in my mother's skin (2023)

Metafisica favola dark proveniente dalle Filippine. Kenneth Danagan pur non inventandosi nulla di nuovo (le influenze sono palesi, da "Il Labirinto del Fauno" di Del Toro alle fiabe dei fratelli Grimm come "Hansel e Gretel") crea un'atmosfera sinistra e sovrannaturale che ci regala sequenze inquietanti e, in alcuni casi, molto belle esteticamente (come tutte quella in cui compare la fata maligna).
Tra la tanta spazzatura che si vede nel cinema horror spunta, dal sud-est asiatico, questa piccola e semisconosciuta perla.

In my mother skin non c'è una guerra civile in corso, ma in lontananza l'eco della battaglia fra le truppe giapponesi e quelle alleate nelle Filippine. in tale contesto che non viene mai esplicitato si narra la vicenda di una famiglia che vive in una magione fuori il villaggio, circondata dalla foresta. In questo lungometraggio filippino l'influenza di Del Toro è piuttosto evidente ed il plot si adegua su canoni della fiaba nera mescolata con il folklore locale che, al contrario del cineasta messicano, mostra questa Fata della Foresta con evidenti reminiescenze dell'iconografia cattolica. Una Vergine Maria in versione distorta e malvagia che inganna la giovane protagonista e distrugge dall'interno il tessuto familiare, privo del padre partito a cercare aiuto tra le truppe alleate, lasciando soli i figli e la moglie che ammalerà di tisi. La mancanza di cibo, la malattia della madre fanno della giovane Tala una preda facile. Se la foresta ed il contesto sono inqiuetanti e minacciosi la Fata presenta colori sgargianti, quasi rassicuranti all'apparenza. Un film costruito su una buona atmosfera d'insieme, brava la giovane protagonista e decisamente indovinato il look di questa fata malvagia.