un re a new york regia di Charles Chaplin Gran Bretagna 1957
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un re a new york (1957)

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locandina del film UN RE A NEW YORK

Titolo Originale: A KING IN NEW YORK

RegiaCharles Chaplin

InterpretiCharles Chaplin, Dawn Addams, Michael Chaplin

Durata: h 1.45
NazionalitàGran Bretagna 1957
Generecommedia
Al cinema nel Novembre 1957

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•  SPECIALE UN RE A NEW YORK

Trama del film Un re a new york

Deposto da una rivoluzione marxista, un sovrano europeo va in esilio negli Stati Uniti, la patria della democrazia e della libertà. Qui però si trova ben presto a scontrarsi con la realtà invadente della pubblicità per finire nella rete della Commissione per le attività antiamericane. Alla fine il re capisce che l'America non è poi così attraente.

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Voti e commenti su Un re a new york, 16 opinioni inserite

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topsecret  @  09/06/2019 22:29:16
   7 / 10
Non tra i più famosi di Chaplin, ma non per questo meno divertente, UN RE A NEW YORK è una commedia molto gradevole, con qualche spunto critico socio-politico ben assestato, dotato di un buon ritmo e una discreta verve ironica.
Buono l'apporto del cast che assiste degnamente il buon Chaplin, dando vita a momenti e gag davvero esilaranti.
Un buon film.

Filman  @  04/04/2016 22:24:25
   6½ / 10
Conseguenza dell'allontanamento maccartista, quello di A KING IN NEW YORK è un Charlie Chaplin coinvolto e avvilito che parla dell'America con un'asprezza che prova ad essere velata, ma è tuttavia un'acredine che non genera critiche auspicabilmente lucide ed ispirate e finisce con l'alimentare una commedia poco coinvolgente e poco convincente, la cui facciata di impegno politico è introdotta da una forma didascalica che si ferma al suo più puro stato verbale, equivalente al sentimento presente nell'autore, non capace di esprimerlo al meglio e con la sua solita profondità espressiva, quindi con una messa in scena e una sceneggiatura non all'altezza dei suoi lavori migliori, anche perché priva di potenziale: l'idea più interessante si ritaglia un piccolo spazio nella parte iniziale della pellicola per parlare dell'effetto televisivo in una grande nazione.

BrundleFly  @  29/01/2013 20:29:29
   7 / 10
Film semplice e simpatico di un Chaplin ormai sul viale del tramonto e con poche idee che lancia una critica sia al mondo della televisione sia all'America ossessionata dal comunismo.
Il maestro si ritira comunque a testa alta con questa ultima performance come attore, peccato per il flop de "La contessa di Hong Kong" in sola veste di regista.

Fritz  @  02/01/2013 23:38:07
   2 / 10
Chaplin, essendo un megalomane, ha fatto film dopo l'avvento del sonoro, cosa che non si poteva permettere. Vedasi questa pagliacciata e altre cose dimenticabili fatte prima e dopo (addirittura un film con la Loren, roba da matti).

1 risposta al commento
Ultima risposta 10/07/2013 00.06.19
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Invia una mail all'autore del commento marco986  @  29/12/2010 19:43:03
   7½ / 10
SATIRA INTELLIGENTE DI CHAPLIN SULL'AMERICA ANNI 50 ED UNA SORTA DI VENDETTA PERSONALE VERSO IL PAESE CHE LO AVEVA ESILIATO PER RAGIONI POLITICHE(DURANTE IL GOVERNO MAC ARTY)PER LE SUE IDEE DI SINISTRA.OTTIMA LA SUA INTERPRETAZIONE

Gruppo COLLABORATORI Compagneros  @  16/05/2010 16:35:45
   7½ / 10
Senz'altro un buon film, ma purtroppo distante dai capolavori di Chaplin.
Film a tratti autobiografico di un Chaplin, abbastanza avanti con gli anni, che si rivela un duro attacco agli Stati Uniti e al maccartismo.
Piacevole ed elegante.

Gruppo COLLABORATORI SENIOR The Gaunt  @  19/03/2010 22:50:27
   7½ / 10
Un re a New york non è certamente il miglior film di Chaplin, però riesce ad essere molto pungente verso quella società americana che gli aveva dato tantissimo, ma che lo aveva sostanzialmente scacciato.
Una società contrasegnata dall'invasività della pubblicità, il denaro che fa girare ogni meccanismo e la piaga del maccartismo che non si ferma davanti a nulla, nemmeno di fronte ai bambini, in un finale molto amaro.

