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M. Night è un grande "affabulatore", e tale si è confermato anche in questo caso. Dietro la parvenza da blockbuster di "E venne il giorno" si cela una materia tutt'altro che banale, scontata e risibile. Il regista indiano pone lo spettatore di fronte al mistero della vita, al senso di precarietà che la pervade, alle incontrollabili e poderose forze della Natura al cospetto delle quali l'uomo si sente un miserabile e un impotente. Nel quadro disegnato dal regista, i disastri causati dalla follia umana, come il terrorismo e il deleterio progresso della "civiltà" (di cui è testimonianza il proliferare di centrali nucleari), sono infinitamente più piccoli delle catastrofi naturali. E proprio la possibilità che queste ultime possano verificarsi inopinatamente e in qualsiasi momento mette in luce la stupidità degli uomini, intenti a occupare stolidamente la loro esistenza con inutili e assurdi conflitti (siano essi di portata universale o particolare), quando invece l'unica cosa che a loro deve premere è l'amore. La incommensurabile e imponderabile potenza della Natura, che nella sua "fissità" è capace di determinare indicibili sciagure (a questo proposito è molto significativo il contrasto tra lo sciamare frenetico e disperato delle persone terrorizzate e la "tranquillità" delle piante e degli alberi, che senza bisogno di muoversi possono causare distruzione e morte), assurge quindi a grande monito contro l'irresponsabilità dell'uomo, che si traduce in un vivere votato all'abuso e alla prevaricazione. Il paragone con la "Guerra dei mondi" sorge spontaneo: ma mentre quest'ultimo si presenta ruffiano e spocchioso, "E venne il giorno", al di là delle apparenze, è un film onesto e profondo: la lezione morale che si trae da quest'ultimo è semplice e diretta, ed è trasmessa allo spettatore senza alcun proposito di blandirlo. M. Night Shyamalan si conferma un regista di talento, il cui unico limite (forse) è quello di non osare di più.