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Che strani questi borghesi

Un giorno di vacanza, Giorno di paga, Il pellegrino - 1919-1923

Insieme a Douglas Fairbanks, Mary Pickford e David Griffith, Chaplin fu fra i fondatori nel 1919 della United Artists, una casa di produzione direttamente gestita da attori o registi. Per lui fu il punto di arrivo dei suoi sforzi di indipendenza nel lavoro. Adesso non doveva più rendere conto a nessuno delle spese o dei tempi; era diventato il padrone assoluto di tutto ciò che faceva: finalmente era arrivata l'agognata libertà.

Purtroppo per lui, prima di essere libero, era costretto a fare ancora una serie di comiche per la First National. Doveva ingegnarsi alla svelta a tirare fuori corti o mediometraggi per onorare il contratto. Non stette perciò a curare troppo quello che faceva. Le comiche del periodo 1919-1922 sono per lo più opere minori di Chaplin, che riciclano vecchie idee o vecchi schemi, hanno un ritmo blando ed hanno gag tirate per le lunghe. Tutte hanno in comune l'attenzione al mondo piccolo o medio borghese; è come se Chaplin si fosse messo ad approfondire il mondo che ogni tanto esce fuori dai sogni del vagabondo: la famiglia che vive di piccole cose e che è ben integrata nella società. Ne esce fuori un quadro che però non ha niente di idilliaco. Vengono messi in ridicolo tutta una serie di vizi, abitudini e pregiudizi che funestano la vita di tutti i giorni. è sbalorditivo che ancora oggi ci troviamo a che fare con le stesse storture sociali, prese in giro da Chaplin ottant'anni fa.

Un giorno di vacanza"A Day's Pleasure" ("Un giorno di vacanza") uscì nel dicembre del 1919 e fu girato in un mese, interrompendo appositamente le riprese de "Il Monello". La comica narra delle peripezie di una famigliola che ha deciso di passare la domenica facendo una gita in battello.
Tutto il pezzo è intessuto di didascalie ironiche. La prima recita: "la famiglia in vacanza per una giornata di gran divertimento". Naturalmente si comincia con l'auto che non vuole andare in moto. La gita in battello è funestata invece dal mal di mare, il quale dà il via a una serie di gag basate sulla seduzione della donna altrui con tanto di litigio con il marito (Tom Wilson). Ci si mette pure la sdraio che non si apre e addirittura il padre di famiglia (Chaplin) perde la pazienza con un venditore di pop-corn trattandolo in malo modo. Tra l'altro nel battello è tutto uno svolazzìo di bandiere americane.
Al ritorno ci si imbatte nel gran traffico cittadino (già a quei tempi!) e ne succedono di tutti i colori, visto che un operaio sparge del catrame fresco sulla strada. Anche allora la maleducazione e la litigiosità non avevano niente da invidiare a quelle di oggi. Ne fanno le spese i vigili, i tutori dell'"ordine", che vengono crudelmente dileggiati.
Si chiude con la didascalia (ironica): "la fine di una giornata ideale".

Charlot e la maschera di ferroDopo aver concluso "Il Monello", Chaplin fa uscire nello stesso anno (1921) il cortometraggio "The Idle Class" ("Charlot e la maschera di ferro"). L'oggetto della satira stavolta è la ricca borghesia in vacanza sui campi da golf. Chaplin interpreta due sosia: uno è il solito vagabondo, stavolta più che mai spavaldo e irriverente verso chi è più ricco di lui; l'altro è un raffinato ubriacone, distratto e indifferente, in crisi con la moglie (Edna Purviance).
Anche qui vengono usate tutte le gag più tipiche dei passati cortometraggi di Chaplin (botte, bagni, inseguimenti, scambi, coincidenze, equivoci, oggetti che si ribellano) senza però molta fantasia o mordente. Si fa affidamento più che altro sull'esperienza piuttosto che sull'inventiva. Questo è il pezzo però in cui risalta maggiormente la voglia del vagabondo di tenere testa ai ricchi senza timore o vergogne: intanto non esita a partecipare a suo modo ai loro passatempi, sfidando la pretesa di esclusività. Alla fine, quando si è risolto l'equivoco della grande somiglianza, il vagabondo fa per congedarsi dal gruppo dei ricchi tendendo loro la mano. Il padre di Edna, invece di stringergliela, lo scaccia in malo modo, anche se poi si pente a causa delle rimostranze della figlia. Torna così incontro al vagabondo per stringergli la mano. Lui finge di accettare, poi indica al ricco qualcosa per terra e gli molla con gran soddisfazione un bel calcio nel sedere.
Altra cosa interessante del pezzo sono gli splendidi esterni di ridente campagna e di bellissimi giardini. Questa era la California negli anni Venti.