Gruppo COLLABORATORI SENIOR Invia una mail all'autore del commento kowalsky  @  27/01/2010 01:09:20
   8 / 10
Una satira irriverente contro l'America e i suoi vizi degeneri, ma soprattutto il film più autobiografico e metaforico di Chaplin. No, non è il suo capolavoro, anche se il ragazzino marxista è adorabile e la sequenza del recital comico dopo il trattamento di chirurgia estetica (Charlot costretto a ridere degli altri?) assolutamente esilarante.
E' un film divertente, sarcastico, ferocemente liberale nello spirito, per non dire anarchico (quale forma di potere può dirsi migliore delle altre?).
Io mi sono divertito da pazzi, nonostante i suoi clichè (volutamente sopra le righe la sequenza del processo che rievoca i fasti del maccartismo) e l'esilio europeo la dice lunga.
Una riabilitazione tardiva promosse l'oscar alla carriera, rievocato da un film di attenborough predisposto più ad esplorare la poesia agiografica che il realismo anche scomodo della vita di Chaplin, ma questa è un'altra storia

Gruppo COLLABORATORI JUNIOR Freddy Krueger  @  09/11/2009 22:37:59
   7 / 10
Grazioso anche questo film, nonostante Chaplin sia invecchiato non ha perso la sua inventiva e la sua comicità. Non è chiaramente tra i suoi capolavori, ma si lascia vedere piacevolmente: la trama attira abbastanza e c’è molta satira sull’America degli anni ’50 e le sue caratteristiche.
Anche in questo film si nota molto come Chaplin sia “fissato” col Comunismo.

Neu!  @  21/02/2009 12:54:01
   7½ / 10
Chaplin, con non so quanti capolavori alle spalle, riece miracolosamente a partorire questo film. è l'ultimo grande Chaplin, non è assolutamente uno dei migliori. ma è grande.

Invia una mail all'autore del commento wega  @  02/10/2008 12:15:13
   6 / 10
Chaplin è stato quel che è stato, ha dato quel che ha dato, ma non era in grado di stare al passo con i tempi. Basta pensare ad una regia barocca come quella di Aldrich in "Un bacio e una pistola", il Cinema stava cambiando.
Si sente notevolmente l' autobiografia che racchiude in sè questa pellicola come lo si sentiva nel suo precedente "Luci della ribalta"; dalle noie del maccartismo fino all' esilio in Europa. La pellicola sa di stantìo.

Gruppo REDAZIONE amterme63  @  24/09/2008 19:31:05
   9 / 10
Mentre si recava in Europa a presenziare alla prima di Luci della Ribalta nel 1952, Chaplin ricevette la notizia che il suo permesso di rientro negli U.S.A. era stato revocato dal Procuratore Generale Federale. Lo si sospettava di attività "antiamericane" per la sua frequentazione e il suo appoggio a organizzazioni che gravitavano a sinistra. Inoltre il procuratore lo aveva dipinto come "persona disgustosa" e annunciava future rivelazioni sulla sua "immoralità".
Nella realtà Chaplin aveva solo dato il suo appoggio fra il 1942 e il 1943 alla lotta che stava facendo l'Unione Sovietica contro Hitler. Dopo tutto i russi erano persone come le altre e si stavano sacrificando per fronteggiare il nazismo. Anticonformista com'era non guardava alle idee politiche delle persone con cui discuteva o lavorava. Di attività politica militante non ne aveva mai fatta e da tipico individualista professava idee eterodosse non inquadrabili in nessuna ideologia definita. Lo si può definire un "borghese anarchico", fondamentalmente conservatore nella struttura sociale e politica ma profondamente rivoluzionario nei modi in cui questa struttura si doveva esprimere. Era un pacifista contrario a ogni tipo di oppressione sul singolo individuo e a ogni concentrazione di potere politico o economico in poche mani.

Non poteva che finire così, visto l'infuriare negli U.S.A. di uno di quei periodi di isteria e paranoia collettiva che offuscano da sempre la storia democratica di quel paese. Era bastato che l'U.R.S.S. facesse brillare la prima bomba atomica e scatenasse la guerra di Corea, per permettere ai settori politici conservatori e reazionari americani di scatenare una campagna ossessiva di indagine e persecuzione. Avevano colto l'occasione dell'emozione generale per regolare i conti con tutti gli intellettuali che potessero dar noia al proprio potere. Chaplin era uno di questi, visto che fin da Tempi Moderni era stato schedato come "pericoloso" dalle alte sfere politiche e economiche.

