstones" ma anche "The Big Lebowsky" e la serie di telefilm "Pappa e Ciccia"accanto a Roseann Barr), qui appare lontano anni luce dalle sue potenzialità.
La storia resta così interamente sulle spalle di Carrel, praticamente sempre in scena. Lo spettatore assiste momento per momento alla sua trasformazione da scettico edonista a buffo patriarca, e l'idea pur esile crea comunque una certa ilarità; peccato però che le risate si possano contare col contagocce.
Il primo film aveva come tematica principale quella delle aspettative umane e dell'abitudine di rivolgersi alla divinità con l'unico scopo del "do ut des", e nella sua dissacratoria demenzialità, oltre a divertire molto (tra l'altro lo stesso Carrel che riporta nel sequel il suo precendente personaggio è protagonista di sequenze estremamente ilari) intendeva far riflettere - e molto - lo spettatore.
Questo sequel ha invece pretese minori, sebbene il messaggio ecologista tanto di moda negli Stati Uniti (vedasi il recente Nobel per la pace all'ex vicepresidente Al Gore per l'impegno profuso nella difesa dell'ambiente) sia chiaro e lampante anche a chi a non vuole vedere né sentire.
La regia si sofferma fin troppo sui vari animali che presenziano il film sin dall'inizio e proprio questa scelta, a differenza del primo film decisamente per adulti, apre la storia ad una platea di tutte le età e strizza l'occhio soprattutto ai bambini, fascia d'età commercialmente di riguardo negli Stati Uniti.
In conclusione si potrebbe definire "Un'impresa da dio" un film carino ma non troppo, divertente ma non troppo, da vedere senz'altro se non si ha di meglio da fare; altrimenti la scelta è ampia: si potrebbe andare in pizzeria, ad esempio...
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Recensione a cura di peucezia - aggiornata al 15/10/2007
Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it
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