Voto Visitatori: | 7,24 / 10 (27 voti) | Grafico | |
Voto Recensore: | 9,00 / 10 | ||
20 aprile 1912. Per capire l'importanza che "Nosferatu" ricopre nella storia, non solo del cinema, è necessario partire da questa data. Il "Titanic" era affondato da meno di una settimana, i suoi sopravvissuti erano sbarcati a New York a bordo del "Carpathia" da un paio di giorni, Adolf Hitler compiva 23 anni e Bram Stoker moriva nell'indifferenza del grande pubblico. Nessuno dei suoi 13 romanzi aveva ottenuto particolare successo e, dopo la sua morte, la moglie Florence visse in condizioni di precarietà. A raccontarla oggi è una di quelle cose che ha dell'incredibile, un po' come sapere che Gutenberg, l'inventore della stampa, morì povero e dimenticato, ma tant'è.
Ad ogni modo, lasciamo per un po' la signora Florence alle sue tristi vicissitudini e facciamo un passo in avanti di poco meno di dieci anni. Nel 1921, Albin Grau, architetto, artista ed esoterista tedesco, fonda la Prana-Film, una casa di produzione indipendente. Come primo titolo, mette gli occhi su un modesto successo letterario edito nel 1897: "Dracula". Non dispone dei diritti d'autore e compie quello che oggi verrebbe considerato a tutti gli effetti un plagio: incarica Henrik Gaalen, regista e attore di spicco dell'epoca, di scrivere una sceneggiatura dove venissero cambiati i nomi dei personaggi, dove la vicenda venisse trasferita a Wisborg e nei Carpazi e con un finale diverso. La storia è nota: il giovane Thomas Hutter, sposato con la bella Ellen, parte alla volta dei Carpazi per vendere un immobile al Conte Orlock. Durante il suo viaggio, la moglie alloggerà dagli amici di famiglia Friedrich ed Anna Harding, dove si manifesteranno strani fatti; all'arrivo del conte Orlock a Wisborg, le stranezze aumenteranno e si rivelerà necessario l'intervento del dottor von Franz. Il progetto va in porto sotto il titolo "Nosferatu, eine Symponie des Grauns". Grau, oltreché produttore, fu anche scenografo, mentre Friedrich Wilhelm Murnau, il più importante regista tedesco della sua generazione insieme a Fritz Lang, Robert Wiene e Leni Riefenstahl, si occupò della regia. Nel 1922 il film venne distribuito e ne uscì qualcosa che allora capitava con una frequenza molto maggiore rispetto ad oggi: un capolavoro assoluto che cambiò per sempre le regole di ingaggio.
È a questo punto della storia che torna prepotentemente in scena Florence, la vedova di Bram Stoker. La signora, alla luce del plagio, citò in causa la Prana-Film e vinse ovviamente a mani basse. La cosa assurda, però, non è tanto il fatto in sé, quanto piuttosto ciò che capitò successivamente. All'epoca, la regolamentazione del diritto d'autore era agli albori, e invece di pesanti multe e cospicui assegni sugli incassi passati, presenti e futuri, Florence ottenne qualcosa di altrettanto incredibile: la distruzione di tutte le copie del film. La leggenda si mescola alla realtà, in una serie di aneddoti talvolta mitologici, talvolta comici, ma sempre affascinanti. È questo il caso di come la pellicola si sia salvata: secondo alcune fonti, fu lo stesso Murnau a mettere in salvo i negativi portandoli di nascosto negli Stati Uniti; secondo altre fonti, qualche copia si riuscì a salvare fortunosamente (e filologicamente parlando, questa è l'ipotesi più verosimile). In ogni caso, al di là della pur interessante indagine storica, una cosa è certa: non era assolutamente scontato che il lavoro di Murnau si salvasse e giungesse a noi. Altri capolavori non hanno avuto la medesima fortuna: valga per tutti l'incredibile caso di quel capolavoro maledetto diretto da Tod Browning e che corrisponde al titolo di "Freaks" che, per ragioni diverse, ma con dinamiche identiche, fu analogamente violentato ed arso. Il what-if che scaturisce da una distruzione di tutte le copie di "Nosferatu" è interessante: forse la storia del cinema avrebbe preso un corso diverso o forse no, ma quel che è certo è che questa vicenda contribuì a cambiare sia il modo di fare cinema che la regolamentazione del diritto d'autore, rendendo a tutti gli effetti "Nosferatu il vampiro", uno di quei 20 o 25 titoli da prima/dopo.
