Recensione giu' la testa regia di Sergio Leone Italia 1971
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Recensione giu' la testa (1971)

Voto Visitatori:   8,54 / 10 (128 voti)8,54Grafico
Migliore regista (Sergio Leone)
VINCITORE DI 1 PREMIO DAVID DI DONATELLO:
Migliore regista (Sergio Leone)
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locandina del film GIU' LA TESTA

Immagine tratta dal film GIU' LA TESTA

Immagine tratta dal film GIU' LA TESTA

Immagine tratta dal film GIU' LA TESTA

Immagine tratta dal film GIU' LA TESTA
 

Film del 1971, uscito quindi in un periodo particolarmente "caldo" dal punto di vista politico-sociale, "Giù la testa" chiude l'epopea western di Sergio Leone, anche se definire questa pellicola un film western è forse una forzatura. Si suole inserire la pellicola nella cosiddetta trilogia del tempo, che comprende "C'era una volta il west" del 1968 e il successivo "C'era una volta in America" del 1984.

Esistono degli elementi di base propri del genere: il bandito, una diligenza, un progetto di rapina in banca, ma in effetti l'azione spostata in Messico nei primi anni del XX secolo (all'epoca di una rivoluzione non ben precisata) differenziano il film dagli altri del filone. Usciamo quindi dall'epopea del western di frontiera con la contrapposizione bene-male, contraddistinta da bandito e tutore dell'ordine o cattivo e meno cattivo, e ci spostiamo anche sul piano temporale dalla fine dell'ottocento al XX secolo.
Con ogni probabilità, dalle frasi pronunciate dai protagonisti l'azione temporale è collocata all'epoca della rivoluzione messicana del 1916 quando, a seguito dell'assassinio di Madera da parte di Huerta,Pancho Villa e Emiliano Zapata, veniva alimentata la guerilla per tentare di assassinare il nuovo dittatore.

In "Giù la testa" ci sono molti elementi simbolici che ne fanno un'opera un po' più ambiziosa, con allusioni più o meno velate alla politica; la frase di Mao a inizio film: "La Rivoluzione non è un pranzo di gala, non è una festa letteraria, non è un disegno o un ricamo, non si può fare con tanta eleganza, con tanta serenità e delicatezza, con tanta grazia e cortesia. La Rivoluzione è un atto di violenza." ne è un esempio.
La Rivoluzione, la sinistra al potere, fanno pensare a Leone di realizzare una storia atipica che nasconde un messaggio sotto le mentite spoglie di un film di genere popolare.

Di questo film si è detto tutto e il contrario di tutto: molti sostengono che non fu amato da Leone e che la scelta di Rod Steiger come protagonista fu imposta più che voluta. Comunque l'attore americano (tra l'altro splendidamente doppiato dal grande Carletto Romano) non sfigura affatto nel ruolo del peone e bandito da strapazzo messicano Juan Miranda sia come physique du rôle (aspetto tarchiato tipico del contadino) sia per il modo di fare: comportamento un po' rozzo ma capace di slanci che lo riscattano ampiamente fino alla conclusione del film.
Steiger si fa notare anche per il particolare modo di dire "ok" in varie scene del film e per un celebre gesto con le mani eseguito mentre osserva la banca di Mesa Verde.

Altro coprotagonista, che prende il posto dello "sguardo di ghiaccio" Clint Eastwood, lanciato proprio da Leone quasi dieci anni prima, è James Coburn nel ruolo del rivoluzionario irlandese John Mallory detto Sean. I duetti con Steiger, soprattutto a inizio film, sono memorabili: Coburn è il contraltare di Steiger, la sua coscienza, e di questo lo spettatore si rende conto sequenza dopo sequenza.
Se risulta facile intuire il pensiero del personaggio interpretato da Steiger fin dall'inizio, tutto teso ad impadronirsi del denaro del famoso Banco de Mesa Verde, il ruolo di Sean è più enigmatico: di lui si intravedono sequenze della vita passata grazie all'uso frequente del flashback accompagnato dalla bellissima colonna sonora di Ennio Morricone. E' stato membro dell'IRA, è stato tradito da un amico, tale Sean Nolan, rivoluzionario anch'egli e al quale Morricone dedica la sua bellissima colonna sonora, probabilmente una delle più significative tra quelle scritte per i film di Leone.

