legittima difesa (1947)

Clouzot è sicuramente uno di quei registi ingiustamente dimenticati, tra i più bravi.
Ha firmato film bellissimi, tesi, intrisi di un pessimismo realista e sensibile, talvolta straordinari come nel caso di 'Vite vendute'.

'Legittima difesa' (forse tra i suoi che ho visto quello che mi è piaciuto meno) è un giallo dalle sfumature nere che non rinuncia ai criteri del genere, ma dietro l'intreccio dei nastri finemente sistemati, dentro quella confezione in cui sono fotografati ambienti e atmosfere cittadine colme di fascino, si trova qualcosa di genuinamente vivo, una modesta umanità luccicante, consigliata forse dall'opera di Renoir, in cui più di ogni altro scintilla il personaggio dell'ispettore, coi suoi modi franchi e la sua giacca stretta, con la sua fronte corrucciata e il figlioletto di colore che compare improvviso, pianissimo come i fiocchi di neve.

Ma umanamente attento è anche il racconto del rapporto tra i due piccoli artisti e coniugi coinvolti, scontento, crepato dalle incomprensioni e dalle bugie, eppure intenerito da quell'affetto e da quel senso di protezione che si vengono a rafforzare. La protagonista non è più la femme fatale dagli occhi di ghiaccio che abbiamo trovato in altre opere cinematografiche: il suo sguardo è debole, insicuro più che ammaliante, bisognoso.


SPOILER