Fu questa vicenda il punto di partenza per la sceneggiatura a cui lavorò fra il 1954 e il 1955. Come al solito però Chaplin ebbe l'abilità di trasformare un semplice spunto o stato d'animo in un'opera universale che descrive un'intera società. La parte più politica di A King in New York (Un re a New York) occupa appena il quarto finale del film, il resto è uno sguardo dissacrante sulla società dell'edonismo e del consumo sfrenato. La sua è una denuncia dell'invasione pubblicitaria (e quindi del profitto economico) in tutti i settori del vivere pubblico quotidiano. Giornali, cinema, musica, televisione non mirano a educare o a divertire con gusto e arte il pubblico, ma cercano in tutti i modi di lusingare o stuzzicare i peggiori difetti o tendenze della massa per poter veicolare messaggi commerciali ma anche subdolamente politici. I presupposti da cui partiva Chaplin erano quelli dell'anziano che si trova spaesato e che non vede di buon occhio tutte queste novità di cui i giovani sono entusiasti. Per farlo capire usa il trucco dell'assurdo e dell'esagerazione (per l'epoca). Allora si poteva tranquillamente accusare Chaplin di essere un vecchio matusa sorpassato, ma riguardando questo film dopo 50 anni si rimane allibiti dall'acume e dalla genialità nel prevedere le degenerazioni di un sistema, a cui noi oggi siamo completamente assuefatti.

Dal punto di vista tecnico risente molto della nuova situazione da "esiliato" in cui si trovava Chaplin. Non aveva a disposizione il proprio studio e i propri operatori e i soldi erano contati. Dovette girare in fretta, risparmiando sulle scenografie, senza badare troppo a sottigliezze espressive. La fotografia è decisamente scadente e nel complesso si tratta di un lavoro tecnicamente datato. Alla povertà formale supplisce la grande verve interpretativa di Chaplin, ancora in forma nonostante i 68 anni, e l'efficacia e incisività della satira. Anche questo film è strutturato in successione di gags a ritmo sostenuto, ognuna che crea l'atmosfera per l'altra. Oltre all'uso dell'ironia che colpisce tutti i personaggi, in questo film Chaplin riprende il vecchio stile slapstick e in diverse scene ci sono autocitazioni da suoi vecchi cortometraggi.

La prima avvenne a Londra il 12 settembre 1957. Le accoglienze furono contrastate. Apprezzando l'interpretazione di Chaplin, si faceva capire fra le righe che il suo modo di fare film era ormai tecnicamente sorpassato. Anche il messaggio del film veniva interpretato come una vendetta personale del regista nei confronti degli Stati Uniti, derogando dalla sua abitudine di trattare temi universali. Rivisto oggi appare attualissimo, visto che di cacce alle streghe se ne continuano a fare e che il sistema dell'imbonimento collettivo è nel suo pieno fulgore.


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La vera faccia dell'America è però quella di Ann Kay: iperattiva, ottimista, edonista, superficiale, materialista. Non si preoccupa più di tanto per lo stato politico di isteria: "passerà presto". Chaplin non si perita però di dare l'ultimo schiaffo morale anche a questa faccia d'America. Ann Kay alla partenza del re è tutta zuccherosa perché ha ricevuto in regalo da lui una pelliccia di visone. Si capisce fra le righe che ha ceduto alle avances sessuali di Shahdov. Ecco qua un mondo che non conosce sentimenti amorosi, solo scambi commerciali e sfoggio di oggetti. In effetti questo film sembra proprio l'antitesi di Luci della ribalta: senza sentimento, senza amore, senza solidarietà. Sembra rappresentare la vittoria incontrastata della materialistica società dei consumi su qualunque idealità collettiva. Il finale in effetti, fra i meno drammatici dei film di Chaplin, sembra solo sancire uno stato di cose senza indicare qualche speranza nel futuro.