Giorno di PagaNel 1922 esce solo il cortometraggio "Pay Day" ("Giorno di Paga"). Delle opere di questo periodo, questa è quella meno riuscita. Le scene sono tirate per le lunghe e spesso risultano monotone, quasi noiose.
Il vagabondo si è infilato nella situazione peggiore che gli potesse capitare: si è sposato con una vera e propria megera, la quale gli sequestra tutti i guadagni e vorrebbe impedirgli qualunque divertimento o strappo al dovere. Lavora in un cantiere edile, dove arriva sempre in ritardo e dove cerca, come al solito, di arrangiarsi per lavorare meno possibile o per scroccare il pranzo agli altri.
Il protagonista del cantiere edile è il montacarichi, il quale, con il suo continuo saliscendi, determina le gag più svariate. Nella seconda parte della comica, Chaplin interpreta il suo pezzo forte, cioè l'ubriaco, ma senza divertire di più di altre occasioni più riuscite.
Rimane comunque il cortometraggio in cui viene dipinta in modo peggiore la vita piccolo borghese: una vera e propria prigione. Il film finisce infatti ad iris sulla faccia alterata e vociante della moglie-megera.

L'ultima opera girata per la First National è il mediometraggio "The Pilgrim" ("Il Pellegrino"), uscito nelle sale nel febbraio del 1923.
Si tratta di un'opera di discreto valore artistico, molto più curata di quelle precedenti. è una satira molto gustosa della provincia bigotta americana con i suoi devoti tronfi, brutti e ridicoli. Con i mezzi comici si riesce a mettere in evidenza la contraddizione che c'è fra l'essere e l'apparire in questo tipo di società. La storia è ambientata in Texas, ed in molte scene si fa sentire l'atmosfera del genere western.

Il PellegrinoAnche in questo caso si inizia con il vagabondo che evade dalla prigione. Soprattutto in questa comica sorge spontanea la domanda circa cosa diavolo possa aver combinato un'anima candida e onesta come quella del vagabondo per finire sempre in prigione; evidentemente si vuole suggerire fra le righe che il sistema giudiziario americano degli anni Venti è profondamente ingiusto, oppure prevenuto verso un certo tipo o strato sociale di persone. Nel finale si cerca però di smorzare questa impressione.
Il vagabondo non ci sta certo a subire la mancanza di libertà e una volta evaso ruba i vestiti ad un sacerdote che stava facendo il bagno, recandosi poi nella comunità di cui doveva diventare il nuovo parroco.

L'arrivo alla meta non è tranquillo. Ci sono poliziotti dappertutto e, nonostante il travestimento da prete, il vagabondo si sente sempre un evaso. Questa dicotomia esce fuori alla grande nella scena della funzione religiosa, che il vagabondo officia naturalmente a modo suo. Con l'inesperienza mette in ridicolo tutti i gesti strani che fanno i devoti, poi dalla sua espressione si desume che i canti siano stonati e infine crea scompiglio facendo alzare e sedere in continuazione la gente.
Ovviamente non poteva mancare la questua, che il vagabondo segue con occhio molto interessato facendo vedere che è la parte più importante della funzione.
La perla del film però è la predica (l'episodio biblico di Davide e Golia) che il vagabondo recita come se fosse una pantomima, trasformando la chiesa in un palcoscenico teatrale, qualcosa di allegro in qualcosa di serio. Un bambino è l'unico che apprezza applaudendo alla bravura, mentre gli adulti restano sbalorditi. Per certi versi questa scena anticipa quella della passerella di moda nel film "Il piccolo diavolo" di Benigni.

Altra parte importante del film è la scena del the nella casa in cui il vagabondo/reverendo viene ospitato. Viene invitata una famiglia tipica composta da mamma, occupata solo a spettegolare, padre, tutto impomatato e altero, e infine dal bambino viziato e pestifero, il quale ne combinerà di tutti i colori, soprattutto al cappello del padre. Si tratta di una satira del piccolo-borghese che tornerà più cattiva e puntuta in "Monsieur Verdoux", mentre il bimbo pestifero riapparirà in "Un re a New York".

Nel finale il vagabondo viene scoperto, ma rivela il suo animo fondamentalmente onesto e gentile, riparando al furto di un suo ex compagno di carcere nei confronti della famiglia che lo ha ospitato. Stavolta però il suo gesto paga. Per la prima ed unica volta nei film di Chaplin, la legge transige alle sue regole ferree per venire incontro ad un povero diavolo. Lo sceriffo che lo dovrebbe riportare in cella, lo conduce invece al confine con il Messico e cerca di farlo scappare; il vagabondo non riesce proprio a concepire che un uomo di legge possa fare questo e si comporta in maniera paradossale, facendo l'iper-onesto (o forse l'ingenuo).
Lo sceriffo lo deve quindi proprio spingere con un calcio al di là del confine. Il vagabondo gioisce della libertà, si guarda però intorno e vede solo una landa desertica, per di più infestata dall'anarchia con bande che si affrontano fra di loro a pistolettate. Ecco che allora ritorna di corsa verso gli U.S.A., ma essendo lì un ricercato risolve il problema camminando a cavallo del confine: un piede negli Stati Uniti e l'altro nel Messico.
Un finale molto bello che si presta a mille interpretazioni: lo scarso nazionalismo del vagabondo, la difficoltà di vivere in qualsiasi stato della terra, l'assurdità dei confini, sono solo alcune. Ognuno è libero di pensarla come vuole.


Torna suSpeciale a cura di amterme63 - aggiornato al 03/04/2009