cutterhead (2018)

Seguiamo la coordinatrice delle pubbliche relazioni Rie ( Christine Sønderris ) mentre visita un cantiere gigantesco, quello dedicato alla costruzione della metropolitana di Copenaghen, e i suoi lavoratori. Sta scrivendo un rapporto sullo sviluppo della nuova metropolitana e su come i lavoratori internazionali collaborino nonostante le barriere linguistiche.

Le cose vanno male e Rie, insieme al lavoratore croato Ivo ( Kresimir Mikic ) e al giovane eritreo Bharan ( Samson Semere ), devono correre contro il tempo per sfuggire dal cantiere dove restano intrappolati prima che l'aria si esaurisca.

Si tratta di un buon film danese, con una protagonista che riesce bene a reggere un ruolo molto fisico. Niente di particolarmente memorabile nè originale, ma vale una visione.

Claustrofobico, anonimo filmetto catastrofico che però nulla dice e nulla emoziona. Angoscia a parte non succede davvero nulla di emozionante.

Gli spazi angusti di un immenso cantiere non sembrano particolarmente minacciosi all'inizio, perchè tutto sommato la presenza dela giornalista deve essere letto come una celebrazione di un evento molto importante dedicato ad un'opera pubblica altretanto importante. Nell'imminenza dell'incidente tutto cambia. La scelta di non far trasparire tranne che in minimi dettagli le proporzioni di tali incidente (quasi sicuramente catastrofiche) è indovinata perchè i tre personaggi sono dentro il luogo sicuro della camera iperbarica ma allo stesso tempo senza la minima informazione di ciò che è successo e che sta succedento aldifuori di quello spazio ristretto. Ecco quindi che la claustrofobia diventa un eleemnto dove comincia gradualmente ed in maniera piuttosto realistica e mai repentina, un viaggio orientato unicamente dall'istinto di sopravvivenza dove l'unità del gruppo si disgrega a vantaggio della propria salvezza. Tale incedere è l'elemento migliore di questo film che pur non presentando situazioni particolarmente nuove, con una buona regia e la progressiva regressionedei personaggi lo rende un lavoro di tutto rispetto.

Regista esordiente racconta una storia di sopravvivenza che non ha nulla di originale nè grandi momenti tensivi di massima emozione. E tutto scivola via nell'anonimato, tanto quanto le interpretazioni di un manipolo di attori che non ha dei meriti così evidenti da premiare.
Discreta e funzionale la location ma la storia non appassiona in maniera significativa.