Ne era ben conscio Werner Herzog quando, nel 1979, scrisse, produsse e diresse un primo remake, definendo l'opera di Murnau come il più importante film tedesco di sempre. Il rifacimento, pur con alcuni limiti, è un altro capolavoro e fornisce a tutti gli effetti una reinterpretazione tanto fedele ai dettami del cinema espressionista tedesco, quanto diversa da un punto di vista contenutistico e formale. Ne "Il principe della notte" tornano i nomi del romanzo di Stoker e la figura del vampiro è radicalmente diversa rispetto alla figura demoniaca del capolavoro di Murnau; il genere stesso è maggiormente ascrivibile ad un dramma fantastico a tinte orrorifiche, piuttosto che ad un film dell'orrore puro. Inoltre, anche se con esiti molto più modesti (seppur non trascurabili), anche Elias Merhige era conscio del ruolo di "Nosferatu" nella storia e, nel 2000, diresse "L'ombra del vampiro", un biopic horror che racconta e reinventa il behind the scene del film di Murnau. Arriviamo quindi ad oggi: se c'è una persona al mondo che è totalmente conscia della storicità del lavoro di Murnau, quella persona è Robert Eggers, il quale, dopo oltre un secolo dalla sua uscita, dirige il secondo remake del film del 1922.
Giunto alla sua quarta regia, il cineasta classe 1984 (sicuramente il più completo e creativo della sua generazione) raggiunge la piena maturità artistica che spetta ai grandi, dirigendo quello che ad oggi è il suo capolavoro. Dopo il clamoroso esordio nel 2015 con "The Witch", un potente racconto gotico su soggetto originale, e l'altrettanto ottimo "The Lighthouse", un film a tutti gli effetti espressionista basato su un racconto di Edgar Allan Poe diretto nel 2019, è del 2022 il suo primo vero tentativo di approcciarsi al grande pubblico. Il film è "The Northman", una rilettura a tinte fortemente epiche di "Amleto". Il film, sebbene ben diretto e applaudito dalla critica, è comunque un passo indietro rispetto agli esordi, oltreché un flop al botteghino, non riuscendo a coprire le ingenti spese di produzione. Conoscere, seppur sommariamente, il cammino artistico di Eggers è fondamentale per comprendere che "Nosferatu" è la summa della sua arte: il racconto gotico di "The Witch", la concezione espressionista di "The Lighthouse", la ricerca del successo di "The Northman".
Tecnicamente è indubbiamente il suo lavoro più riuscito e le specifiche tecniche del film dicono molto sull'esaltazione, quasi nevrotica, del DOP Jarin Blaschke (storico collaboratore del regista) e dello stesso cineasta: il film è girato analogicamente in pellicola 35 mm con un'Arricam su cui sono state montate lenti d'epoca. La motivazione è ovvia: avvicinarsi il più possibile a quei canoni espressionisti tipici del cinema tedesco degli anni '20. Ciò che impressiona, però, è la consapevolezza tecnica nel maneggiarli: non c'è una sola scena che sia girata meno che perfettamente. Non bisogna neppure essere del mestiere per capirlo e, da questo punto di vista, ha poco senso dilungarsi in ulteriori analisi. Però quando la perfezione tecnico-stilistica si sposa con la ricchezza contenutistica, è comunque doveroso sottolinearlo. Inoltre, a rendere il "Nosferatu" di Eggers un film visivamente struggente, sono anche costumi e trucco, oltreché le scenografie, sobriamente monumentali, come da tradizione espressionista tedesca. Perfetto è anche il montaggio, di carattere tipicamente classico, affidato ad un'altra storica collaboratrice dell'autore, Louise Ford. Per i meno abituati ad un certo tipo di cinema, potrà risultare forse statico: tuttavia, un editing simile non solo è funzionale al prodotto, ma necessario per la sua integrità artistica. Tutti ottimi gli interpreti, in una messinscena votata alla massima coralità delle singole voci, ma Lily Rose Depp offre un'interpretazione sensazionale, mentre Willem Dafoe si conferma come uno più grandi attori della sua generazione.
