Recensione il fantasma del palcoscenico regia di Brian De Palma USA 1974
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Recensione il fantasma del palcoscenico (1974)

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locandina del film IL FANTASMA DEL PALCOSCENICO

Immagine tratta dal film IL FANTASMA DEL PALCOSCENICO

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Swan è una leggenda dell'industria discografica. Infallibile scopritore di talenti "é alla ricerca di un nuovo magico sound per inaugurare il suo santuario, la sua disneyland, il PARADISO, il massimo tempio del rock".
Questo sound entra subito in scena ad opera di Winslow Leach, che durante un'audizione esegue una ballata sulla storia del Faust. La musica è perfetta ma Winslow no così Swan, che nel microcosmo del film non è solo un industriale ma un dio onnipotente che governa qualunque luogo, persona o evento, lo deruba della musica e lo fa rinchiudere a Sing Sing.
Ma Winslow evade, folle di rabbia si precipita alla Death Records, la casa discografica di Swan. Nel tentativo di sfuggire ai suoi inseguitori si sfigura -scherzo del destino! - in una pressa per dischi. Da quel momento in poi sarà il fantasma, il mostro-uccello che minaccia il Paradiso, prossimo alla sua innaugurazione.
Wislow rivuole la musica, la sua creazione, l'unico patrimonio che può vantare un artista, ma decide poi di cederla a Swan (insieme alla sua anima) per poterla adattare a Phoenix, una giovane cantante della cui voce Winslow è innamorato, e dare così il via al Paradiso.

La critica al mondo del Rock è evidente: Swan è il padrone di un universo lascivo e corrotto, costituito da uomini senza scrupoli e donne che si vendono per cantare nel coro (quando ci riescono). Il pubblico una massa indistinta che và in estasi per qualunque prodotto-complesso venga lui propinato (non ha caso 3 differenti gruppi musicali sono interpretati dagli stessi attori). La droga scorre a fiumi, come la violenza e la finta allegria. Un inferno insomma, il cui santuario si chiama ironicamente Paradiso, all'interno del quale il kitsch impera creando un'atmosfera da bordello.

Phantom of the Paradise prende spunto dal romanzo di inizio '900 di Gaston Leroux "il fantasma dell'Opera" ma altre importanti opere letterarie danno il loro contributo: Il mito del Faust, presente sia come ispiratore della Musica che nel suo tratto più caratteristico, il patto col diavolo che, in cambio dell'anima, esaudisce qualunque desiderio. E ancora: il ritratto di Dorian Gray e infine La bella e la Bestia. Ma De Palma non ci racconta nessuna di queste storie; rilegge i simboli di superficie dandogli un contesto moderno così il patto col diavolo diventa un contratto stipulato tra il discografico e i suoi artisti e per Swan, novello Dorian Gray, il noto quadro diventa un video.

Il primo aggettivo che mi viene a mente pensando a questo film è 'selvaggio'. Selvaggia è la sua sceneggiatura che mescola commedia, melodramma, musica e letteratura ma soprattutto selvaggia e imperdibile è la regia.
Ci vuole proprio la mano di un grande virtuoso come De Palma per dare un senso superiore ad una storia che raccontata può sembrare sempliciotta, pervasa da un simbolismo e una forte morale di stampo cattolico. Soprattutto questa, presentissima in tutto il film, è trattata in maniera estremamente ironica, stemperata dall'essere palese e quindi divertente, rimanendo comunque intatta. Il film si riempie di colore e di caricature a partire da Philbin, il tirapiedi si Swan, a Beef, il cantante omosessuale, per finire a brevi apparizioni come quella del direttore del carcere, che estrae i denti ai detenuti perchè ricettacolo di infezioni o il rude "Easy Reader" che all'apparire del fantasma lancia urla isteriche. Ogni personaggio, anche nell'apparizione più breve, lascia il segno perchè le apparenti freschezza e spontaneità del complesso nascondono invece la cura del particolare tipica dei grandi talenti, quando la padronanza del mezzo permette una grande potenza espressiva.

De Palma infatti fa ciò che vuole e alla grande. Con la macchina da presa corre, rotea, zumma, arretra. Mette in scena un vortice continuo di invenzione visive che pilotano le nostre emozioni e dal divertimento passiamo all'immagine poetica di Winslow che riscrive instancabile la Musica, o a quella drammatica del fantasma, nella sua favolosa maschera, che giace inerme sotto la pioggia battente sul tetto del castello surrealista di Swan.
Il 'senso del cinema' di De Palma ha pochi eguali. E' travolgente, estetico, coraggioso, visionario. E' per film come questo che gli si perdonano prodotti più recenti che non danno certamente lustro al suo indiscutibile talento. Phantom of the Paradise vinse il Gran Premio al Festival di Avoriaz 1975 ma ebbe poco successo al botteghino. Ora è un cult, il posto che gli spetta.

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Recensione a cura di Kater - aggiornata al 30/03/2005

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