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Nel liceo della piccola città di Lorient, Francia occidentale, la giovanissima Camille (Louise Grinberg, "La classe"), rimane incinta ed è fermamente decisa a portare avanti la gravidanza. Le sue amiche di sempre la guardano con aria incredula ma sono decise a restarle accanto e sostenerla. Non solo. La ragazza inizia a insinuare un pensiero pericoloso in tutte loro: diventare ragazze madri potrebbe essere una svolta importante nelle loro esistenze. E così, quello che era solo un gioco provocatorio, diventa, dal loro punto di vista, un atto d'amore e di ribellione.
Non soltanto Julia, Florence (Roxane Duran, "Il nastro bianco"), Flavie, Clémentine e Mathilde prendono la decisione di emulare la loro amica, ma anche il resto della classe. Diciassette ragazze, tutte insieme e nell'arco di poche settimane, restano così incinte. I genitori accusano i professori, i professori accusano i genitori, il telegiornale annuncia la notizia in prima serata, l'infermiera della scuola tenta di fermare Camille nella sua intenzione di convincere anche le altre liceali. Ma la giovane vede nel suo gesto una scelta di libertà contro i pregiudizi. Poi una sera, durante una festa un po' troppo euforica, proprio lei perderà il bambino per distacco della placenta. E scomparirà per sempre da Lorient e dalle sue amiche.
Pensando al cinema francese solitamente l'associazione mentale porta a film impegnati, seri, con storie di un certo calibro. Si pensa a Truffaut, Kassovitz, Besson... Ciò che invece contraddistingue questo "17 ragazze" di Delphine e Muriel Coulin sono gli aggettivi "banale" e "retorico".
Premesso che non sempre se una storia è vera, allora deve essere anche interessante, premesso che, se esistono gli sceneggiatori per rendere "cinematografici" certi dialoghi, un motivo ci sarà; premesso che per raccontare la stupidità umana ci sono mille modi diversi, risulta davvero difficile decidere se sia più sconvolgente l'inconsistenza della pellicola o il fatto che sia tratta da una storia vera.
Tolta la bella protagonista, il resto del cast ha l'espressività tipica dei telefilm francesi della peggior specie. Che poi, leggendo il titolo, ci si aspetta almeno di godere della vista di 17 liceali e le premesse sono ottime, visto che la prima scena le vede tutte in lingerie! E dato anche l'argomento trattato, almeno qualcosa di piccante si sarebbe potuto inventare, invece l'unico motivo di censura è dato dalla fumata collettiva di uno spinello!
Atroci, imbarazzanti, chi più ne ha più ne metta, sono i dialoghi. In un lungo piano sequenza, che vede coinvolti i professori nel discutere le scelte delle ragazze, la domanda che si pone l'insegnante di ginnastica è se continueranno con il salto in alto. A fargli da contraltare, la telecamera si sposta poi su Camille e le sue amiche, che invece, da tipiche adolescenti, vedono la loro maternità come un mezzo di liberazione da certi obblighi, come il tornare ad orari prestabiliti o il lavare i piatti dopo mangiato. Questa guerra di cervelli si conclude nella scuola, dove le battute dei ragazzi non sono da meno e non rischiano certo di elevare il tono delle conversazioni. Alcuni si offrono infatti volontari per "contribuire" al numero delle ragazze madri della scuola.
Terminata la tortura dei dialoghi più inconcludenti e superficiali della storia del cinema, ecco l'idea geniale del preside del liceo con più pannolini al mondo: far assistere la classe al filmato di un parto. E qui l'hommage più idiota mai visto prima: dopo "l'occhio della madre" del buon Eisenstein, ecco "l'occhio del bambino" delle sorelle Coulin. Peccato non avere un ragionier Fantozzi che si alza in piedi ripetendo lo stesso giudizio dato per "La corazzata Potemkin" ...
Finito? Assolutamente no. Manca la scena in farmacia, quando tutte insieme le future mamme vanno a comprare il test per la gravidanza. In soli 5 minuti si riescono a riassumere le domande in stile "Cioè" degli anni '80, roba tipo: "ma se il mio ragazzo mi bacia su una guancia posso rimanere incinta?". Sembra impossibile, eppure una di loro chiede: "Ma il test è riutilizzabile per le altre?".
Per fortuna che i titoli di coda arrivano dopo soli 90 minuti da quelli di testa. In un film in cui l'unica scena degna di questo nome è quella in cui si vedono le foto di una scimmia di peluche che impugna un fucile (sono le cartoline spedite dall'Afghanistan dal fratello di Camille), la domanda che lo spettatore medio italiano si pone è: ma se fosse successo nel nostro Paese, e magari proprio a Roma, come avrebbe reagito il papa? Forse il buon Ratzinger, dopo aver spiegato che non andava preso alla lettera l'insegnamento del "ogni botta è una tacca", avrebbe come minimo reintrodotto la cucitura di una lettera "A" rossa sul petto delle peccatrici.
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Recensione a cura di marcoscafu - aggiornata al 22/03/2012 16.21.00
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