Per l'ultima parte della recensione, in quanto ampie sezioni del film verranno rivelate per analizzare alcuni aspetti narrativi, si sconsiglia di proseguire nella lettura nell'ipotesi che non si conosca il soggetto originale. Come già accennato, oltreché per la raffinatezza del lavoro tecnico, "Nosferatu" impressiona per la sua ricchezza contenutistica. Da un lato, gli elementi volti a creare il terrore negli occhi dello spettatore sono semplicissimi, quasi banali: innanzitutto il buio, poi il sangue e infine il dolore fisico. Sia d'esempio la sezione ambientata nel castello di Orlok che si svolge nell'oscurità pressoché assoluta, con la presenza del conte percepibile quasi esclusivamente attraverso elementi sonori piuttosto che visivi. La capacità di Blaschke ed Eggers nel gestire l'assenza della luce per creare un'atmosfera da incubo è semplicemente magistrale e va di pari passo con la caratterizzazione dei personaggi elaborata in sceneggiatura. Da un lato, abbiamo il conte Orlok, la negazione della luce, un autentico Dio malvagio e distruttore. Analogamente al capolavoro di Murnau, egli è il Male nella sua forma più pura e non appartiene a questo mondo. Come da tradizione classica egli è coadiuvato da un demiurgo, Knock, il motore da cui parte l'intera vicenda. Dall'altro lato abbiamo Ellen, personaggio straordinariamente complesso e ricco di simbolismi. Scrive Jung: «La luce [della donna] è il più tenue lucore lunare, che tende piuttosto a collegare che non a discriminare […] Ho tentato in altra sede di caratterizzare la coscienza maschile con il concetto di Logos e quella femminile con quello di Eros. Ho intenso con Logos la facoltà di discriminare, giudicare e riconoscere, e con Eros la capacità di "porre in relazione"». Una descrizione davvero perfetta per Ellen. Inoltre, alle parole "discriminare", "giudicare" e "riconoscere", possiamo associare le altre tre figure maschili del film, ad ognuna delle quali sono affidate caratteristiche distintive dell'animo maschile: Harding, Hutter e Von Franz. Quest'ultimo personaggio, in particolare, è pregno di riferimenti a quel mondo magico di cui sempre Jung a lungo si occupò; junghiani, inoltre, sono anche i fiumi di sangue e tutta quella dimensione onirica su cui il film si dipana. Di tutt'altra natura, ma altrettanto evidente sono i riferimenti cristologici continuamente evocati nel film, sia scenograficamente che contenutisticamente. Valga su tutti, ancora una volta, la figura redentrice di Ellen: al fine di salvare non solo gli uomini, ma il mondo intero, ella sacrifica sé stessa. Lo fa di sua spontanea volontà, immolandosi di notte (la terza, di nuovo un riferimento cristologico) in un vortice temporale che ha davvero ben poco di terreno. Ugualmente presenti sono anche tematiche freudiane: il finale è un autentico amplesso tra Eros e Thanathos, dove a soccombere è la Morte stessa. Non ignorabili sono anche i riferimenti romantici, valgano su tutti le evidenti citazioni alle opere di Friedrich e Fuessli, a ulteriore riconferma del raggiungimento della maturità artistica di Eggers.
Più che rincuorante, inoltre, che da un film così complesso (seppur, va sottolineato, facilmente accessibile a chiunque), il grande pubblico abbia risposto presente. Dopo l'autentico flop di "The Northman", faraonica opera da 70 milioni di budget di dollari che al botteghino non è riuscito a coprire le spese di produzione, un altro insuccesso commerciale di Eggers avrebbe potuto avere effetti nefasti sulla sua carriera. Invece, gli oltre 100 milioni di dollari guadagnati in meno di un mese dall'uscita (a fronte di un budget stimato in 50), lanciano segnali ben più che rincuoranti non solo per il regista, ma per l'intero movimento autoriale statunitense.
Commenta la recensione di NOSFERATU (2024) sul forum
Condividi recensione su Facebook
Recensione a cura di Harpo - aggiornata al 28/01/2025 09.33.00
Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it
Ordine elenco: Data Media voti Commenti Alfabetico
in sala
archivio