the caine mutiny court martial (2023) 

Impazzisco per questo genere di film dove la parola la fa da padrona rispetto all'azione e l'unità di tempo e spazio sono al centro del discorso filmico. Friedkin - al suo ultimo film al pari dell'attore Lance Reddick che tra parentesi è il miglior in campo - non è nuovo a questo genere di operazioni e non ha perso la sua passione nell'indagare il labile confine che divide il bene dal male. Ma se la celebre corte marziale riguardante l'ammutinamento del Caine riesce ad appassionare in vari passaggi - pur essendo riveduta e corretta negli aggiornamenti storici per venire incontro ai desideri di un pubblico più moderno - l'evidente economia di mezzi, la confezione dal taglio televisivo ed alcuni personaggi poco delineati mi hanno fatto vivere questo lavoro come una mezza delusione, anche perchè avevo negli occhi ancora chiara la bella versione del '54 di Edward Dmytryk, con Bogart straordinario.

"All of the films I have made, that I have chosen to make, are all about the thin line between good and evil. And also the thin line that exists in each and every one of us. That's what my films are about". E questo è anche il motivo del fallimento della New Hollywood: dare per scontato che tale linea sottile esista o sia stata già scoperta/individuata. Il cosmo, inabissato nell'apofatismo, sta ancora attendendo uno straccio di risposta. Record di blooper.

Direi un esercizio magistralmente pulito per il genere che rappresenta (cinema d'inchiesta/giudiziario/piece teatrale), saper adoperare la telecamera e la sceneggiatura per più di novanta minuti tenendo alta l'attenzione non è cosa da molti, infatti Friedkin è un maestro per questo. Un leggero brivido mi è salito quando sono apparsi i titoli di coda, perché ho preso coscienza che non potrò più vedere nuovi film di Friedkin (di conseguenza anche di Lance), questo è un dispiacere ma il cinema rende eterni quando vi è il talento. Un film televisivo certo, ma anche una lezione di messa in scena e adattamento contemporaneo di un'opera teatrale, almeno vecchia di settant'anni che sottolineo non è una cosa da poco. Cast superlativo: Sutherland, Clarke, Jake Lacy, Monica Raymund, il già compianto Lance Derrick e Lewis Pullman, si sono tutti messi l'uniforme marziale e il fare giudiziario com tanto di maschera, davvero ineccepibili. Friedkin nelle sue rappresentazioni del male, porta l'ultima concezione del suo mostrarcelo (quasi in modo accademico) con la telecamera, in questo caso la "difesa del male per fare del bene". Un piu che mai interessante spunto finale è questo film, in una carriera che non è mai venuta nel saper intrattenere con la settima arte.

L'apparente limitazione dell'impianto teatrale di questo film non impedisce a Friedkin di costruire un film dalla tensione palpabile, lasciando alla bravura del cast il disvelarsi dell'ammutinamento del Caine già portato su piccolo e grande schermo. Un cast solidissimo che nei rispettivi ruoli porta avanti accusa e difesa con lo stesso livello di retorica, ma senza delimitare i confini tra giusto o sbagliato che sono sempre stati una prerogativa del cinema di Friedkin. Nei suoi film non è mai presente una verità univoca perchè un singolo fatto può essere oggetto di diverse interpretazioni a seconda della prospettiva. Anche nei suoi personaggi, pur avendo inapparenza un solido codice morale, accade che tale codice possa essere violato a seconda dell'obiettivo da raggiungere. Quest'ultimo film, come si noterà nella cosa finale, non fa eccezione. E purtroppo è l'ultimo film di uno dei più grndi registi americani del dopoguerra. Un addio di classe.