oslo, 31.august (2011)

Il racconto di una tossicodipendenza (forse) alle spalle e il racconto di un uomo che con questo deve necessariamente fare i conti. Con il sentirsi vuoto, con un futuro che sembra non esistere e amori passati che hanno lasciato il segno. In questo racconto umano, intimo e intimista e dove predominano toni tipicamente nordici (caratteristica che troveremo anche nei film successivi di Trier), lo sguardo che sembra emergere dal regista è quello descrittivo/pessimista, esemplificato in modo egregio da quel finale che ricompone ciclicamente il film (e splendido il lento movimento di macchina in avvicinamento nella sequenza finale). Forse c'è un tono troppo dimesso (altro trademark di Trier) e il film avrebbe necessitato di maggiori aperture ad altri personaggi, ma per quanto mi riguarda questo film mette in risalto il talento di un regista che ultimamente ha conosciuto la fama che merita.

Piccolo film norvegese , molto drammatico e triste a me ha ricordato la 25 ora di Spike Lee per la cronologia degli eventi e la ricerca di redenzione nonostante un destino già scritto .
Bravo lo sconosciuto protagonista . Piccolo gioiello del cinema nordico .

Sadness will tear us apart, praticamente.

Sempre nel mezzo tra speranza e malinconia, tra sorriso e incupimento, a sbalzi continui, frammentati, lenti e repentini allo stesso tempo. Due vie possibili, tornare a vivere, oppure no. Bel film, piuttosto malinconico e realista, in pieno stile scandinavo.

Una realtà molto triste

SPOILER

Un recupero non profondamente convinto, tentativo effimero di riassaporare il profumo e riassumere le sembianze della vita. Un giorno nel viale delle rimembranze, tra ricordi di massi non pesanti quanto la solitudine ed affetti slegati come i fili del tombolo. Una discesa radicata, attaccata come la pelle, deturpa e vergogna la via d'uscita, il ritorno al nido, una telefonata rimediata...meccanica. Vissuto parallelo, anch'esso scontento, mascherato di un quotidiano d'ordinanza. Fuga con la dinamite in tasca...odore di unione, gioco ed ancora fuga, memore di aver deciso di rompere i ganci. Ritorno all'infanzia, talento scartato...Il gesto al non coraggio o semplicemente al rifiuto della ruota che gira sempre uguale, nell'incapacità dell'impossibilità a dipingere sfumature. Timido sguardo alla miccia che, lentamente, si mescola al sangue.

Ispirato a Fuoco fatuo, Oslo, 31 Agosto offre un ritratto generazionale di trentenni cui il disagio è il comune denominatore a partire dal protagonista, ex tossicodipendente alla fine del programma di recupero. L'approccio minimalista della storia è particolarmente efficace perchè il singolo individuo ed i suoi più o meno fortuiti incontri si avverte tangibilmente il respiro di una generazione in uno stato limbico, fatto di compromessi, vivere nell'illusione di un'eterna giovinezza, ma soprattutto nell'impossibilità di poter riannodare fili spezzati. La sensazione di essere in mezzo al guado e di essere travolti da una piena sono forti, inoltre attraverso la forte empatia che si crea con il protagonista é altrettanto forte l'impressione di percorrere una strada senza ritorno, un vicolo cieco che ha un'unica, inesorabile conclusione.