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Pietoso e irritante 'documentario' che racconta la missiione di Zia Zana, giovane fotografa americana attirata dalla misteriosa morbosità dell'indocumentabile quartiere xxx di Calcutta. Viste le difficoltà e i rischi per la propria salute, decide di assoldare i bambini cui regala tante belle macchine fotografiche in plastica usa e non getta mentre lei li osserva da una Leica nero metallo. Ma le foto sceme dei bimbi contenti sono mille volte meglio del suo sguardo upperclass e così l'escamotage si trasforma in caccia al premio Pulitzer e all'elezione del miglior foto-bambino dell'India, da spedire ad Amsterdam come cimelio. Il bordello, le famiglie, le nonne, i bambini stessi assistono impauriti e gentili al bombardamento di tutta questa bontà e la lasciano fare; la seguiamo mentre è in coda alla posta, in questura, mentre urla al cellulare le analisi mediche o discute per il rilascio di un passaporto valido per l'espatrio. Affascinante, no? Per fortuna ogni tanto qualcosa nel bordello succede: "un incidente in cucina", ad esempio, e una donna muore bruciata viva molto probabilmente a opera del marito, visto l'ambiente. "Oh my God, oh my God..." Ma la polizia sta indagando? chiede Zia Zana. No, risponde un'indiana con due occhi così neri che viene voglia di abbracciarla. No, non indaghiamo, non cerchiamo i colpevoli, non ne vogliamo sapere né di premi né di condanne né di collegi . Zia Zane torna dai telefilm che ti hanno generata e rimani là dentro, if you please.