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"Non c'è deserto peggiore che una vita senza amici". E questa semplice verità François, ricco antiquario parigino, continuamente impegnato tra aste, trattative e nuovi affari, sembra ignorarla fino al momento in cui assiste al funerale di un suo cliente al quale sono presenti solo sette persone.
Un pensiero, quello dell'amicizia, lo spinge ad acquistare per 200mila euro un vaso greco con raffigurati Achille e Patroclo (epici amici dell'Iliade) del quale il battitore d'asta dice "fu commissionato da un uomo che, inconsolabile per la perdita del suo miglior amico, lo riempì di lacrime".
Sempre questo pensiero, la sera stessa, lo porta a scommettere proprio quel vaso appena acquistato con la propria socia, che gli fa notare la sua vita piena di impegni ma deserta di amici. Colpito da questa osservazione François scommette che le presenterà il suo miglior amico entro 10 giorni e da lì comincia la sua affannosa, divertente e anche un po' malinconica ricerca.
Cosa è un amico? Quali sono le caratteristiche che lo contraddistinguono? Chi si può chiamare amico e chi no? François non lo sa, e ad aiutarlo troverà Bruno, un taxista dall'animo fanciullesco, che lo guiderà a scoprire il significato di una parola che, scoprirà François, fino ad allora gli era rimasta estranea.
Con una storia semplice e lineare, giocata completamente sui dialoghi e la recitazione, Leconte ci porta a scavare nel significato della parola amicizia. Infatti François in materia è completamente ignorante.
Esemplare la lista che stila all'inizio del film, dove cerca di fare una graduatoria non cogliendo quale sia la sostanza dell'amicizia, confondendo il dividere interessi lavorativi con il "condividere" delle cose. Insieme a lui noi affrontiamo lo stesso percorso, e percepiamo la difficoltà di Bruno che gli deve spiegare perché non basta sorridere o offrire un caffè per poter definire qualcuno nostro amico, che non basta chiacchierarci, che non basta essere andati a scuola insieme.
Per quanto le carenze di François siano decisamente avvilenti, perché gli è completamente estraneo il mondo affettivo in generale, il film non diviene mai tragico e questo grazie anche alla bravura dei due protagonisti che, pur riuscendo assolutamente credibili, non tendono mai a caricare emotivamente le situazioni.
L'obiettivo di Leconte è parlarci con leggerezza e intelligenza di uno dei sentimenti più importanti che governano la nostra vita affettiva, le sue mille accezioni e sfumature. Non è una storia che vuole sorprendere o solo divertire, anche se le trovate in questo senso non mancano di certo, ma parlarci di qualche cosa che appartiene alla vita di tutti noi. Per fare questo mette a confronto due personalità estreme: François con la sua profonde lacune interiori e Bruno, con ancora il cuore di un bambino e un'idea di amicizia conseguente, e parte proprio dall'ABC della parola amico.
Chiaramente François capirà cos'è l'amicizia non tanto attraverso le spiegazioni ma solo quando "vivrà" l'amicizia attraverso la condivisione di una partita o di una cena insieme, quando finalmente sarà in grado di vedere i danni che la sua freddezza procura e soprattutto sarà in grado di capirli e di voler porre rimedio.
E scoprirà che l'amicizia può essere anche dolore, perché al mondo c'è ancora qualche cosa che non si può comprare ne smerciare, ma che bisogna guadagnarsi con il tempo e l'impegno.
Una storia narrata con garbo, prevedibile ma mai banale, che mescola abilmente commozione e divertimento, e magari porta a domandarci noi stessi se abbiamo qualcuno a cui poter telefonare alle tre di notte, qualcuno che, per dirla con le parole del Piccolo Principe, abbiamo "addomesticato" e che ci ha "addomesticato".
Oppure, come insinua lo stesso Leconte, non ci poniamo nessuna domanda e soprattutto non abbiamo bisogno di dare nessuna risposta, perché l'amicizia stessa non ha bisogno di essere provata. Se c'è lo sai, e tanto basta.
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Recensione a cura di Kater - aggiornata al 21/12/2006
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