il sangue della bestia (1949)

Crudo documentario su un mattatoio parigino. La vita fuori scorre normalmente ma all'interno c'è una carneficina che viene fatta senza cuore e senza pensare alla sofferenza degli animali.
Più si va avanti nella visione, più si soffre, sia noi sensibili a questo topic sia gli animali.
Perché le bestie siamo noi.

E' un realismo estremo che non lascia alcuna via di scampo. Franju descrive con accuratezza ma senza il minimo compiacimento o sottolineature di sorta un meccanismo simile ad una selezione naturale, solo che al comando e allo stesso tempo schiavo a sua volta di tale meccanismo è l'uomo stesso che in un certo senso si sostituisce alla natura.
Una filiera precisa nei suoi movimenti e nei suoi ingranaggi, meticolasa quanto disumanizzante, in quanto proprio la freddezza degli operai addetti al mattatoio è uno degli aspetti che più risaltano: insensibilità e indurimento di fronte ad un orrore quotidiano, ma in fondo necessario al quieto vivere dell'altro quotidiano, al di fuori del mattatoio. Un bianco e nero in cui viene livellato il rosso del sangue e delle viscere, ma che te lo fa percepire comunque in pieno.

Realismo e crudezza in questo corto che forse è il primo di questo genere nella storia del Cinema.
Non ci sono copioni, è una giornata normalissima nel macello dove centinaia di animali vengono sgozzati. La cinepresa documenta e basta, mentre la voce narrante presenta gli addetti al lavoro, un paio di volte onorandoli come "il miglior macellatore del Paese" o simil.
Non c'è neanche un tono di rimprovero, voglio dire non vengono riprese persone che si cibano di carne o lunghe inquadrature sugli animali ancora vivi, ma quello che appare è tanta disumanità… e qualche inquadrature sui luoghi e palazzi per spezzare un po' questa tristezza.
Film che fece una forte impressione a David Lynch (il cavallo bianco che vede Sarah Palmer è un'ispirazione proprio da qui).