sanctuary - lui fa il gioco. lei fa le regole (2022)

Giochetto di sceneggiatura che imbriglia i personaggi (forse sarebbe meglio dire uno di essi) in un mindgame che a sua volta gioca con lo spettatore: ma le pseudo provocazioni sono tutte lasciate al fuori campo, innocue, piccoli espedienti di un plot che si spegne lentamente su se stesso, privo di qualsivoglia tensione cinematografica e di racconto.

Apprezzo il soggetto, l'idea, e soprattutto l'averlo girato tutto in una stanza. Ma la noia arriva presto, come il mal di testa, per questo film che poco coinvolge e pochissimo appassiona.

Non è facile girare un intero film in una stanza d'albergo, e Zachary Wigon tutto sommato fa un lavoro dignitoso, in questo thriller tutto giocato sul ribaltamento di ruoli e di realtà e simulazione.

Sanctuary non è un film che possa dirsi nuovo rispetto alle dinamiche dei personaggi. Inutile elencare esempi illustri, tuttavia il gioco dei due personaggi riesce a coinvolgere in maniera convincente. Due individui che nello spazio angusto di una stanza d'albergo riescono gradualmente definire le proprie vere identità e trovare quella simmetria che all'inizio, complice il notevole divario sociale tra i due, non credevi che potessero raggiungere. Un gioco che rilancia sempre in alto la posta con quel pizzico di ronia che non guasta. Molto bravi sia la Qualley che Abbot. Quest'ultimo non nuovo a questo ruolo visto che una situazione simile l'aveva già affrontata in Piercing di Nicholas Pesce.