Il rapporto Miranda/Mallory è un rapporto di amicizia virile i cui esempi partono dalla letteratura classica (si pensi a Eurialo e Niso nell'Eneide). Inizialmente ostili, tra l'altro diversi per temperamento, cultura e anche aspetto, accomunati però da un senso di sfiducia verso il cambiamento che può rappresentare una Rivoluzione, i due entrano in simbiosi e contribuiscono a migliorarsi in maniera definitiva: il bandito Miranda si rialza dalla polvere per impadronirsi di un'idea, Mallory recupererà il senso dell'amicizia fedele che ormai gli era estraneo.

Personaggio secondario ma non per questo inferiore è quello del dottor Villega, interpretato dallo scomparso grande attore italiano Romolo Valli. La sua maschera malinconica buca lo schermo, il suo modo di fare da borghese piccolo piccolo lo accomuna a tanti.
Villega è un rivoluzionario che, piegato dalle torture (scena tra l'altro tagliata dalla pellicola distribuita per il mercato italiano), cede e tradisce. Si riscatta alla fine morendo da eroe, ma vuole simboleggiare quanto sia difficile "morire per delle idee", come diceva il poeta e chansonnier francese Georges Brassens.

La scena del rastrellamento dei rivoluzionari, alla quale assistono non visti Mallory e Miranda, ricorda i rastrellamenti di ebrei e popolazione inerme proprie della dittatura nazista, a dimostrazione di quanto tutte le dittature siano simili per modi e atteggiamenti anche a distanza di anni e di latitudini.
Tra i tanti dialoghi tra Miranda e Sean è degno di nota quello sulla rivoluzione che a detta di Miranda finisce sempre col danneggiare i più poveri, da tutti umiliati e offesi. Miranda saprà però ricredersi. La rivoluzione anche se da lui inizialmente solo subita lo cambierà comunque quando i suoi figli moriranno.

La differenza sociale tra ricchi e poveri è un altro elemento della storia: ai ricchi interessa solo mangiare e vestirsi bene (come spiega il regista nelle sue inquadrature, ed è da notare come anche il sacerdote è tra i ricchi passeggeri della diligenza che dopo aver sbeffeggiato Miranda sono rapinati da questi nella sequenza iniziale del film). I ricchi sono superbi e superficiali, i poveri invece si limitano alla carnalità, abbrutiti dalla quotidiana lotta per non soccombere.
Altro elemento simbolico la banca, oggetto del deisderio di Miranda: luogo fantastico tutto ricoperto d'oro che poi, a causa della rivoluzione, si trasforma in campo di concentramento proprio dei poveri abitanti del paese.

Il titolo del film ha subito molte variazioni nelle nazioni di distribuzione: in Italia avrebbe dovuto chiamarsi per esteso "Giù la testa, coglione!" ma la proposta venne censurata; in Francia invece assunse il titolo di "C'era una volta la Rivoluzione", in assonanza con la pellicola del 1968 e più in linea con la trilogia pensata dal regista, mentre nei paesi di lingua inglese venne distribuito con titolo "Per un pugno di dinamite" ("A fistful of dynamite") in assomanza con la nota pellicola "Per un pugno di dollari".

In conclusione, volendo usare una frase del poeta inglese John Milton, i vari elementi della pellicola fanno forse di "Giù la testa" un figlio minore ma non per questo meno amato, soprattutto a giudicare dal successo che lo vede anche a distanza di quarant'anni come uno dei migliori film del genere.

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Recensione a cura di peucezia - aggiornata al 04/02/2011 12.33.00

Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it

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