THE_FEX84  @  26/02/2008 14:39:24
   8 / 10
Chaplin aveva un bisogno urgente di regolare i conti con la società americana,che lo aveva più volte snobbato e sottovalutato:ed è proprio da questa sua voluta e sentita intenzione che decise di dirigere questa sua pellicola.Il regista ha il modo di trattare argomenti attuali e futuristi,come il potere assoluto della televisione e il culto dell'apparire,modificabile grazie ai miracoli(o meglio ai disastri)provocati dalla chirurgia estetica:ma sono soltanto due dei numerosi temi che Chaplin riesce a deridere,in un film visibilmente discutibile(alcuni fondali esterni sono palesemente fasulli,e un pò indegni della sua fama dell'autore),ma ricco di trovate sarcastiche e cattivelle per nulla invecchiate,con delle riuscite frecciate ai danni della confusione(anche burocratica)degli States e dal finale amarognolo.Dati gli argomenti trattati,in America decisero di farlo uscire soltanto nei primi anni 70 con un discreto successo.Spassosa la gag in cui il protagonista in ascensore,incastra un dito in una pompa d'acqua,trascinandola fino a un processo innaffiando i la corte.Chaplin affida al piccolo figlio Michael il ruolo di un bambino che in quanto a politica la sa più lunga di un qualsiasi addetto al mestiere:la metafora non potrebbe essere più chiara.

Gruppo COLLABORATORI Harpo  @  03/06/2006 21:19:27
   5 / 10
In assoluto il peggior film di Chaplin. Lo vidi una sola volta e diverso tempo fa e mi ricordo indistimente che ormai Charles non era più quello di qualche anno prima. Le gag erano risicate all'osso e il film era abbastanza lento. Purtroppo tutto è costretto a finire e anche il più grande attore-regista comico della storia del cinema (insieme ai fratelli Marx e Buster Keaton) aveva fatto il suo tempo. Se non fosse di Chaplin gli avrei dato molto meno di cinque, ma a quest'uomo va dato rispetto.

3 risposte al commento
Ultima risposta 19/01/2007 01.26.58
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Gruppo COLLABORATORI JUNIOR Invia una mail all'autore del commento emans  @  09/01/2006 19:21:23
   5½ / 10
per quanto chaplin possa avermi fatto sorridere fino ad oggi qui non ci riesce molto...non si puo considerare neanche un film drammatico...ha voluto parlare di politica attraverso un bambino(visto che lui non poteva farlo in america) e alla lunga anche i suoi discorsi annoiano fino al finale che si poteva evitare proprio per la sua lunghezza...insomma questo è l'unico film di chaplin a cui non do la sufficienza,e ne ho visti parecchi...

7 risposte al commento
Ultima risposta 05/02/2006 13.02.25
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Ch.Chaplin  @  09/01/2006 18:46:12
   10 / 10
dopo l'uscita di un re a new york charlie disse ke era il lavoro riuscito meglio della sua carriera..sicuramente nn lo è, x cui nn guardatelo pensando ke sia un capolavoro rispetto a luci della città o la febbre dell'oro, e inferiore seknd me anke a monsieur verdoux..ma ciò nn toglie il fatto ke fu la sua prima e sudatissima produzione inglese dopo l'esilio del 1952 dagli Usa. Nonostante egli avesse ammesso ke in qst film nn c fosse nulla d autobiografico noi nn possiamo crederci..chaplin fa dire a rupert (interpretato dal figlio michael) tt ciò ke pensa dell'america e continua a fare allusioni sulla fasulla - o meglio - contraddittoria libertà di quel paese. Fin dalle prime battute lo si capisce: mentre gli prendono le impronte digitali esprime la felicità di exere in un paese libero, appena va in albergo guarda di fuori dalla finestra e guardando la skyline d new york dice"ah splendida america" (o qsa del genere..adexo nn ricordo d preciso..)
nn si merita 10 xkè è un lavoro nel quale chaplin ha fatto confluire troppa rabbia contro l'america (e notare ke è uno dei pokissimi film di charlie ke nn ha un espresso lieto fine, ma finisce nell'incertezza) e ha voluto raccontare troppe cose, ma glielo do lo stesso xkè è stato un grande. infatti il film risulta omogeneo e ben godibile. tante le denunce agli Usa: il rock'n'roll, la pubblicità, il nuovo cinema, i grattacieli, la giustizia, il governo, il nucleare, ma soprattt la caccia alle streghe maccartista, ke lo aveva visto protagonista 5 anni prima. nn poteva tollerare tt qst, vedere il mondo andare a rotoli in qst modo ed anke lui nn avrebbe potuto far nulla..ma da apprezzare la grinta di un sessantottenne consapevole di stare x scrivere le ultime parole di una vita altalenante ma assolutamente storica ed indimenticabile.

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Ultima risposta 25/01/2006 13.23.39
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